Robert Darnton nasce a New York nel 1939, studia ad Harvard e successivamente ad Oxford. Dopo un breve periodo da reporter di cronaca nera al “New York Times”, Darnton si dedica completamente al mondo dell’insegnamento e della ricerca dove arriva ad essere considerato, oltre che un importante storico, anche un pioniere nella storia del libro.
Questa disciplina, che accoglie al suo interno influenze provenienti dalla filologia testuale fino alla sociologia, può essere definita come «la scienza che studia la trasmissione materiale delle opere letterarie». Parlando di trasmissione è quindi molto importante tenere a mente la natura di mezzo di comunicazione – di massa come sottolinea anche un importante studioso come Barbier – del libro. Darnton, profondamente consapevole di questo aspetto, si dedica a elaborare il così detto circuito della comunicazione per studiare al meglio come i libri, anche quelli più antichi, gli incunaboli, arrivino dalla bottega del tipografo/editore al libraio e poi al lettore/proprietario. Darnton si concentra soprattutto nello studio del XVIII secolo e del libro illuminista. Non è un caso che uno dei suoi progetti più all’avanguardia, l’Electronic Enlightenment, fosse stata la digitalizzazione della corrispondenza fra Rousseau, Voltaire, Jefferson e Franklin, per mostrare anche come il concetto di Repubblica delle Lettere diffuso sull’onda della rinnovazione della società secondo le regole della ragione si fosse in parte realizzato unendo personalità anche oltreoceano. [Figura 1]

Dopo essere stato presidente dell’American Historical Association e aver diretto per cinque anni il progetto Gutenberg-e che ha permesso a molti giovani dottorandi di pubblicare i loro lavori di ricerca in forma di libri elettronici con la supervisione della Columbia University Press, nel 2007, a Darnton viene offerta la possibilità di diventare direttore generale della biblioteca di Harvard. Come rifiutare?
Non appena Darnton si insedia nel suo nuovo posto di lavoro ecco che però viene in contatto con uno scenario che lo sconvolge, incuriosisce e entusiasma tutto allo stesso tempo: stiamo parlando di Google Books Search, un progetto di digitalizzazione del patrimonio di cinque delle biblioteche più importanti degli Stati Uniti e non solo, la Public Library di New York, la biblioteca dell’università del Michigan, di Stanford, la Bodleian Library di Oxford e, infine, ovviamente, la biblioteca di Harvard. Le possibilità infinite portate dall’apertura delle biblioteche al mondo vasto e selvaggio di Internet fanno sorgere importanti e profonde riflessioni in Darnton che, nel corso degli anni, cerca di mettere ordine fra le informazioni che si susseguono sugli accordi presi da Google con biblioteche e case editrici. Escono, quindi, su varie riviste specialistiche, suoi articoli e interventi che, dopo qualche anno, Darnton decide di raccogliere in un unico volume, Il futuro del libro.
Ed è proprio de Il futuro del libro che ci occupiamo oggi, in questo articolo.
Questo libro parla di libri; è una spudorata difesa della parola a stampa, passata, presente e futura. È anche una riflessione sul posto che spetta ai libri nell’ambiente digitale, una realtà ormai consolidata nella vita di milioni di persone. Lungi dal deplorare le modalità di comunicazione elettroniche, voglio anzi esplorare le possibilità di stringere una alleanza fra esse e la forza straordinaria che fu scatenata oltre cinque secoli orsono da Johann Gutenberg. Esiste un terreno comune ai libri tradizionali e ai libri elettronici?
Mi perdonerete se l’introduzione sulla figura di Darnton risulta troppo lunga e forse densa di sigle e nomi, ma trovo fondamentale dare una infarinatura sul personaggio e sui suoi campi di studio per poter raccontare poi nel modo più chiaro possibile di cosa si parli ne Il futuro del libro. Questo volume infatti è un saggio, o meglio, una raccolta di articoli già pubblicati e poi parzialmente rivisti, che, divisi e organizzati in tre sezioni, nell’ordine, Futuro, Presente e Passato, vogliono darci una infarinatura di tutte le questioni ancora oggi aperte e studiate dalla storia del libro.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da una pubblicazione Adelphi di saggistica, non ho trovato questo lavoro di Darnton troppo specialistico e quindi proibitivo per il lettore forse poco addentro alle questioni accademiche storiche e bibliologiche. Soprattutto le prime due sezioni, Futuro e Presente, infatti presentano riflessioni che abbracciano sì grandi temi etici, ma con incedere divulgativo. [Figura 2]

