Pensavo che sarei tornato a parlare della chiesa di Santa Maria delle Grazie, oggi San Martino a Novara in occasione di qualche pubblicazione scientifica di carattere locale e non sul mio blog; tuttavia la presentazione del recente restauro della cappella dell’Immacolata, avvenuta lo scorso 19 settembre, mi ha fatto un poco riflettere sotto diversi punti di vista e credo che ancora una volta vadano messi i puntini sulle “i” e che sia il caso di tirare in ballo, come si suol dire, chi è che l’ha rotto.

Partiamo dall’inizio: mi si lasci dire che da storico dell’arte che si è occupato a più riprese delle vicende storiche e artistiche della chiesa, sono stato sorpreso di aver appreso la notizia della serata di presentazione dai giornali (le voci di corridoio, generiche e per altro sempre imprecise, non contano) e di non essere stato invitato direttamente dalle persone che hanno curato la serata, dato che, ho avuto modo di conoscere e avere a che fare con diversi professionisti che a quella serata sono intervenuti. Avrebbero potuto farmi la cortesia di avvisarmi, dato che almeno due di quelle persone conoscono bene le mie ricerche sulla chiesa e che una delle quali possiede, tra l’altro, una copia del mio lavoro. Ebbene, lasciando da parte ridicolaggini da prime donne, del tipo mamma l’ho visto prima io, mi preme più che altro constatare il fatto che si continua a ribadire con una certa fastidiosa insistenza, che sulla chiesa ci sono ancora tanti punti oscuri e che le ricerche devono progredire, a cominciare dal coinvolgimento dei giovani. Proprio a favore dei giovani si è espresso il direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Novara, che ho avuto il piacere di conoscere solo recentissimamente, ma quando l’occasione è buona, i giovani tacciono e parlano “gli altri”, sempre i soliti. Eppure di punti più chiari, o se vogliamo più ordinati, da raccontare al pubblico ce ne sarebbero numerosi, basti pensare al fascicolo uscito nel novembre del 2012 sulla rivista locale Novara è; gli sforzi di quegli studiosi, tra cui Lorenzo Armano, Silvana Bartoli, Dorino Tuniz e altri, dovrebbero bastare per far dire che di notizie su Santa Maria delle Grazie ce ne sono e non sono più documenti inediti di prima mano e di archivio, ma carte già passate sotto una lente critica più “contemporanea” di comprovati studiosi nel settore. Prima ancora di quel numero monografico, mi sembra sia uscito sul sito della Società Storica Novarese, a opera di Luigi Simonetta, un interessante contributo sulle vicende storiche dell’edificio; lo stesso Simonetta ha poi scritto anche un intervento all’interno della piccola monografia sull’edificio uscita, appunto, su Novara è. Bisognerebbe anche mettersi di buona lena per pubblicare il testo manoscritto sulla chiesa delle Grazie di Bruno Gorni che attende tra la polvere e la muffa di vedere la luce. Si dovrebbero inoltre aggiungere gli interventi sparsi sul Bollettino Storico della provincia di Novara e su Novarien, rivista della chiesa novarese; uno risale al 1993, mentre l’altro, più recente è del 2011 entrambi reperibili in biblioteca. Anche Costantino Baroni ha detto la sua sulla chiesa nell’oramai lontano 1952 in un mastodontico volume della Banca Popolare di Novara dal titolo Novara e il suo territorio. La mia tesi provava a mettere insieme tutti questi contributi “storici”, cercando di fare un discorso organico e verificando là dove possibile le fonti, riprendendo anche interventi di studiosi sparsi nell’ormai famigerato volume degli affreschi novaresi fra Trecento e Quattrocento (Bisogni, Calciolari 2006); e questo solo per stare ai dati “più storici”. Per gli aspetti decorativi della chiesa, il primo che se n’è occupato con una certa coerenza d’insieme è stato Giovanni Romano seguito solo, nel 2006, dal volume sugli affreschi novaresi del Tre e Quattrocento. Chi ha provato a fare un primo quadro critico su quell’insieme di motivi decorativi a grottesche e candelabre, provando a tirare in causa qualche fonte e qualche nome, è stato, nemmeno a dirlo, il sottoscritto. Insomma nulla di nuovo sotto il sole. Bisogna poi dire che oltre a tutto ciò, chi scrive è stato se non il primo, penso il secondo a far luce su due dei più trascurati e più begli affreschi della chiesa; mi sto riferendo a quelli della seconda e della terza cappella della parete nord: i Santi Lorenzo, Stefano e Gerolamo e il Battesimo di Cristo: ciononostante a quelle luci sembra essere seguito il buio. Ancora una volta l’apripista per gli studi su questi affreschi è stato Giovanni Romano. E per stare in tema di gioventù bruciata, va detto che, a scanso di equivoci e prima che si dica che di immagini a colori decenti e vagamente recenti sulla chiesa non ce ne sono, nel “lontano” 2013, per mia cura e con il benestare del Vicario di San Martino, è stata realizzata una campagna fotografica ex novo su tutto l’apparato decorativo di Santa Maria delle Grazie; le foto, fatte a supporto e a corredo della mia tesi di laurea sono fatiche di Sofia de Cecchi, allora valente studentessa di restauro.

