Edito nel 1939 dalla Stackpole & Sons, Chiedi alla polvere è il secondo romanzo di John Fante. Lo scrittore americano esordisce infatti nel 1938 con Aspetta primavera, Bandini, pubblicato dalla medesima casa editrice. È invece soltanto nel 1985 che La strada per Los Angeles viene dato alle stampe. Nonostante la sua tardiva comparsa, tuttavia la vicenda qui narrata è da inserire cronologicamente fra i primi due romanzi dell’autore. Sogni di Bunker Hill porta invece, complice anche il fatto di essere l’ultimo lavoro dell’autore, una svolta decisiva nella storia, che pur non concludendosi definitivamente, si avvia però verso la stabilizzazione. Ma di quale storia stiamo parlando? E, soprattutto, chi ne è il protagonista?
Come si può intuire fin dal titolo del romanzo del 1938, ad essere al centro di questa non poi così disomogenea saga è Arturo Bandini, personaggio inventato, ma dai forti tratti autobiografici. Figlio di immigrati abruzzesi stabilitisi in Colorado, Arturo non si vuole accontentare dello stile di vita frugale in cui viene cresciuto: vuole fama e soldi, vuole scrivere e, per far fruttare al meglio questo suo talento, si trasferisce in California, a Los Angeles, dove alla fine sembra riuscire nell’intento di diventare sceneggiatore a Hollywood. È questo successo finale, quasi un lieto fine, che mette in luce come i quattro romanzi non siano solo volumi dipendenti fra loro perché contenenti episodi slegati riferiti alla stessa persona, ma segnino in realtà le tappe di un vero e proprio processo di crescita e, perché no, anche di formazione. È una formazione molto particolare, però, quella di Arturo, che, fin dalle origini italo-americane, sembra sempre compiere i propri passi nel solco di quelli del suo reale creatore, Fante.

Eppure, Arturo Bandini ha dei tratti di indiscutibile originalità. È un personaggio vivace, con un orgoglio e una vanità tutte sue; perso tra fantasie, vagabondaggi, amori e mosso da un’irrefrenabile voglia di «possedere il mondo», questo bambino, poi ragazzo è spesso irritante, arrogante e tuttavia innegabilmente ipnotico. Ogni sua azione gli appare e, di conseguenza, ci appare come un gesto grandioso. Il suo modo di vedere la realtà è coinvolgente e finisce per far partecipare anche noi alla faticosa corsa che sente di dover vincere per diventare ricco, famoso, desiderato dalle donne e non solo. Perché tutto questo gli sia possibile, infatti, egli sa di dover innanzitutto diventare il più grande scrittore del mondo:
Pregai; certo, pregai. Per ragioni sentimentali. Dio onnipotente, mi dispiace di essere diventato ateo, ma hai mai letto Nietzsche? Ah, che libro! Dio onnipotente, voglio essere onesto. Ti farò una proposta. Fai di me un grande scrittore e io tornerò alla Chiesa. […] Amen. Richiusi la porta gemente e mi fermai sui gradini […]. Apparve una ragazza. Indossava un vecchio soprabito verde e il suo viso era incorniciato da un foulard verde legato sotto il mento. Sulla scalinata era fermo Bandini.
– Salve, tesoro, – disse lei […] – Ehi, che ne dici? Vuoi spassartela con me?
Audace amante, Badnini, coraggioso e spavaldo.
– No, – le rispose – No, grazie. Un’altra sera.
Si allontanò in tutta fretta, lasciandola lì a guardarlo e a gridargli dietro delle parole che non afferrò. Proseguì per mezzo isolato, contento. Almeno gliel’aveva chiesto. […] Dalla gioia si mise a fischiettare. Girare per la città: quello sì che era un modo per fare esperienza. Noto scrittore parla della notte con una donna di strada. Arturo Bandini, famoso scrittore, rivela i suoi rapporti con una prostituta di Los Angeles. I critici gridano al capolavoro.
Bandini, intervistato prima della sua partenza per la Svezia, dichiara: – Ho un consiglio molto semplice da dare a tutti i giovani scrittori. Non tiratevi mai indietro di fronte a una nuova esperienza. Vivete la vita fino in fondo, prendetela di petto, non lasciatevi sfuggire nulla.
Intervistatore: – Signor Bandini, cosa l’ha spinta a scrivere questo libro che le ha fruttato il Nobel?
Ecco come la mente di Arturo lavora veloce, tesse dialoghi immaginari, disegna scenari improbabili ma, forse proprio per questo, genuinamente divertenti. È l’unione dell’indole sognatrice di Bandini con il profondo e dilaniante amore che prova per la cameriera messicana Camilla Lopez a rendere Chiedi alla polvere il romanzo più apprezzato e conosciuto fra quelli dedicati all’alter ego di Fante. Chiedi alla polvere è il portatore di una profonda sofferenza e la sua composizione è l’unico modo per sfogare l’urgenza di raccontarla. Chiedi alla polvere, lettore, questo devi fare e a ordinarlo è lo scrittore stesso nel prologo. Chiedi alla polvere ai bordi delle strade di Los Angeles, all’aria secca e sabbiosa del deserto del Mojave, ai rimasugli di segatura della tavola calda Liberty Buffet, allo sporco irriducibile della stanza cadente di Bunker Hill e ai tasti consunti della vecchia macchina da scrivere troneggiante fra quelle quattro pareti spoglie. Tutti noi che ci apprestiamo ad ascoltare questa storia dobbiamo chiedere alla polvere, unica testimone degna di fede, perché sempre presente, anche se quasi invisibile. Silenziosa spettatrice, è solo e soltanto lei a poter garantire la veridicità di alcuni fra i momenti più intensi della vicenda. E allora «state[la] a sentire, maledizione»!

La stessa necessità impellente si scorge anche nello stile che Fante decide di adottare. La prosa, tipicamente americana, è asciutta e serrata e riesce tuttavia a dare vita a immagini molto nitide. Ci sembra di assaggiare con Arturo i caffè acquosi di Camilla; i sonetti d’amore che quest’ultima getta via con noncuranza sono anche nostri; ci troviamo immersi nell’oscurità e nell’acqua fredda del Pacifico insieme ai due ragazzi che fanno un bagno notturno, paralizzandoci poi per il panico insieme al protagonista, preoccupato che le onde abbiano sommerso la sua amata.
Chiedi alla polvere è un romanzo avvincente, complice anche la figura di Arturo Bandini, che rimane impresso nella mente del lettore quasi come fosse un suo vero amico. È inoltre anche la vicenda stessa a segnarci profondamente. Veniamo infatti a contatto con una narrazione sincera e completa di quelli che sono alcuni fra i sentimenti umani più comuni. Tutti noi, insomma, abbiamo vissuto quello a cui un inconsapevole Arturo è andato incontro mentre, gironzolando fra una strada polverosa di Los Angeles e l’altra, è entrato al Liberty Buffet.
Federica Rossi
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