Leonardo, La Madonna Litta di Giovanni Antonio Boltraffio e tante mostre inutili.

Non si riescono a contare le innumerevoli manifestazioni che dal principio del 2019 a oggi si sono susseguite, senza soluzione di continuità, in tutto il mondo per le celebrazioni del cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci (1452-1519). Se concentriamo il nostro sguardo più particolarmente verso Milano ci accorgiamo che le tante, frammentarie, spezzettate manifestazioni sul maestro di Vinci risultano assai mediocri sia dal punto di vista della qualità delle opere esposte, sia dal punto di vista della scientificità delle varie curatele. Ogni istituzione museale, grande o piccola che sia, ha voluto infatti rendere omaggio, con quello che aveva presso le proprie collezioni, a Leonardo, non accorgendosi che invece di fare un omaggio al grande artista gli stava solo facendo un danno. Il proliferare di studi, romanzi, pamphlet, saggi, articoli e chi più ne ha, più ne metta, a nostro avviso non fa che rendere la conoscenza di Leonardo, al grande pubblico non specialista, più ostica e complessa, favorendone più che la conoscenza la più totale confusione. Più si pensa di conoscere un artista come Leonardo e più invece, con questo genere di azioni, si finisce per relegarlo nell’ombra dell’ignoranza e dell’ambiguità. Non sarebbe stato meglio realizzare una grande mostra a Milano su Leonardo cercando di radunare, come ha fatto il Louvre, i più importanti lavori del maestro sparsi in Italia e non prestandoli magari all’istituzione parigina? Facendone una mera merce di scambio con opere di Raffaello? Che tra poco celebra anche lui il cinquecentenario della morte? Come invece è stato fatto? Quante mostre monografiche si possono contare su Leonardo a Milano che vantino capolavori come la Vergine delle Rocce e la Sant’Anna, la Vergine, il Bambino e San Giovannino del Louvre e magari l’Annunciazione e l’Adorazione dei Magi degli Uffizi? La risposta è nessuna. Prolificano invece tanti eventi minuscoli o microscopici e privi di reale scopo scientifico che non fanno altro che intasare i musei di tutta Milano e non solo. Dai disegni dei leonardeschi dell’Ambrosiana, all’Arazzo tardo cinquecentesco dell’Ultima Cena (da Leonardo) di Palazzo Reale; perfino il Museo del Novecento ha reso omaggio a Leonardo con una mostra su Lucio Fontana e le influenze che Leonardo ha avuto sul maestro contemporaneo, che LetteArti ha recensito qualche tempo fa. E non sarebbe stata meglio la pubblicazione di un catalogo unico e ben curato, piuttosto che una serie infinita di piccolissimi libricini ridicoli? Ancora una volta il business ha avuto la meglio sulla cultura e sullo studio scientifico che richiede fatica, tempo, passione, serietà, competenza e dedizione, ahinoi cose sempre più rare! Qualità essenziali per uno storico dell’arte, a maggior ragione se giovane, da impiegarsi in questo genere di imprese scientifiche, quando non imprestate al servilismo accademico e universitario!!! Chissà a che cosa ci si starà mai riferendo…

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Fig. 1. Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna con il Bambino, (Madonna Litta), 1490 circa, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage.

C’era poi una mostra che si aspettava con una certa impazienza, convinti che quella esposizione sarebbe riuscita a fare la differenza, a creare un vero momento di confronto e studio, complice l’avere come curatori due eccellenti studiosi. Ci si sta riferendo alla mostra in scena al museo Poldi Pezzoli dal titolo Leonardo e la Madonna Litta, curata da Pietro Cesare Marani, considerato uno dei massimi studiosi del pittore dopo la scomparsa di Carlo Pedretti, e da Andrea Di Lorenzo, uno dei conservatori del Poldi Pezzoli; la mostra è visitabile fino al prossimo 10 febbraio 2020. E invece non è andata proprio così. Ma andiamo per gradi.

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Fig. 2 Giovanni Antonio Boltraffio, Studio per una testa di Bambino che prende il latte, (per la Madonna Litta), 1490 circa, Parigi, Institut Néerlandais, Collection Frits Lugt.

