Per quei pochi fortunati e perseveranti che sono riusciti a vedere la bella chiesa (quasi sempre chiusa al pubblico) di Sant’Ambrogio a Coimo, non come fedeli ma come appassionati di arte e magari storici dell’arte di professione, e che credo si contino sulle dita di una mano, non sarà sfuggito di ammirare la cupola affrescata con la Gloria di Sant’Ambrogio, opera che dalle recenti guide, così come anche da diversi appassionati, sacerdote incluso, è attribuita nella sua totalità al pittore craveggese Giuseppe Mattia Borgnis (1701-1761).

Ma se l’appassionato o lo storico dell’arte avesse visto prima di questo ciclo, anche quello della Madonna del Piaggio a Craveggia (anche in questo caso rigorosamente sempre chiusa), si renderà conto di alcune piccole incongruenze e “incertezze stilistiche” chiamiamole così, con lo stile maturo e del tutto autografo del Borgnis. Al Piaggio, infatti, Borgnis lavora con un assistente, ossia il pittore Andrea Dell’Angelo verosimilmente figlio di Giovanni primigenio maestro del nostro Borgnis, così come già sottolineato da Tullio Bertamini. Le decorazioni ad affresco della Madonna del Piaggio si datano intorno al 1727 e sono già terminate verosimilmente entro il 1730. Parallelamente il craveggese dipinge, tra il 1724 e il 1727, gli undici teleri dedicati ai Santi Giacomo e Cristoforo per la chiesa parrocchiale di Craveggia, probabilmente coadiuvato, anche in questo caso, sempre da Dell’Angelo. Il sodalizio artistico fra i due pittori termina però molto probabilmente intorno al 1729-1730 circa, infatti dal 1734 in poi Borgnis lavorerà da solo all’interno della chiesa parrocchiale di Craveggia, affrescando praticamente tutta la chiesa senza aiuti e terminandola, eccetto alcuni spazi che rimarranno incompiuti a seguito di altri lavori in giro per le valli dell’Ossola e per la morte dell’artista nel 1761, entro il 1740.

La premessa è doverosa ai fini del nostro discorso. Dopo un’attenta analisi delle pitture del Sant’Ambrogio di Coimo, le evidenze figurative mi hanno spinto a tornare a riflettere sugli affreschi della cupola di Coimo che Borgnis deve avere eseguito poco prima della sua piena maturità stilistica, avvenuta certamente dopo o comunque in concomitanza con gli affreschi della chiesa parrocchiale di Craveggia. Analizzando e confrontando gli affreschi di Coimo con quelli sicuramente giovanili del Piaggio presso Craveggia sembra di poter affermare con una certa sicurezza che i due cicli di affreschi sono stati eseguiti quasi contemporaneamente. Già Tullio Bertamini nell’unica monografia dedicata al Borgnis nell’ormai lontano 1983 proponeva che «per queste pitture il Borgnis ebbe come collaboratore il Dell’Angelo e l’intervento di costui è evidente dalla pesantezza del colore in alcuni punti, pesantezza che non appare nelle opere successive». Spiace che le parole della massima autorità in materia di arte e storia vigezzina siano andate pressoché dimenticate nel tempo, specie da coloro che abitano ancora quelle terre e che di quelle terre dovrebbero essere i più fulgidi custodi, nonché da coloro che pubblicano guide sulle chiese della Valle Vigezzo di taglio divulgativo e locale senza basarsi su studi pregressi e di ben altra importanza.

Alla luce di quanto espresso da Bertamini qui si tenterà, soltanto con i documenti figurativi a nostra disposizione, quindi con le opere d’arte, di dimostrare, cercando di entrare più nel merito della questione, che la Gloria di Sant’Ambrogio è molto verosimilmente un lavoro eseguito a quattro mani con il sodale di Borgnis, vale a dire Andrea Dell’Angelo, proprio com’è avvenuto al Piaggio e che si tratterebbe quindi di un altro lavoro giovanile dell’artista. Agli storici e ai paleografi di professione poi l’arduo compito di verificare se questa proposta basata sulle sole evidenze figurative possa trovare qualche riscontro nei documenti cartacei, ammesso che ne esistano.

Se si confronta con attenzione la cupola di Coimo, iniziando dai quattro Evangelisti nei pennacchi si potrà osservare come San Giovanni evangelista, San Matteo, San Luca e San Marco siano quasi del tutto identici a quelli della volta della seconda campata dell’Oratorio della Madonna del Piaggio. Addirittura sembra che sia stato utilizzato uno stesso disegno o cartone preparatorio per entrambe le decorazioni, il che fa presupporre una continuità tra un cantiere di lavoro e l’altro.

Se poi si procede col raffrontare l’affresco centrale della volta della seconda campata del Piaggio raffigurante l’Assunzione della Vergine con la Gloria di Sant’Ambrogio a Coimo si potrà immediatamente cogliere come stringenti analogie stilistiche accomunino i due cicli. Ancora, si confronti ad esempio l’esecuzione degli Angeli nell’affresco del Piaggio con quelli della cupola di Coimo; essi condividono la stessa resa pittorica, data attraverso una stesura di colori brillanti e tratti netti e veloci di pennello per le parti chiaroscurate, come ad esempio le ciocche di capelli e il chiaroscuro di occhi, nasi e bocche, il tutto per dare alla composizione un effetto di grande leggerezza.

