Adrì e il suo tempo. Il Museo del Novecento racconta un esempio di avanguardia al femminile.

“L’intelligenza non ha sesso. Io sono, io voglio – capisce che voglio? – essere un’artista. Poi sarò, naturalmente, donna”.

Attraverso questa decisa affermazione di indipendenza, il Museo del Novecento di Milano introduce nel palinsesto culturale dedicato all’arte al femminile la figura di Adriana Bisi Fabbri (Ferrara, 1881 – Travedona Monate, 1918), poliedrica artista attiva nei primi vent’anni del Novecento, alla quale è dedicata la retrospettiva “L’intelligenza non ha sesso. Adriana Bisi Fabbri e la rete delle arti (1900-1918)”, visitabile nella sala degli Archivi del Novecento fino all’otto marzo 2020.
Adrì, come ella stessa si firmava, ha purtroppo condiviso la sorte delle altre artiste attive durante i decenni delle avanguardie: al discreto successo e alla stima di cui godette in vita, è seguito un lungo periodo di oblio, dovuto non solo alla scelta critica, della quale abbiamo già trattato in più di una occasione, di scrivere e leggere la storia dell’arte contemporanea in chiave quasi esclusivamente maschile, ma anche ad altri fattori contingenti. Il marcato eclettismo della sua produzione rende infatti complessa la sua collocazione all’interno di un movimento definito; a ciò si aggiungono, poi, la formazione da autodidatta e la prematura scomparsa, avvenuta a soli trentasette anni.
Nonostante ciò, l’interessamento di Marco Bisi (1908 – 2002), figlio dell’artista, e la sua attenta e oculata gestione del patrimonio lasciato in eredità da quest’ultima, hanno contribuito ad una riscoperta piuttosto precoce dell’opera di Adrì, alla quale, già a partire dagli anni Ottanta, sono state dedicate mostre personali e partecipazioni a collettive, fino a giungere all’importante retrospettiva andata in scena al Museo della Permanente di Milano nel 2007.
La nuova esposizione inaugurata al Museo del Novecento prende le mosse dal riordino del Fondo Bisi Crotti, una preziosa raccolta di carteggi, documenti e testimonianze che il Comune di Milano ha acquisito dagli eredi della famiglia Bisi Fabbri nel 2005. Il suo studio ha permesso alle curatrici della mostra, Giovanna Ginex e Danka Giacon, di ricostruire attraverso circa duecento dipinti, illustrazioni e documenti le vicende e la produzione di Adrì, anche, e soprattutto, in rapporto con gli altri protagonisti del suo tempo, portando alla luce la fitta rete di scambi che lei e il marito, il giornalista e letterato Giannetto Bisi (Ferrara, 1881 – Verona, 1919), intrecciarono con gli ambienti più vivaci dell’epoca.

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Fig. 1. Umberto Boccioni, Ritratto di Adriana Bisi Fabbri, 1904, collezione privata, Roma.

Il percorso espositivo, piuttosto articolato, nonostante gli spazi ridotti della sala, tratteggia la figura di Adrì sin dalla primissima formazione, iniziata come autodidatta nel 1901, anno nel quale, dalla natìa Ferrara, la giovane si trasferisce a Padova in cerca di lavoro. Nella città veneta, Adriana trova ospitalità presso la casa di Cecilia Boccioni, sua lontana parente nonché madre del pittore Umberto (Reggio Calabria, 1882 – Verona, 1916). Benché le difficili condizioni economiche nelle quali versa non le permettano di accedere ad un corso di studi accademico, nei ritagli di tempo libero dal duro lavoro come sarta e ricamatrice, si dedica con costanza e impegno alla pratica del disegno, alla lettura di riviste specialistiche e alla visita a mostre e musei.

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Fig. 2. Adriana Bisi Fabbri, Bacio allo speccio (primissimo bacio), 1912-1913, collezione privata, Milano.

Le numerose sezioni della mostra rendono conto innanzitutto dell’accesa curiosità che muoveva Adriana, del suo desiderio di sperimentare i più disparati linguaggi artistici e di affermarsi professionalmente: tale irrequietezza si riflette nei molteplici spostamenti e trasferimenti che segnano gli anni a partire dal 1905. Dopo il fidanzamento con Giannetto Bisi, aspirante giornalista e scrittore, avvenuto durante la fase di ritorno a Ferrara, Adrì giunge a Milano, dove cerca di inserirsi nel circuito artistico attraverso il contatto con il gallerista e mercante d’arte Alberto Grubicy (Milano, 1851 -1920). Osserva con interesse la nascita del futurismo, ma non vi aderisce, nonostante il perdurare dei rapporti con Boccioni, preferendo sviluppare uno stile tardo simbolista, in linea con la pittura e la scultura di Previati, Segantini e Rodin, che risente tuttavia anche dell’eco preraffaellita. L’opera Bacio allo specchio esemplifica questa fase della sua produzione, nella quale, come osserverà criticamente Boccioni in una delle lettere alla cugina, “l’idea letteraria sembra prevalere sull’idea pittorica”.
Nel frattempo, Adriana, in seguito al matrimonio con Giannetto, nel 1907 si trasferisce a Bergamo, dove il marito trova impiego come correttore di bozze e redattore per alcuni giornali.

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Fig. 3. Adriana Bisi Fabbri, da sinistra: Bel giovane, Donnina e Teppista, 1913, collezione M. C.