Partiamo dal presupposto che non conosciamo i reali motivi per i quali la Madonna Litta sia esposta con l’attribuzione a Leonardo Da Vinci: probabilmente il Museo dell’Ermitage, che ne detiene la proprietà, ha garantito il prestito, se e solo se, l’opera fosse stata esposta con quella attribuzione. Inoltre c’era in ballo, se non vado errato, la restituzione di un favore al Museo Poldi Pezzoli, poiché quest’ultimo, l’anno scorso, ha prestato una sua opera importante all’istituzione Russa. I due curatori che, ovviamente, non potevano farsi scappare l’occasione di avere un dipinto così straordinario di nuovo a Milano, sono scesi a compromessi, accettando forse il “ricatto” della grande e prestigiosa istituzione museale. Questa operazione, tuttavia rischia di essere, di fatto, un atto di disonestà intellettuale, non tanto verso gli specialisti che sanno perfettamente che la Madonna Litta non è un’opera di Leonardo, quanto piuttosto nei confronti del grande pubblico non specialista che rischia così di venire “ingannato e confuso”.

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Fig. 3. Giovanni Antonio Boltraffio, Studio di panneggio, 1490 circa, Parigi, Institut Néerlandais, Collection Frits Lugt.

E i giri pindarici per cercare di far intendere in mostra che quella che si presenta come un capolavoro di Leonardo di fatto non lo è, non ritengo si riesca a percepire così bene. La Madonna Litta è infatti esposta nel suo splendido isolamento, in una sala a parte rispetto a una serie di altre opere derivate, molto probabilmente dal prototipo originale, un prototipo sì di Leonardo ma verosimilmente andato perduto per sempre. L’opera di Boltraffio è esposta da sola, con accanto due disegni di eccezionale qualità, già attribuiti a Leonado ma anch’essi da ritenere verosimilmente del suo migliore allievo, ossia Giovanni Antonio Boltraffio: una Testa di bambino realizzata con punta d’argento, biacca, su carta preparata in azzurro e un disegno con panneggio realizzato con la stessa tecnica del primo, entrambi conservati a Parigi presso la l’Institut Néerlandais, Collection Frits Lugt. Entrambi questi disegni, sono studi preparatori per la testa del bambino e per l’abito della Madonna Litta di Boltraffio. Esiste poi uno straordinario disegno di Leonardo (non esposto in mostra) raffigurante uno studio di volto femminile che si conserva al Louvre a Parigi che sarebbe da intendere come disegno preparatorio per la Madonna Litta di Boltraffio. Questo disegno doveva essere verosimilmente il bozzetto preparatorio per una Madonna del latte di Leonardo, di cui per il momento non abbiamo traccia; da questo disegno, Boltraffio ha ripreso i lineamenti delicati e raffinatissimi della Madonna Litta. 

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Fig. 4. Leonardo Da Vinci, Studio di testa femminile, 1485-1490 circa, Parigi, Museo del Louvre.

La storia del dipinto è tracciabile a ritroso fino al 1784, quando fu acquistato da Alberico XII Barbiano di Belgioioso d’Este (1725-1813) il 21 gennaio 1784, presso Giuseppe Rho. Secondo alcuni, la tavola sarebbe stata precedentemente conservata presso il Santuario della Madonna di Campagna di Piacenza. Entrò a far parte della collezione Litta nel 1814, quando fu scelta in legato da Alberto Litta Visconti Arese (1759-1832), a titolo di compenso per il suo ruolo di esecutore testamentario dello stesso Alberico XII.
Nel 1865 Antonio Litta Visconti Arese (1819-1866) la vendette allo zar Alessandro II di Russia. Inizialmente l’opera venne posta a Mosca per poi passare all’Ermitage di San Pietroburgo che decise di esporla, molto giustamente, solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Dopo che l’opera giunse a San Pietroburgo, lo storico dell’arte russo Gukowski nel 1959 attribui il dipinto a Leonardo e il colpo definitivo di avvaloramento di tale attribuzione è stato dato da Carlo Pedretti nel 1973.

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Fig. 6. Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna con il Bambino, (Madonna della Rosa), 1485-1490 circa, Milano, Museo Poldi Pezzoli.

