Nota per il lettore: solitamente i luoghi o edifici sacri dove si conservano le opere di Battista da Legnano sono chiusi al pubblico. Per chi intendesse vedere le opere dell’artista dal vero, è necessario che prenda contatto con i comuni e/o gli enti culturali preposti delle relative località.
Nel 2019 andava in scena a Orcesco, una frazione del comune di Druogno in Valle Vigezzo, una rassegna di storia dell’arte che provava a fare il punto, o forse meglio una sintesi aggiornata, sui principali esponenti della cultura figurativa ossolana tra il 1400 e il 1700. Il pittore Giovanni Battista da Legnano (documentato dal 1524 al 1542) era uno dei protagonisti di quella rassegna. Oggi l’intento è quello di scrivere un itinerario accessibile ma esauriente sul percorso artistico di questo pittore, proponendo al lettore un’immersione diretta fra le opere dell’artista lombardo trapiantato in Ossola, invitandolo ad andare di persona alla scoperta di questo interessante personaggio.
Anzi tutto va segnalato che gli studi su questo pittore si devono quasi esclusivamente alle figure dello storico Tullio Bertamini e di Gian Franco Bianchetti, uno storico dell’arte ossolano, che fra gli anni ’80 e ’90 del XX secolo ha dedicato a Battista da Legnano alcuni importanti saggi pubblicati sulla rivista di storia, arte e cultura locale “Oscellana”. Venendo ai tempi moderni, che io sappia, gli affondi critici sul pittore sono stati discontinui e abbastanza insignificanti. Degno di nota è tuttavia un breve articolo di carattere divulgativo pubblicato nell’estate del 2018 sulla rivista “ML monti & laghi news”, n. 46. Occorrerebbe forse riprendere in mano il discorso su Battista da Legnano, provando a immergere l’artista nella cultura figurativa del suo tempo, cercando oltre che ripercorrere il suo catalogo, di contestualizzare le sue opere in un panorama più ampio fatto di relazioni fra ciò che è venuto prima e ciò che è venuto dopo, ragionando sul perché lo stile di Battista da Legnano sia maturato in un determinato modo, costruendo un discorso critico ragionato più complesso e completo rispetto a ciò che fino ad ora è stato fatto. Anche se questa non è l’occasione, si cercherà qui di dare degli spunti da cui partire per una futura e sicuramente più approfondita ricerca storico critica e artistica.
La prima menzione di Battista da Legnano, figlio del “dominus” Matteo da Legnano, data 14 marzo 1524, quando in una minuta redatta dal notaio Giovanni Maria Malacrida a Montello e conservata presso l’Archivio di Stato di Sondrio, Battista viene definito “missus” ossia messaggero/rappresentante del pittore Alvise De Donati, zio di Battista e fratello dei ben più famosi maestri legnamari Giovanni Pietro e Giovanni Ambrogio De Donati. Nel 1524 Battista abita a Como, e riscuote dal rettore della chiesa di Santa Maria di Monasterio a Mazalinico (Valtellina), don Andrea Paravicino e da Michele de Bertolino di Monasterio l’ultima rata del pagamento dovuta ad Alvise De Donati per materiali impiegati e per il lavoro eseguito dal maestro e dai suoi collaboratori in chiesa. Di questo lavoro non sappiamo pressoché altro. Sembra però chiaro che sia stato proprio Alvise De Donati ad aver insegnato il “mestiere” di pittore al nostro Battista in un arco cronologico che comprende la maggior parte degli anni ’20 del 1500. La relazione tra Battista e Alvise non mi sembra sia mai stata approfondita in maniera adeguata, nemmeno nel bello ed esauriente articolo monografico dedicato ad Alvise De Donati dalla collega Valentina Dell’Orto, uscito sulla rivista “Arte Lombarda” in tempi recenti.