Lungo il percorso espositivo viene dato particolare risalto ai primi anni Dieci, nei quali si colloca la vera fase di svolta dell’artista: in questo periodo, le sue ricerche si concentrano in particolare sullo studio delle diverse fisionomie umane e sulla loro dissacrazione, soprattutto attraverso la caricatura, pratica nella quale Adriana eccelle, insieme a tutto ciò che riguarda la satira e l’arte umoristica. Assai interessanti sono, dunque, gli studi da lei compiuti sui differenti “tipi umani”, come il teppista, il giovane di mondo, l’adulatrice, dei quali l’artista enfatizza le caratteristiche fisiche, le espressioni del volto, l’abbigliamento. Nel 1911 Adriana raggiunge il primo, importante traguardo: la partecipazione alla Prima Esposizione internazionale di Arte femminile, a Torino, mentre nel 1913 viene invitata a presenziare e a disegnare il manifesto dell’Esposizione di Arte umoristica di Bergamo.

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Fig. 4. Adriana Bisi Fabbri, da sinistra: Autoritratto in rosso, 1913-1913, collezione W.C. e Ritratto di Giannetto Bisi, 1911 circa, collezione privata.

L’interesse per lo studio delle fisionomie si concretizza anche in una serie piuttosto nutrita ed articolata di autoritratti e ritratti del figlio Marco e, soprattutto, di Giannetto: se nell’esplorare sé stessa Adriana gioca in particolare con il tema del travestimento, come nell’autoritratto in abiti maschili scelto per la copertina di questo articolo o quello “in rosso”, alla maniera rinascimentale (1915-1916), nei confronti del marito l’artista si addentra invece nel campo dell’introspezione psicologica, cercando di catturarne la natura intellettualistica e portata alla meditazione.

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Fig. 5. Adriana Bisi Fabbri, da sinistra: Si dice che i tedeschi fanno incetta di ghiande per il pane, Il gallo canta e non ti vuoi svegliare e Il papa esce dal Vaticano, illustrazioni per “Il Popolo d’Italia”, 1915-1917.

Come anticipato dal titolo della mostra, il percorso cerca anche di rendere conto dei rapporti fra Adriana e il resto dello scenario culturale a lei contemporaneo. Grazie alle numerose testimonianze confluite nel fondo lasciato in eredità al figlio, ad esempio, è stato possibile ricostruire il ruolo da lei ricoperto all’interno di Nuove Tendenze, corrente sorta come alternativa avanguardistica dell’assai più noto futurismo: come si evince dalle lettere esposte in mostra, Adrì, nel 1914, viene infatti invitata da Leonardo Dudreville (Venezia, 1885 – Ghiffa, 1976) ad esporre alla prima mostra del gruppo, presso la Famiglia Artistica di Milano, evento che determina la sua adesione al gruppo.
A partire dall’anno successivo, tuttavia, l’artista torna alla sua primaria vocazione, iniziando una assidua collaborazione, probabilmente la più significativa della sua carriera, come illustratrice satirica del “Popolo d’Italia”, giornale interventista fondato da Benito Mussolini nel 1914. Anche in questo caso, i numerosi esemplari esposti rendono giustizia al talento e alla vivace intelligenza di Adriana, ai risultati qualitativamente altissimi da lei raggiunti in questa disciplina: il sapiente dosaggio di bianco e nero, l’utilizzo dei più disparati formati tipografici, nonché la pungente ironia, denotano una totale esperienza nella padronanza del disegno, nonché una conoscenza aggiornata delle contemporanee vicende di politica italiana e internazionale, ambiti solitamente preclusi alle donne.

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Fig. 6. Adriana Bisi Fabbri, Signora con manicotto, 1915 circa, collezione Gr. C.

L’impegno con il “Popolo d’Italia” non impedisce ad Adrì, sempre desiderosa di ampliare le proprie competenze, di esplorare altri ambiti: nel corso della sua breve, seppur intensa, carriera si annoverano anche diverse collaborazioni con testate di moda, per le quali disegna figurini e modelli per accessori e abiti, la realizzazione delle scenografie e dei costumi per lo spettacolo “Syrtala”, andato in scena a Cremona nel 1916, e addirittura la progettazione di una linea di giocattoli in legno.

L’aggravarsi della tisi determina, nel 1918, la prematura scomparsa di Adriana, alla quale seguirà nel 1919 quella del marito Giannetto, morto in un incidente aereo; l’eredità pittorica, letteraria e intellettuale dei due coniugi verrà raccolta e promulgata con accuratezza e sensibilità dal figlio Marco, alla cui attenzione si deve la ricchezza e l’ottimo stato di conservazione del patrimonio Bisi Fabbri oggi in possesso del Comune di Milano.

Data anche la sua natura documentaria, oltre che storico-artistica, la mostra di cui abbiamo parlato in questo articolo presenta un itinerario coerente ed onesto dal punto di vista scientifico; una nota dolente riguarda la scelta dello spazio che, a causa del suo essere predisposto come luogo destinato alla conservazione di volumi e materiali d’archivio, rende poco agevole la fruizione del percorso espositivo, inframezzato da scaffali e costretto in uno spazio ridotto. Anche l’illuminazione rende  piuttosto difficoltosa la visione chiara delle opere, per la maggior parte protette da teche in vetro sulle quali la luce riverbera in modo a volte troppo intenso. Al di là di questi punti critici, la mostra merita senza dubbio di essere visitata: a dispetto di quanto a volte accade nei confronti delle protagoniste femminili dello scorso secolo, infatti, Adriana Bisi Fabbri non viene presentata come una sorta di fenomeno isolato e un poco anomalo, ma nel suo essere stata una figura in linea con la sua epoca e perfettamente integrata nell’ambiente culturale, anche con i limiti che ciò comportava: insomma, come lei stessa auspicava, si tratta di un’occasione per conoscere Adrì prima come artista, poi come donna.

Chiara Franchi

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