Uno dei primi storici dell’arte seri che ha affrontato con serietà scientifica la questione dell’attribuzione della Madonna Litta a Boltraffio è stato Alessandro Ballarin in un saggio che si intitola: Boltraffio prima della Pala Casio. Saggio poi uscito nel 2010 insieme ad altri importanti scritti riuniti in quattro poderosi volumi sotto il titolo di Problemi di Leonardismo milanese tra Quattrocento e Cinquecento. In poche pagine, lo studioso affronta con grande lucidità e chiarezza espositiva l’annosa questione attributiva confrontando la Madonna Litta con altre opere di Boltraffio realizzate introno al 1490 circa, anno che si presta bene ad essere anche il periodo in cui Boltraffio ha realizzato la Madonna Litta. Un confronto assai stringente che lo storico dell’arte fa è quello con la Madonna della rosa (1485-1490 circa) conservata al Museo Poldi Pezzoli ed esposta alla mostra. Questo dipinto si trovava, insieme alla Madonna Litta nella stessa collezione di Antonio Litta Visconti Arese quanto Poldi Pezzoli l’acquistò per la sua collezione. Altri confronti che lo studioso affronta sono quelli con la splendida Madonna con il Bambino anche detta Madonna Esterhàzy del Szépmuvészeti Muzeum di Budapest datata al 1497 circa, o ancora, con la Madonna che allatta il Bambino (1499 circa) della National Gallery di Londra. Queste due opere, che avrebbero forse dovuto essere chieste in prestito e che avrebbero certo reso la questione più chiara, sono invece assenti alla mostra milanese.

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Fig. 7. Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna con il Bambino, (Madonna Esterhàzy), 1497 circa, Budapest, Szépmuvészeti Muzeum.

Al loro posto sono state convocate tutta una serie di opere alquanto modeste che servono, a nostro modesto avviso, a far risaltare la qualità, mai messa in discussione, della Madonna Litta di Boltraffio. È tuttavia chiaro che la Madonna Litta pur essendo un’opera di eccezionale qualità, presenta già un tipo di leonardismo raggelato e in un certo senso cristallizzato entro i confini di uno stile derivato dal grande Leonardo Da Vinci. È un’opera che parla una “lingua meno autenticamente eccezionale” un corsivo che per quanto agile e raffinato è pur sempre un carattere diverso dall’originale genialità di Leonardo Da Vinci. La Madonna Litta è un dipinto eseguito certamente sotto la stretta sorveglianza del maestro nei confronti della bottega, probabilmente anche seguendo un disegno autografo di Leonardo in persona, ma lo ripetiamo, non è un’opera autografa. È c’è un’enorme differenza tra idea e realizzazione. Forse non era così al tempo di Leonardo e non è stato così per molto tempo, ma ai nostri giorni queste “minuscole differenze” come le chiama la critica, fanno oscillare vertiginosamente i prezzi delle opere d’arte battute dalle case d’asta e aumentare o diminuire drasticamente il prestigio delle istituzioni pubbliche o private che siano che le possiedono. Basta rammentare il caso eclatante del Salvator Mundi presentato come autografo di Leonardo e venduto per la cifra esorbitante di 410 milioni di dollari. Pensate se tutto a un tratto il Salvator Mundi iniziasse a essere considerato come un’opera derivata di bottega e il suo valore monetario crollasse improvvisamente, voi proprietari non vi sentireste un pochino amareggiati? Ecco spiegato forse il perché l’Ermitage, seppure sia un museo pubblico e a certe cose non dovrebbe dare troppo peso (ma Leonardo è sempre Leonardo), tiene così tanto alla “vecchia ma attualissima” attribuzione della Madonna Litta a Leonardo da Vinci.

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Fig. 8. Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna con il Bambino, 1499 circa, Londra, The National Gallery.

Oltretutto va detto che la Madonna Litta è un dipinto che ha sofferto moltissimo nel suo passato, primo per il fatto di essere un’opera trasportata da tavola a tela e poi per i vari restauri subiti nel tempo che ne hanno compromesso l’originario assetto pittorico. Lo sfondo ha perso quell’effetto di “aria spessa” e atmosferica tipici dello stile leonardesco, e le due aperture centinate dello sfondo sono ripassate in modo netto e un “po’ metafisico” andando a perdere la loro originaria raffinatezza ed eleganza. Il manto azzurro della Vergine ha perduto le sue raffinatissime velature e anche i capelli della Madonna sono tragicamente appiattiti e privi di quei tocchi dorati tipici delle Madonne leonardesche: un vero peccato!