Nel 1527 Battista è attivo per la prima volta a Craveggia, in Valle Vigezzo, dove affresca la Cappella della Pila, qui nella parte di fondo troviamo la Crocifissione con i Santi Pietro e Giacomo Maggiore mentre lungo la parete sinistra è raffigurata una Madonna con il Bambino in trono con accanto un Sant’Antonio abate, mentre sulla parte destra è affrescato un San Rocco accanto ad un’altra Madonna con il Bambino in trono. Sulla volta a botte della cappella si trova affrescato il monogramma di San Bernardino da Siena. Ad Albogno di Druogno Battista dipinge invece la Madonna del Latte all’interno della Cappella del Garavà oggi non più visibile.

Fin dal 1529 Battista risiede però a Como; in questo stesso anno esegue, entro il 19 settembre, il trittico firmato e datato, oggi in San Vittore a Cannobio, ma provenite dalla chiesa parrocchiale di Carmine Superiore, con la Madonna con il Bambino tra i Santi Rocco e Bartolomeo. La composizione della Madonna con il Bambino richiama quella di un lacerto di affresco molto ammalorato e di difficile decifrazione, dipinto forse dallo stesso Battista nella chiesa di San Bartolomeo a Villadossola e dimostra di meditare sugli esiti della cultura figurativa di Alvise De Donati.
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In seguito alla morte del De Donati, nel 1534, Battista decide di trasferirsi, non sappiamo con certezza il motivo ma quasi certamente per motivi di committenza, a Varese dove rimane fino al 1540. Nel 1538 l’artista esegue la policromia per l’altare ligneo scolpito da Giovanni Angelo Del Maino per la chiesa di San Francesco a Biumo inferiore (Varese). Tra il 1539 e il 1540 Battista esegue invece la policromia insieme a Francesco Dell’Acqua per le statue scolpite sempre dal Del Maino per la chiesa di San Lorenzo ad Ardenno (Sondrio, Valtellina).

Parallelamente ai suoi lavori varesotti e valtellinesi, Battista da Legnano è attivo anche in Valle Vigezzo. Anche in questo caso non conosciamo la motivazione per la quale Battista abbia iniziato a lavorare in Valle; questo è uno dei nodi critici che andrebbero in futuro maggiormente studiati. Qui, verosimilmente dal 1529, è attivo a Toceno dove esegue gli affreschi dell’oratorio di Sant’Antonio. Il piccolo edificio reca nella zona presbiteriale-absidale un interessante ciclo di affreschi che risente fortemente della lezione di Alvise De Donati e per estensione della pittura lombarda sull’aprirsi del XVI secolo ovverosia di Bernardo Zenale, Bernardino Butinone e Donato Montorfano. La commissione delle pitture gli viene molto verosimilmente dalla comunità del luogo. Sugli spicchi della volta absidale troviamo, a partire dalla nostra sinistra, San Pietro e Sant’Antonio abate, al centro si trova la Crocifissione manomessa dall’inserimento del seicentesco altare ligneo opera del legnamaro Giorgio De Bernardis e di notevole qualità, mentre sulla destra troviamo San Bartolomeo e San Giacomo Maggiore.

Al centro della volta dell’abside si può ammirare il monogramma di San Bernardino da Siena, mentre sui costoloni che separano i santi gli uni dagli altri sono affrescati motivi decorativi a grottesca di grande raffinatezza. A sinistra e a destra sui piedritti dell’arco trionfale si trovano altre figure di Santi, a sinistra sono forse raffigurate Santa Lucia e Sant’Agata, mentre a destra è raffigurato San Sebastiano. In un cartiglio affrescato nella zona dell’abside si legge “Hoc opus fecit Io Baptista de Lignano hitor civitati Cumaru” (quest’opera fece Battista da Legnano abitante a Como). Il fatto che Battista si firmi abitante a Como ci dà un sicuro termine ante quem rispetto all’esecuzione degli affreschi di Toceno che devono essere stati eseguiti tra il 1529 e il 1534, quando il pittore prende abitazione a Varese. Gli affreschi di Toceno, rispetto ai dipinti di Crana, che vedremo fra breve, risultano più ieratici e sono stilisticamente più acerbi.