Se poi si volesse sapere se esistono foto più antiche dei restauri degli anni Settanta del Novecento a opera di Mussi, la risposta sarebbe affermativa e basterebbe guardare negli archivi della Soprintendenza che, oggi come allora, ha sede presso Palazzo Carignano a Torino. I resoconti di quei restauri sono comunque organicamente ripercorsi nella mia tesi. Se invece non si volesse fare troppa strada per sforzarsi di trovare uno straccio di notizia, basterebbe scartabellare l’album fotografico della casa parrocchiale di San Martino che ha sede in via Pasquali. Ancora Luigi Simonetta, nel susseguirsi degli anni, ha scritto piccoli ma preziosi e sempre gabbati interventi sul giornalino parrocchiale di San Martino proprio sui vari restauri che dagli anni Settanta a oggi hanno coinvolto la chiesa.

Esiste inoltre una bella tesi di laurea, depositata e consultabile presso l’Archivio diocesano di Novara, sul chiostro di Santa Maria delle Grazie. La tesi di questo studente (ormai credo professionista) di cui ora, scusandomi, non ricordo il nome, affronta con grande attenzione il tema della riqualificazione di quel rudere che noi oggi conosciamo come l’istituto De Pagave, partendo però ancora una volta dallo studio dei documenti e quindi dalla storia antica del complesso. Mi piacerebbe anche sapere che fine farà (o forse ha già fatto) il bell’affresco del refettorio delle Grazie, devastato dall’umidità e da un’amministrazione incapace di stare dietro al suo patrimonio, nonché dall’incapacità di passati interventi di restauro e solo un poco riscoperto su qualche rivista locale e da Susanna Borlandelli sempre su Novara è. Per la “cronaca recente” va detto che un mio intervento “pubblico” sui risultati delle ricerche da me intraprese si è svolto il 16 aprile 2015 presso i Musei della Canonica del Duomo di Novara, e che una visita guidata all’interno della chiesa è andata in scena il successivo 18 aprile di quello stesso anno. Il 23 settembre del medesimo anno, su invito di Don Clemente de Medici Vicario di San Martino, ho tenuto un nuovo intervento proprio all’interno della chiesa, dove ho ripercorso tutte le vicende storiche, critiche e soprattutto artistiche dell’edificio. È stato in quel frangente che ho conosciuto l’architetto che si sarebbe poi occupato dei lavori di restauro iniziati al principio del 2016 e che si sono susseguiti a più riprese e con interruzioni più o meno lunghe fino allo scorso 19 settembre 2018. Ammetto che mi sarebbe piaciuto partecipare “attivamente” e non come spettatore “passivo” e un po’ annoiato, come invece è avvenuto, o quanto meno, come si suol dire, essere citato. Insomma mi sarebbe piaciuto essere preso in considerazione per ciò che ho personalmente apportato alle ricerche sulla chiesa, piccole o grandi che fossero e sarebbe stato bello se le persone che sono effettivamente intervenute a quella serata si fossero premurate di sapere e di citare almeno la metà dei nomi che ho citato in questo breve testo, seppure tanti rimangono, lo so, gli assenti non citati. Erano presenti cariche istituzionali, responsabili di cantiere, architetti e restauratori, direttori di uffici ecclesiastici, storici dell’arte, ma nessuno, ripeto nessuno si è ricordato di noi innominabili o se l’ha fatto di certo dalle sue labbra nulla è uscito. Inoltre un’altra cosa che non mi è piaciuta e che denota quanto noi giovani non siamo considerati in questo mondo, è stato quando il “capo restauratore” (che non conosco ma che stimo molto per la professionalità dimostrata in altri lavori da lui condotti) ha ringraziato le sue collaboratrici: avrà speso per questa impresa credo meno di cinque secondi; eppure le giovani, che si sono dedicate con passione assieme a lui ai lavori di restauro, hanno un nome e un cognome e non penso che si sarebbe fatta cosa più nobile se non nominare uno per uno i loro nomi e cognomi al di là del fatto che queste siano stimate all’interno del gruppo di lavoro. Avrebbe denotato stima, o quanto meno rispetto, non fosse altro per il fatto che tutte le “collaboratrici” erano presenti come me alla serata. Insomma si parla tanto di come i giovani devono interessarsi al mondo della storia dell’arte, del restauro, della ricerca d’archivio e della cultura, si parla di volerli coinvolgere attivamente, ma quando si arriva al dunque, al momento in cui i giovani dovrebbero per davvero dire la loro e dovrebbero essergli riconosciuti i loro meriti, ecco che un silenzio assordante e disarmante cala drammaticamente sulla platea degli astanti e la serata si chiude per quelle persone, per quei professionisti, così come si era aperta: nell’ombra e nel silenzio, come se essi avessero commesso degli oscuri e inconfessabili crimini, per cui deve calare su di loro una sorta di damnatio memorie. Attenzione: giovani non significa stupidi! Tanti sono ancora gli interrogativi e i punti oscuri su questo complesso ed è chiaro che i restauri possono aiutare davvero molto in questo senso e si possono “dimenticare” i nomi, e i contributi, ma per favore, non si dica mai più che su Santa Maria delle Grazie, oggi San Martino, non ci sono informazioni in nostro possesso perché questa sarebbe ipocrisia, nonché una grossa e alquanto sgangherata bugia. Questo valga dal più alto funzionario al più piccolo custode.
Marco Audisio
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