Le opere che costituiscono la mostra vera e propria sono presentate tutte entro la prima delle due sale di cui si compone la mostra, infatti l’esposizione come già accennavamo prima è divisa sostanzialmente in due sezioni, se così si possono chiamare: la prima dedicata alle Madonne leonardesche che imitano o almeno ci provano a imitare la Madonna Litta e la seconda (che a nostro avviso doveva essere posta prima) dov’è esposta la Madonna Litta e i due disegni citati sopra. Ancora una volta si è creato un percorso che ha voluto necessariamente rendere omaggio all’opera, isolandola dal suo contesto e rendendola alla stregua di un feticcio. Sarebbe stato meglio se prima si fosse presentata la Madonna Litta con i suoi disegni preparatori e poi le copie derivate dalla sua fortunata formula stilistica e non il contrario. Tutto ciò avrebbe reso più limpido anche il contesto storico-artistico entro cui questa immagine è nata, sviluppata, vissuta e suscitato fortuna.

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Fig. 9. Pittore Lombardo, Madonna con il Bambino, entro il primo ventennio del XVI secolo, Milano, Museo Poldi Pezzoli.

Tra le opere più interessanti di questa prima sezione di Madonne leonardesche per lo più anonime, bisogna evidenziare una Madonna con il Bambino di un anonimo pittore lombardo che realizza una copia molto più tarda della Madonna Litta, riprendendone esattamente la composizione, sintomo della fortuna che la Madonna Litta ha suscitato nelle generazioni di pittori leonardeschi successivi a Boltraffio. Di un certo interesse è anche la Madonna con il Bambino di Francesco Galli detto il Napoletano proveniente da Zurigo, non tanto per la sua attinenza con la Madonna Litta quanto per il suo leonardismo cristallizzato, nonché per la vivacità del Bambino e per quello sfondo montuoso e lacustre che ricorda certi echi della Vergine delle rocce. L’aggiunta delle navi è poi un espediente narrativo che abbiamo trovato divertente e un pizzico anche poetico. Corrono lungo le pareti opere di Marco d’Oggiono e dell’anonimo ma curiosissimo Maestro della Pala Sforzesca con i suoi affascinanti arcaismi lombardi tutti però mediati in senso leonardesco.

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Fig. 10. Francesco Galli, detto Napoletano, Madonna con il Bambino, 1490-1492 circa, Zurigo, Kunsthaus.

In ultimo ci sarebbe piaciuto se almeno in catalogo, la didascalia di presentazione della Madonna Litta avesse avuto accanto al nome di Leonardo un bel punto interrogativo, così da lasciare uno spiraglio di ottimismo aperto verso il futuro, ma le cose non sono andate così. La mostra è sicuramente l’occasione per ammirare un capolavoro della storia dell’arte leonardesca, ossia la Madonna Litta, ma dai curatori ci saremmo aspettati più rigore, scientificità, cura nell’allestimento, e magari un pizzico di onestà intellettuale in più.

Per chi volesse approfondire la questione sull’attribuzione della Madonna Litta che qui in poche righe sarebbe stato impossibile snocciolare con dovizia di particolari si rimanda al ben più che valido contributo di Alessandro Ballarin: Giovanni Antonio Boltraffio prima della Pala Casio, in Leonardo a Milano, Problemi di Leonardismo milanese tra Quattrocento e Cinquecento, Verona 2010, Vol. II, pp. 5-45.

Un profilo agile, divulgativo e di sintesi, tra la marea di pubblicazioni assai modeste sui cosiddetti pittori leonardeschi rimane a mio avviso quello di Antonio Mazzotta, Leonardeschi. Leonardo e gli artisti lombardi, Dossier n. 309. (collana Art&Dossier).

Per un profilo di Leonardo, poco costoso, accessibile e completo nonché sorvegliato criticamente e bibliograficamente che segnalo e raccomando: Leonardo. Una vita, a cura di Michela Corso, Milano, Officina Libraria 2018.

Marco Audisio

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