Entro questo lasso di tempo, Battista deve avere eseguito anche una tra le sue opere più autonome e mature della sua carriera, mi sto riferendo alle Storie di San Rocco per l’omonimo oratorio di Crana una frazione di Santa Maria Maggiore sempre in Valle Vigezzo. Anche in questo caso la commissione dell’opera gli dev’essere venuta dalla comunità del luogo in seguito alla tragica ondata di peste che colpì la valle tra il 1529 e il 1530. Purtroppo solo una delle due pareti affrescate da Battista è giunta integra fino a noi; infatti la parete di sinistra è stata completamente ridipinta dal pittore Luigi Morgari nel 1894 in seguito al disgregamento e deperimento degli affreschi di Battista causato dall’umidità e da probabili infiltrazioni di acqua.

La parete destra invece si è fortunatamente salvata. Il primo riquadro in alto da sinistra rappresenta San Rocco in adorazione e preghiera nel deserto, in basso al centro il cartiglio reca la scritta: “Questo he como S. Rocho era in el deserto”. Nel secondo riquadro rappresenta San Rocco che visita gli ammalati di peste all’ospedale. Nel cartiglio la scritta recita “Questo he como S. Rocho serviva li amorbati in el hospidale”. Nel terzo riquadro è raffigurato San Rocco all’interno di una sala da pranzo, in primo piano si vede la tavola imbandita presso la quale i padroni di casa sono intenti a pranzare. Ai lati della tavola si trovano i servitori mentre un cane si allunga per afferrare la pagnotta da portare al Santo. Anche in questo caso abbiamo un cartiglio in basso al centro del riquadro che recita “Questo eh como il cane tolse la micha avante al signore et portola a S. Rocho”. In basso da sinistra la narrazione prosegue con la scena di San Rocco sulla via del ritorno alla propria dimora che viene accusato da alcune guardie di essere una spia e viene condotto in carcere. Così il solito cartiglio relativo alla scena esplica “Questo eh como S. Rocho andando a caxa sua fu prexo per spiono”. La scena successiva raffigura San Rocco in carcere mentre si confessa attraverso la grata e si avvicina maggiormente a Gesù. Qui il cartiglio afferma “Questo eh como S. Rocho se confessava in carcere”. L’ultima scena in basso all’estrema destra rappresenta la morte di San Rocco, il santo è disteso a terra mentre preso dallo sconforto si lascia andare alle lacrime e viene accudito da alcuni personaggi che in seguito ne constateranno il decesso. In alto, a sinistra della scena, si possono vedere due angeli che conducono l’anima di San Rocco in paradiso. Anche qui abbiamo il nostro cartiglio che esemplifica la scena “Questo eh como S. Rocho morite”. In questi dipinti Battista Da Legnano concepisce ogni scena nei minimi particolari mediante l’esecuzione di accurati apparati architettonici scenografici e paesaggistici attraverso l’uso di una prospettiva intuitiva e mediante l’uso di una tavolozza dai colori pastello ma brillanti stesi in maniera piatta, di sapore quasi fumettistico. Le figure meditano sugli esiti figurativi di Alvise De Donati raggiunti all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Gravedone, mediati a loro volta da un certo leonardismo di matrice zenaliana e butinonesca ormai stemperato e arcaizzato dal sapore tutto montano. Per tal altri aspetti le figure e le scene di Battista in San Rocco a Crana sembrano condividere aspetti stilistici e compositivi dell’opera del pittore valsesiano Gaudenzio Ferrari mediati forse da pittori gaudenziani della seconda generazione attivi in queste zone sullo scorcio degli anni ’30 e ’40 del 1500 come Sperindio Cagnola e Antonio Zanetti detto il Bugnate, attivi rispettivamente nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Crevoladossola e in San Gaudenzio a Baceno.
