L’arte e la cultura giapponesi esercitano da secoli un fascino particolare sulla civiltà occidentale; si pensi, ad esempio, alla diffusione, nella seconda metà dell’Ottocento, del cosiddetto japonisme, fenomeno che ebbe un’influenza significativa su artisti quali Claude Monet e Vincent Van Gogh e, per qualche periodo, giunse a dominare anche la moda ed il costume parigino. Considerando invece i tempi più recenti, si è assistito alla reiterata presenza – quantomeno a Milano – dello stesso “giapponismo” nel panorama culturale cittadino: ne sono esempi la fortunata mostra Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Luoghi e voti del Giappone, andata in scena a Palazzo Reale fra settembre 2016 e gennaio 2017; la scelta, sempre nel 2016, della Madama Butterfly di Puccini (Fig. 1) come opera inaugurativa della stagione del Teatro alla Scala – complice il centocinquantesimo anniversario dei trattati di amicizia e commercio fra Italia e Giappone – nonché la recente apertura, al Palazzo della Permanente, dell’esposizione Kuniyoshi. Il visionario del mondo fluttuante, dedicata ad un altro maestro delle celebri stampe policrome giapponesi, segno della continuità di tale tendenza. Fenomeno invece assai meno noto, ma altrettanto interessante, è quello, per certi versi opposto, relativo agli effetti che ebbero alcune avanguardie storiche europee, come il futurismo – su cui mi soffermerò – sugli artisti del Sol Levante. Bisogna precisare, innanzitutto, che la pittura futurista non influì in modo determinante su quella giapponese: si trattò piuttosto di una fase temporanea, iniziata quando, fra gli anni Dieci e gli anni Venti, gli innovativi temi proclamati dal movimento di Marinetti – come l’anti accademismo e la reazione al cosiddetto “passatismo”, ovvero alla cultura tradizionale e museale – iniziarono a giungere in oriente, suscitando l’interesse sia di alcuni giovani artisti, sia di accademici come Kuroda Seiki (Kagoshima, 1866 – Tokyo, 1924), docente all’Accademia di Belle Arti di Tokyo. Ciò fu reso possibile, in primo luogo, dalla pubblicazione nella rivista giapponese “Subaru” di un estratto del manifesto del futurismo, tradotto per l’occasione, ma anche dal sopraggiungere, sebbene in modo frammentario, di altri testi pubblicati dal movimento, insieme a saggi e riproduzioni di cataloghi. In particolare, una discreta fortuna ebbe il catalogo della grande mostra sul futurismo tenutasi alla Sackville Gallery di Londra nel 1912, anno che coincide con la massima diffusione dell’avanguardia in Giappone e con la fondazione di Fusain, gruppo di artisti accomunati da diversi orientamenti, secondo l’usanza – comune in tali circoli – di trarre elementi di interesse da tutte le avanguardie e non da una corrente specifica.
![1 rinascente[5872]](https://letterarti.files.wordpress.com/2017/10/1-rinascente5872.jpg?w=736)
Di Fusain fa parte Yorozu Tetsugoro (Iwate, 1885 – Chigasaki, 1927), uno dei primi artisti a recepire le novità introdotte dal futurismo: studente all’Accademia di Belle Arti di Tokyo dal 1907 al 1912, si avvicina prima alla pittura di Van Gogh, poi al futurismo ed infine al cubismo, per tornare, nell’ultimo periodo della sua carriera, alle proprie radici, dedicandosi all’autoctona pittura nanga. Di particolare interesse è l’opera Vista perpendicolare di una città attraverso gli alberi, del 1918, considerata da una parte della critica un’anticipazione delle ricerche futuriste sull’aeropittura (Fig. 2).
![2 yorozu[5873].jpg](https://letterarti.files.wordpress.com/2017/10/2-yorozu5873.jpg?w=736)
Tai Kanbara (Tokyo, 1899 – Yokohama, 1997) e Togo Seiji (Kagoshima, 1897 – 1978) sono altri due artisti che subiscono il fascino dell’avanguardia futurista. Il primo, dopo un esordio come poeta, si accosta all’arte europea, iniziando nel 1920 una corrispondenza con Marinetti, al quale, nello stesso anno, dedica il Primo Manifesto di Tai Kanbara. Togo Seiji, invece, entrato in contatto con l’espressionismo tedesco e con il futurismo, nel 1922 compie un viaggio in Europa: a Torino incontra il leader del movimento e partecipa all’Esposizione Futurista Internazionale al Salone del Winter Club, dove espone tre opere. Un esempio significativo di questa fase è il dipinto Uomo che si è messo il cappello, del 1921-1922 (Fig. 3).
![3 togo seiji[5874].jpg](https://letterarti.files.wordpress.com/2017/10/3-togo-seiji5874.jpg?w=736)
Un ultimo, importante capitolo dei rapporti fra il futurismo e il Giappone si apre nel 1923, quando Murayama Tomoyashi (Tokyo, 1901 – 1977), già ospite all’Esposizione Futurista Internazionale di Berlino del 1922, e Masamu Yanase (Prefettura di Ehime, 1900 – Tokio, 1945) fondano il gruppo MAVO, un altro collettivo di impronta avanguardistica (Fig. 4). Una sorta di consacrazione definitiva degli artisti citati avviene verso il volgere dell’avventura avanguardistica nipponica: nel 1924, nella rivista “Noi”, Marinetti, stilando il manifesto Le futurisme mondial, include fra gli esponenti ufficiali del movimento Tai Kanbara, Togo Seiji, Nagano Yoshimitsu e Murayama Tomoyashi, in qualità di rappresentanti della corrente in Giappone.
![4 manase[5875].jpg](https://letterarti.files.wordpress.com/2017/10/4-manase5875.jpg?w=736)
Tali avvenimenti testimoniano la capacità del movimento futurista di essere, come i suoi membri d’altra parte auspicavano, un’avanguardia a carattere universale, in grado da “invadere” non solo ogni aspetto dell’esistenza – dalle arti cosiddette maggiori, passando per le arti applicate e arrivando al cinema, alla radio, all’abbigliamento e persino alla gastronomia – ma anche di giungere letteralmente dall’altra parte del mondo e affascinare artisti e culture così distanti dall’occidente. Molti degli artisti citati in questo articolo sono stati “ospiti” di una grande mostra dal titolo Futurismo & Futurismi tenutasi a Palazzo Grassi, Venezia, nell’ormai lontano 1986 e curata da Pontus Hulten; sarebbe senza dubbio interessante se tematiche di questo genere venissero trattate più spesso, poiché permettono di comprendere come l’arte occidentale e orientale abbiano dialogato nel corso dei decenni, con un rapporto che non è assolutamente unilaterale ma, al contrario, con interesse e interessamento reciproci.
Chiara Franchi
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