In Futuro leggiamo dei passaggi che hanno portato al raggiungimento del Google Settlement fra, appunto, Google, case editrici, autori e biblioteche. Quella che Darnton cerca di dare è una visione globale delle problematiche etiche che derivano dall’azione intrapresa da Google, una azienda privata, di digitalizzare il patrimonio, per la maggior parte aperto al pubblico delle biblioteche. Sebbene lo studioso sia infatti convinto che quella di Google sia una grande opportunità da sfruttare per consentire a chiunque, in ogni parte del mondo, di accedere a informazioni di ogni livello e grado, tuttavia le sue perplessità sui modi in cui questo progetto viene portato avanti sono evidenti e chiaramente espresse.
Ma neppure noi possiamo starcene seduti a guardare, fiduciosi che le forze del mercato opereranno per il bene pubblico […]. Sì, digitalizzare è necessario. Ma, ciò che più conta, è necessario democratizzare. Dobbiamo aprire l’accesso al nostro patrimonio culturale. In che modo? Riscrivendo le regole del gioco, subordinando gli interessi privati al bene pubblico, traendo ispirazione dalla Repubblica delle Lettere degli illuministi per creare una Repubblica digitale del sapere.
E, mentre Darnton ci ricorda come anche l’informazione scritta, contrariamente all’impressione che ne abbiamo, è, per sua natura, mobile e plurale, precisa però allo stesso tempo come, nonostante Google porti avanti con efficienza la messa online dei libri, questa operazione di smaterializzazione della carta non potrà tuttavia mai davvero prendere il posto del supporto concreto costituito da legatura e blocco pagine di un romanzo. [Figura 3]

Però, c’è un però.
Si crea qui una piccola parentesi, che identificherei con la sezione Presente, dove Darnton spiega gli enormi vantaggi che le pubblicazioni in e-book porterebbero per il mondo della ricerca e delle pubblicazioni specialistiche in campi ormai troppo incensurati. Ci viene allora spiegato di come, a partire dal secolo scorso, le biblioteche, costrette a pagare somme da capogiro per il rinnovo di abbonamenti a riviste specialistiche, trascurassero quindi di contro l’acquisizione di monografie singole di altrettanto valore culturale. Conseguentemente le case editrici erano da parte loro sempre meno invogliate a investire su pubblicazioni di studiosi. Chi era soprattutto a patire di questa situazione erano i giovani dottorandi, per cui pubblicare era indispensabile per avere poi la possibilità di concorrere per una cattedra universitaria. Ecco, sul versante cartaceo la situazione è questa, ci dice Darnton, ma, se si trasferissero queste tesi di dottorato, dopo una attenta revisione che le farebbe diventare dei libri commercializzabili, su Internet, si potrebbe risolvere in parte questo sovraffollamento. Senza contare, poi, aggiunge sempre lo storico, che con un e-book c’è la possibilità di condurre una lettura su più livelli e quindi di scegliere anche il grado di profondità con cui andare a fondo dell’argomento a cui si è interessati.
Un libro così fatto solleciterebbe un nuovo tipo di lettura. Alcuni lettori si accontenteranno di dare una scorsa alla narrazione dello strato superiore. Altri preferiranno una lettura in verticale, seguendo alcuni filoni sempre più in profondità, leggendo i saggi e la documentazione di supporto. Altri ancora navigheranno in direzioni impreviste, seguendo associazioni congeniali ai loro interessi […]. Lo schermo del computer sarà usato per saggiare il materiale.
Fortemente convinto che, per qualsiasi problema presente o prospettiva futura sia necessario guardare anche al passato, Darnton, nell’ultima sezione de Il futuro del libro, si occupa di carta, lettura, del circuito della comunicazione e della circoscrizione degli ambiti inerenti alla storia del libro e alla bibliologia. Delle tre sezioni il Passato è quella che ho trovato più ostica per chi non sia un addetto ai lavori o uno studente di queste discipline. I rimandi e le citazioni dell’opera di altri studiosi e pionieri nel campo delle scienze del libro sono molti e spesso anche i concetti possono non risultare di immediata comprensione. Niente paura però, perché, se si è interessati a una lettura più superficiale – di primo livello, per rifarci alla citazione appena riportata – si possono comunque estrarre dalla lettura interessanti vicende. Parlo dei commonplace books, zibaldoni di citazioni raccolte dalle più importanti personalità della storia, oggi studiati non solo per comprendere come la lettura fosse concepita nei secoli scorsi, ma anche per i loro importanti risvolti sociologici e antropologici. E ancora, un aiuto per comprendere anche il concetto di informazione mobile accennato sopra può arrivare dal racconto della vicenda delle Questions sur l’Encyclopédie di Voltaire e del loro travagliato percorso di vendita da parte del libraio Riguard. [Figura 4]
Per dare l’ultimo sguardo d’insieme al volume non si può infine omettere di parlare dello stile con cui è scritto. Il fatto che Darnton sia americano influisce pesantemente, a mio parere, sul modo sciolto di raccontare questioni anche spinose e complesse. Inoltre, altro grande aiuto alla scorrevolezza della lettura mi è stato dato dalla comparsa occasionale, durante la trattazione, di aneddoti in cui per esempio vediamo Darnton stesso, giovane e ancora inesperto, nelle vesti di inviato alla stazione di polizia di Newark in cerca delle notizie più “interessanti” di cronaca nera.
Insomma, se siete interessati ad approfondire la vostra conoscenza intorno alla «galassia Gutenberg» Il futuro del libro può senz’altro darvi una mano, avvincendovi e fornendovi spunti comprensibili anche senza avere anni e anni di studi specialistici alle spalle.
Federica Rossi
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