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In questo giro d’anni Battista esegue sulla facciata della loggia dei Bandi a Craveggia una Madonna con il Bambino e un Santo Martire recante un cartiglio con scritto “S. Sebastianus” e la data 1531. Questo affresco è stato strappato e oggi si conserva, in pessimo stato di conservazione, presso la Sala Consiliare del Comune di Craveggia. Insieme a questo lacerto di affresco se ne conserva anche uno con lo stemma dei Borromeo, con lo scudo e con il morso ottenuto da Gilberto Borromeo per la battaglia di Crevola avvenuta nel 1487, con lo stemma di Craveggia e quello dei Visconti. Una scritta laterale segnala molto verosimilmente il presunto committente dell’opera, un certo Rubeus di cui non si sa praticamente nulla, e la data 16 giugno 1531. I lacerti sono stati messi a confronto con gli esiti della pittura del bresciano Vincenzo Foppa e di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone anche se a dire il vero, per lo stato in cui versano gli affreschi riesce oggi molto difficile potersi sbilanciare su presunte tangenze stilistiche.
Poco prima di iniziare i lavori all’interno della chiesa di San Giulio di Cravegna, o comunque in concomitanza con il cantiere cravegnese, Battista da Legnano deve aver eseguito l’affresco con la Madonna con il Bambino in trono presso Casa Ferraris a Pontemaglio di Crevoladossola e quello con la Madonna con il Bambino in trono e San Rocco sulla parte laterale di una casa privata a Crodo. Per entrambe le opere non si può escludere l’utilizzo di un medesimo cartone, soprattutto per ciò che concerne la figura della Vergine. Tutte e due le opere sembrano essere state realizzate in una maniera più corsiva e veloce rispetto ai cicli di Toceno e Crana. Per questi affreschi è stato fatto un riferimento stilistico alla pittura leonardesca mediata dalla figura di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino, paragone che oggi risulta forse troppo generoso.

Dal 1537 Battista da Legnano è documentato a Cravegna dove affresca l’Oratorio di Santa Croce per volontà di Antonio Nocetti, il cui figlio Giovanni Antonio diventerà Papa col nome di Innocenzo IX il 29 ottobre 1591. I Nocetti possedevano un grandioso palazzo a Cravegna decorato da fregi andati perduti e un altrettanto sfarzoso palazzo a Bologna per curare gli affari pontifici. Purtroppo degli affreschi eseguiti da Battista nell’oratorio di Santa Croce oggi rimangono solamente alcuni frammenti di Santi strappati nel 1977 e ricollocati nell’oratorio verosimilmente dove un tempo si trovavano. Questi lacerti raffigurano San Francesco, San Petronio e Sant’Antonio Abate che presenta il donatore Antonio Nocetti. Tra gli affreschi perduti doveva trovarsi verosimilmente anche una Crocifissione. Con molta probabilità a mettere in contatto Battista con il Nocetti fu il notaio Lorenzo da Campieno, committente del capolavoro di Battista in Ossola, vale a dire gli affreschi della chiesa parrocchiale di San Giulio a Cravegna.

Dalla fine del 1537 al 1539 Giovanni Battista da Legnano esegue gli affreschi con Storie della Passione per la chiesa di San Giulio a Cravegna commissionati dal potente notaio Lorenzo da Campieno poc’anzi incontrato. Gli affreschi sono stati pesantemente ritoccati e in alcuni casi ridipinti nel 1869 dal restauratore Paolo Raineri. Le pitture di San Giulio dovevano continuare anche lungo la navata maggiore e forse anche nelle navate laterali. Sappiamo che dal 1676 le pitture delle navate erano guaste e si ordinava che venissero sistemate con decenza. Nonostante il vistoso depauperamento della decorazione eseguita da Battista in San Giulio, le decorazioni superstiti rappresentano, a nostro avviso, il capolavoro dell’artista.