Il volto della Vergine al Piaggio arriva poi fin quasi a coincidere con quello di Sant’Ambrogio nella cupola di Coimo. In questo caso entrambi i personaggi sembrano essere usciti totalmente dalla sola mano del Borgnis. Tuttavia la tavolozza pittorica molto vivida e il modo con il quale sono realizzate molte delle figure, ben modellate ma con qualche ingenuità nelle fisionomie dei volti, lasciano per quanto mi riguarda pochi dubbi: siamo di fronte alla mano ancora non del tutto esperta di un giovane Borgnis e del suo modesto aiutante Andrea Dell’Angelo.

Analogie stringenti si possono ancora riscontrare tra le decorazioni di Coimo e quelle del Piaggio: penso ad esempio all’affresco raffigurante l’Incoronazione della Vergine del Piaggio; qui dei confronti possono istituirsi tra le figure di Gesù e Dio padre e gli stessi personaggi che si trovano nella cupola di Coimo, ma si differenziano per alcuni dettagli: mentre nel dipinto del Piaggio le figure hanno una brillantezza e una nettezza del tratto, quelli di Coimo risultano più evanescenti, resi con sfumature dai colori pastello, dai rosini ai gialli fino agli azzurrini, certamente per dare alla composizione un effetto più arioso e un maggiore senso di profondità e teatralità. E che dire poi di quell’angelo che si trova sulla parete sinistra in concomitanza dell’altare della Madonna del Piaggio? Lo stesso tipo di figura si ritrova in moltissimi angeli della cupola di Coimo e anche in questo caso la resa compositiva e cromatica dai toni pastello e delle veloci pennellate per rendere naso, bocca e ciocche di capelli ricci ritorna nella maniera con cui sono eseguiti gli affreschi di Sant’Ambrogio. Ingiudicabile invece l’altro angelo sulla destra rispetto all’altare della Madonna del Piaggio, pur tuttavia la stessa ingenua fisionomia non sembra dissimile da quelle dai grandi angeli che animano la cupola di Coimo.

Il fatto che Borgnis fosse, tra il 1727 e il 1730 circa, impegnato su più fronti, uno dei quali rappresentato dalla decorazione ad affresco della chiesa parrocchiale del luogo in cui era nato e in cui viveva, deve averlo messo nella condizione di prendere presso di sé un allievo che lo aiutasse a far fronte ai pressanti impegni lavorativi che aumentavano con l’aumentare del prestigio del pittore, vale a dire da una parte gli affreschi della Madonna del Piaggio e dell’altra proprio la decorazione della cupola della chiesa di Coimo. Ritengo quindi che la decorazione ad affresco di Coimo debba cadere in un giro di anni compreso tra il 1728 e il 1730 circa e propongo di ipotizzare all’opera sui ponteggi della chiesa di Coimo, così come già accennato dalla breve indicazione di Bertamini, sia Giuseppe Mattia che il suo impacciato allievo Andrea dell’Angelo. All’allievo sarebbero da attribuire proprio alcune incertezze nell’esecuzione dei personaggi che animano la composizione della cupola, ravvisabili prevalentemente nelle fisionomie dei volti degli angeli e nel tratto veloce e un poco approssimativo con cui sono condotte alcuni parti dei personaggi: come le ciocche di capelli, le ferite del costato di Cristo, nasi e bocche. Queste stesse incertezze si riscontrano anche nell’Oratorio del Piaggio, ma sono del tutto assenti negli strepitosi affreschi della parrocchiale di Craveggia. Da una parte ha giocato sicuramente la giovinezza e un pizzico di inesperienza del maestro e dall’altra, il fatto che Borgnis si sia avvalso di un aiuto non certo alla sua altezza. Qualche perplessità giunge anche dall’attenta analisi della gamma cromatica della cupola di Coimo; infatti rispetto agli affreschi del Piaggio, quelli di Sant’Ambrogio hanno una saturazione decisamente più intensa, e che quella pesantezza di colore che già Bertamini aveva intuito nel 1983 è forse stata accentuata più recentemente da un intervento di restauro un po’ troppo invasivo.

Il risultato è in ogni caso certamente piacevole, di forte impatto e di grande originalità compositiva nonché cromatica, che nulla toglie all’effetto teatrale e dinamico della scena, così come risulta di immediato impatto teatrale la bella decorazione dell’oratorio della Madonna del Piaggio di Craveggia, opere giovanili di colui che sarebbe divenuto il protagonista della vivace stagione figurativa del Settecento tra le varie Valli dell’Ossola, prima fra tutte la Valle Vigezzo.
Non va inoltre dimenticato che il Borgnis tornerà a lavorare in un secondo tempo presso la chiesa di Sant’Ambrogio, infatti intorno al 1750 in concomitanza con la consacrazione dell’altare maggiore in marmi policromi, realizzerà la tela con il Martirio di San Bartolomeo e quella con San Luigi dei Francesi per gli omonimi altari, nonché la bellissima tela dietro l’altare maggiore raffigurante Sant’Ambrogio in processione, opere di grande qualità e sicuramente in linea con lo stile maturo dell’artista.
Marco Audisio
Per approfondimenti: su Giuseppe Mattia Borgnis rimane ben più che valida la monografia di Tullio Bertamini, Giuseppe Mattia Borgnis pittore, in “Oscellana” (numero monografico), XIII, 3-4,1983.
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