Di Muri Maestri e di quando il giovane Holden uccise John Lennon ascoltando Beautiful boy

Questo titolo di per sé non vuol dire nulla e anzi, una volta letto il libro di cui ho intenzione di parlarvi in questo articolo, potrete pure manifestare il vostro disappunto perché lo avrete trovato inesatto.
E avrete ragione, per carità, ma vorrei che vi soffermaste un attimo a convenire con me che, senza falsa modestia, si tratta di un accostamento quantomeno suggestivo.
La suggestione, proprio questo è il sentimento complesso che vorrei provaste e che ho provato io nel leggere Muri Maestri, il libro più recente di Michela Monferrini, giovane scrittrice romana la cui produzione spazia dal campo delle guide letterarie, come quelle sulla Napoli di Raffaele La Capria e sul Portogallo di Antonio Tabucchi, alla narrativa per ragazzi. Muri Maestri è stato pubblicato nel novembre 2018 da La nave di Teseo ed è capitato sulla mia strada in occasione della rassegna letteraria Scrittori&giovani2019, di cui ho parlato nel mio scorso articolo (Scrittori&giovani, il ricco festival letterario del novarese). La sinossi con cui il libro si presenta è la seguente:

Quanti significati può avere un muro? Quante storie può contenere, ospitare, dividere? Un muro è chiusura, confine da valicare, limite ostile; è l’ostacolo della nostra azione, il perimetro istituzionale dei nostri movimenti, l’irriducibile definizione di una diversità. E tuttavia, un muro può anche saper accogliere una preghiera, un sogno; può diventare lo spazio su cui si manifesta l’aspirazione a essere, il permesso di desiderare.
Dal Muro di Berlino a quello del Pianto, da Wall Street ai muri dell’artista Candy Chang, che, prima a New Orleans, poi in tutto il mondo, raccolgono i desideri più importanti, quelli che si vorrebbero compiuti prima di morire. Dal muro di John Lennon a Praga fino a quello di Hong Kong, passando per Lisbona, Zurigo, Londra, Parigi, i “muri maestri” sono spazi del ricordo, simbolo di fratellanza, manifesto per la ribellione, l’amore, la gioventù.
Come il rondone, che ha bisogno di un muro per spiccare il volo, così il lettore viene guidato in questo libro – che si legge come un romanzo dalla scrittura limpida e tesa – alla scoperta dei muri che in qualche modo hanno contribuito a creare una storia delle idee, dei sentimenti, dei cambiamenti: una storia dei luoghi e delle loro trasformazioni, una storia di liberazione.
Cosa può insegnarci un muro?

Tralasciando la metafora finale del rondone, che avrete modo di approfondire e comprendere a pieno subito, non appena iniziata la vostra lettura, c’è una domanda che mi sono posto fin dal primo momento in cui ho letto io stessa queste righe e cioè: Muri Maestri è un romanzo? Ci sono dei protagonisti in questa storia? Sono personaggi singoli, è una storia collettiva? E ancora, si tratta forse invece di un saggio?
Muri Maestri è un lavoro ibrido, che all’aspetto documentaristico unisce in alcuni punti lo spunto romanzesco.

Figura 1[240]
Fig. 1 Copertina di Muri Maestri, edito da La nave di Teso e scritto da Michela Monferrini.

L’idea di approfondire l’argomento del muro e di estenderlo a tutto il mondo viene a Michela Monferrini durante un corso all’università. Da quel momento decide di documentarsi e di visitare, potendo, muri sparsi nel nostro continente e non solo. A ciascuno di questi muri, che descrive nel suo lavoro, sono legate una o più storie. Fino a qui tutto bene, non ci sono grandi note di originalità: una rassegna di muri sparsi in diversi paesi e vicende, a volte la storia stessa del come e del perché delle loro costruzione, ad essi correlate e che ne rendono più avvincente l’elenco. Ecco però che ora vorrei far rientrare in campo il fattore suggestione. La storia dell’omicidio di Lennon e della conseguente creazione di John Lennon Wall a Praga e a Hong Kong non è raccontata come un susseguirsi di eventi lineari, ma, al suo interno, sono presenti degli squarci sulla realtà dell’assassino del musicista, un ragazzo con un disturbo della personalità, che aveva idealizzato Lennon per buona parte della sua vita, aveva ascoltato fino alla nausea la canzone dedicata da quest’ultimo al figlio Sean e che, per ultimo, si era immedesimato fino al giorno stesso del suo crimine con il famosissimo personaggio letterario di Salinger.

Un altro esempio di come le vicende legate a un muro, significativo o meno, siano introdotte e raccontate in modo accattivante è la prima descrizione che compare nel libro, la descrizione dei minuti iniziali di Closer, film di Mike Nichols, uscito nel 2004, che vanta un cast composto da niente meno che Jude Law, Julia Roberts, Natalie Portman e Clive Owen. Ora, quando qualche anni fa vidi la pellicola su Netflix, devo essere sincera, non mi piacque granché. C’è tuttavia nell’esordio di Muri Maestri qualcosa che mi ha fatto pensare “Ah, sì, Closer”, come quando non sentiamo una canzone che ci piace per molto tempo e quando per caso ci inciampiamo dentro, bum, ah già, mi ricordo.

Quando ho conosciuto Alice Ayers, nel 2004, mancava poco a Natale, lei era morta da centovent’anni e ne aveva venticinque per sempre, io diciannove di lì a pochi giorni. È andata così.

 Si spengono le luci in sala e subito dopo c’è questa ragazza, i capelli rossi, un fiammifero, in mezzo alla folla di una città che potrebbe essere New York e non è. Lo dicono gli impermeabili: tanti, troppi attorno a lei per non trovarsi a Londra. Anche lei ne indossa uno, mentre le cammina incontro con gli occhiali piccoli e la ventiquattrore; ancora non l’ha vista, non la conosce, ma la canzone in sottofondo ripete: Non posso toglierti gli occhi di dosso, e infatti eccoli, gli occhi che non si staccano appena scorgono quei capelli troppo accesi, com’è troppo malizioso il sorriso, come la gonna è troppo corta sotto la giacca di pelliccia sintetica. Non si staccano per tutta la durata di quel sorriso, né mentre lei cambia impercettibilmente direzione per attraversare la strada, né mentre viene investita da un taxi. Non posso toglierti gli occhi di dosso. Allora la raggiungono, le si fanno più vicini mentre lei si volta illesa, fiammifero sfregato sulla terra, riprende il sorriso da dove lo aveva interrotto e dice: “Ciao sconosciuto”. Fuoco.

Figura 4[237]
Fig. 4 Fotogramma tratto dalla scena iniziale del film Closer.

Siamo quindi a Londra, da qui parte la prima storia del primo muro che ci viene presentato. Che cosa ci hanno a che fare questi due personaggi di finzione? Dove finisce la finzione cinematografica e dove inizia la realtà?
Non voglio aggiungere altre righe alla citazione, sperando così di avervi acceso anche io la scintilla di una certa curiosità nella testa. Allo stesso modo e per lo stesso motivo non ho nemmeno intenzione di continuare con esempi perché la breve lettura che è Muri Maestri, ne è composta per tutte le sue poco più di cento pagine. Cento pagine scorrevoli, scritte con una sintassi lineare e un linguaggio piano, sicuramente consigliate per un pubblico vario, adulto e adolescente, tanto più che, essendo i muri e le frontiere un argomento di scottante attualità, non si tratterebbe solamente di una lettura piacevole ma anche utile e istruttiva.

Federica Rossi

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