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Un cartiglio posto nel presbiterio celebra la commissione dell’opera “D. La de Campieno curator istius ecclesiae per magisterum Baptistam de Legnano nomine comunitatis Cravegne et Viceni hoc opus fecit fieri die XII augusti 1539” (il signor Lorenzo da Campieno curatore di questa chiesa per mezzo del maestro Battista da Legnano a nome della comunità di Cravegna e Viceno fece fare quest’opera, il giorno 12 agosto 1539).

Il ciclo della Passione di Battista da Legnano inizia sulla parete soprastante l’arco trionfale a cui si accede nel presbiterio con una grandiosa Annunciazione composta dall’Angelo annunciate a sinistra e dalla Vergine annunciata a destra. L’angelo che reca in mano fiori di giglio è rappresentato nell’atto di uscire da una porta e avanzare verso la Vergine. Alle sue spalle si può vedere una costruzione in cotto molto semplice. La Vergine annunciata è intenta a leggere un libro di preghiera e adagiata su un inginocchiatoio di legno molto semplice. La figura è inserita in una monumentale architettura composta da colonne e capitelli compositi che sorreggono una trabeazione di gusto classico da cui pende un tendaggio drappeggiato di colore verde. Poco sotto si trovano due clipei con i ritratti molto verosimilmente dei committenti dell’intera impresa, ossia Lorenzo da Campieno e Raffaelle de Griffi. Lungo l’estradosso dell’arco trionfale corre una cornice decorata con motivi a grottesche che ricordano quelle che Gaudenzio Ferrari dipinge entro il 1507 per la cappella di Santa Margherita in Santa Maria delle Grazie di Varallo Sesia. Nel sottarco prima di accedere al presbiterio sono dipinti entro nicchie e incorniciati da riquadri dieci figure di Profeti tra cui Abacuc, Michea, Giona, Davide, Salomone, Mosè, Gioele, Zaccaria, Amos, Abdia. Sui piedritti dell’arco stesso sono raffigurati alcune figure di Santi tra cui Santa Apollonia, Santa Caterina d’Alessandria, Santa Lucia, San Lucio, San Francesco e San Lorenzo. I Profeti e i Santi annunciano e diffondono la parola del signore compresa la Passione di Cristo, questi sono i naturali portatori della parola divina e della storia sacra e conducono il visitatore verso la narrazione delle Storie della Passione. Figure di Profeti e Santi analoghi si ritrovano anche nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Crevoladossola dipinti da Sperindio Cagnola entro il 1526 e nella chiesa di San Gaudenzio a Baceno eseguiti da Antonio Zanetti da Bugnate intorno agli anni ’40 del XVI secolo. Sempre a Baceno, nelle cappelle laterali della chiesa, figure di Profeti e di Santi sono stati eseguiti anche dal pittore Giacomo da Cardone. Anche in questo caso il modello seguito da Battista potrebbe essere stato suggerito da un epigono di Gaudenzio, in questo caso Sperindio Cagnola. Sulla porzione di arco che guarda verso l’altare sono dipinti gli strumenti della passione e la Veronica, ossia il volto di Gesù impresso nella pezza di stoffa durante il suo martirio.

Entrati finalmente nella zona presbiteriale sulla parete sinistra troviamo in alto la scena raffigurante la Cattura di Cristo, subito sotto, sempre nella medesima parete la Flagellazione e in seguito dopo la vetrata l’Andata di Cristo al Calvario. Sulla parete di fondo è rappresentata la grande scena della Crocifissione, divisa nella parte bassa in tre registri che seguono la suddivisione della parete stessa dove si trovano, una sinistra e l’altra a destra, due vetrate a monofora. Sulla parete destra, in alto si trova raffigurata la Deposizione di Cristo dalla Croce, mentre in basso sono raffigurate la Trasfigurazione e la Resurrezione di Cristo. Tra questi due ultimi episodi è raffigurata una grande figura di San Giulio, il santo titolare della chiesa, racchiuso in una finta nicchia semicircolare. Nella volta a crociera del presbiterio, nelle vele della volta, separati da poderosi costoloni sono raffigurati a coppie i Dottori della chiesa e gli evangelisti; troviamo infatti San Gerolamo e San Matteo, San Giovanni Evangelista e San Gregorio Magno, Sant’Ambrogio e San Marco, e in ultimo Sant’Agostino e San Luca.
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Iconograficamente le scene con la Cattura di Cristo nell’orto del Getsemani, l’Andata di Cristo al Calvario e la Resurrezione dipinte da Battista a Cravegna, riprendono le scene di medesimo soggetto incise in xilografie di Albert Durer nella Piccola Passione dell’Albertina di Vienna. La Deposizione di Cristo presente in San Giulio è ispirata invece dalla celeberrima incisione, tratta da un modello raffaellesco, di Marcantonio Raimondi. Qualche tangenza iconografica con gli affreschi di Cravegna viene anche dalle Storie della Passione di Cristo che Gaudenzio Ferrari dipinge sul tramezzo della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Varallo entro il 1513.
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In particolar modo somiglianze iconografiche si possono notare se si confrontano la Flagellazione con l’omonima scena varallese nonché in quella con la Cattura di Cristo nell’orto, entrambe mediate dalle incisioni di Durer. Oltre a presentare affinità compositive e iconografiche, le scene di Cravegna dipinte da Battista dimostrano anche qualche punto in comune oltre che con lo stile di Alvise De Donati anche con quello di Gaudenzio, forse mediato dagli esiti più nordici del suo allievo Sperindio Cagnola. Anche gli affreschi della volta a crociera del presbiterio di San Giulio con le coppie di Evangelisti e Dottori della chiesa dimostrano di meditare su composizioni e modelli gaudenziani. Inoltre come già notava Bianchetti, le Storie della Passione di Cravegna e soprattutto la Crocifissione, sono state ispirate alle grandi Storie della Passione di Cristo dipinte sui tramezzi delle chiese francescane, da quello di Vincenzo Foppa già in Sant’Angelo a Milano, passando da quello di Gaudenzio a Varallo testé citato, per arrivare fino a quello, stupefacente, dipinto da Bernardino Luini entro il 1532 nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Lugano.

Da menzionare ancora, sugli stipiti della porta che conduce alla sacrestia, la presenza degli stemmi della famiglia Della Silva e le relative iniziali degli offerenti, Paolo e Andreina Della Silva. Va ricordato in questa sede che proprio Paolo Della Silva ha commissionato molto verosimilmente gli affreschi della chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Crevoladossola a Sperindio Cagnola, dove tra l’altro il Della Silva è sepolto, e che quindi le tangenze stilistiche tra i due artisti possono trovare una loro ragione d’essere. Spiace che non si siano conservati gli affreschi che Battista Da Legnano ha dipinto lungo le navate della chiesa di San Giulio a Cravegna; certamente tali decorazioni dovevano essere non meno interessanti e pregevoli di quelle sopravvissute, anche se con ridipinture ottocentesche, nel presbiterio.

Tra le ultime opere dell’artista fra le valli dell’Ossola si può ancora citare la Madonna con il Bambino in trono (anche detta Madonna del latte) oggi presso Casa Testa a Smeglio di Mozzio, una frazione di Crodo in Valle Antigorio, ma un tempo lungo la parte laterale di Casa Frassetti dove si possono notare ancora le tracce della sinopia in seguito allo strappo. L’affresco è stato staccato e riquadrato entro una cornice in finto marmo e versa in modesto stato di conservazione. Poco leggibile risulta inoltre il cartiglio posto in alto nell’affresco che recita “Io filius domini Icobit fuit quondam Antoni da Campieno fecit fieri” ossia Giovanni figlio del defunto Antonio da Campieno fece fare e la data 1542. Si tratta dell’ultima opera documentata in assoluto di Battista da Legnano, non solo in val d’Ossola, ma dell’intera sua carriera. Come giustamente osservato, il dipinto di Smeglio deriva da un modello di Alvise De Donati, una Madonna con il Bambino dipinta nella tavola centrale del polittico conservato nella parrocchiale di Visgnola, anche se l’affresco di Battista risulta, ad una lettura approfondita, decisamente più modesto e arcaico rispetto alla versione dell’antico maestro. Inoltre il dipinto di Smeglio non manca di intessere analogie con quello di Pontemaglio di Crevoladossola. Nella medesima Casa Testa si conserva inoltre un altro lacerto di affresco strappato raffigurante un Sant’Antonio abate provenite da Casa Frassetti. Osservando i pochi rimasugli di affreschi lasciati sul fianco di Casa Frassetti si può constatare che la Madonna con il Bambino in trono e il Sant’Antonio abate facevano parte della stessa composizione, in uno schema compositivo che richiama da vicino l’affresco di Crodo.
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Fra i lavori di Battista ancora da segnalare fuori dalla val d’Ossola non si può non menzionare la decorazione pittorica dell’ancona lignea dell’altare maggiore eseguita da Giovanni Angelo del Maino in San Lorenzo di Ardengo, per la quale il pittore è pagato il 14 giugno del 1539.
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Tra il 1540 e il 1541 Battista è incaricato dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano di eseguire disegni per alcune vetrate con le Storie dell’Apocalisse assieme a Pietro da Velate. Si tratta dell’ultima notizia sul pittore all’infuori delle valli dell’Ossola, un incarico di prestigio che arriva a coronamento di una carriera spesa quasi tutta sui monti, in particolare su quelli ossolani.

La figura di Giovanni Battista da Legnano seppure non rappresenti nel più ampio panorama storico artistico un’emergenza figurativa alla pari dei grandi nomi della storia dell’arte, è tuttavia degna di essere conosciuta, studiata, riscoperta e apprezzata proprio per via della sua storia e delle sue opere, pregevoli e dal sapore arcaico e che proprio per queste sue caratteristiche, anche “di nicchia” non manca di suscitare in chi scrive e si spera anche nel lettore, una certa curiosità, interesse e apprezzamento storico artistico. Sono proprio queste figure “secondarie” e la loro conoscenza che ci permettono di fruire di un mondo variegato e sfaccettato e di intessere infinite relazioni con il mondo delle storie dell’arte e per estensione della cultura e della conoscenza.
Marco Audisio
Tutte le immagini delle opere di Battista da Legnano sono state scattate dall’autore di questo articolo, eccezion fatta per la figura 1.
Per approfondimenti:
Su Giovanni Battista da Legnano nello specifico:
- Gian Franco Bianchetti, Giovanni Battista da Legnano in Ossola, in “Oscellana”, XVIII, 1988, 3, pp. 130-154.
- Gian Franco Bianchetti, Giovanni Battista da Legnano, recentissime, in “Oscellana”, XXIV, 1994, 2, pp. 75-88.
- Alla scoperta di Giovanni Battista da Legnano, in “ML monti&laghi news”, n. 46, 2018.
Rimangono panoramiche molto utili:
- Gian Franco Bianchetti, Il Rinascimento in Ossola, in “Oscellana”, XLV, 2015, 1-2, pp. 54-79.
- Gian Franco Bianchetti, I monumenti e i segni d’arte, in Terra D’Ossola, Domodossola, 2005, pp. 203-230.
Su Alvise De Donati:
- Valentina Dell’Orto, Alvise De Donati: proposte per la cronologia e il catalogo, in “Arte Lombarda”, 3, 2017, pp. 15-40.
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