L’avanguardia quotidiana di Sophie Taeuber-Arp

Lo scorso 20 marzo, presso il Kunstmuseum di Basilea, è stata inaugurata la mostra “Sophie Taeuber-Arp. Gelebte Abstraktion” (“Astrazione vivente”), un’ampia retrospettiva interamente dedicata alla vita e alla carriera dell’artista svizzera (Davos, 1889 – Zurigo, 1943), fra le figure più significative del panorama culturale europeo lungo il lasso di tempo che si snoda fra gli anni Venti e gli anni Quaranta.
L’esposizione intende esaminare in modo critico la carriera di Sophie Taeuber-Arp e rileggerla alla luce del ruolo da lei ricoperto all’interno delle Avanguardie storiche. Nonostante la prolifica attività, infatti, questa artista, come altre protagoniste femminili della prima metà del Novecento di cui abbiamo già avuto modo di parlare, non ha goduto della stessa notorietà che ha interessato, in seguito, altri personaggi più noti e studiati, anche a causa della poliedricità della sua produzione, difficilmente collocabile all’interno di un movimento definito.          
La mostra, dopo l’allestimento in Svizzera, nel corso del 2021 verrà proposta anche al Metropolitan Museum of Art di New York e alla Tate Modern di Londra, ma la possibilità di vedere l’interno delle sale e ammirare, seppur attraverso uno schermo, le opere più significative che vi sono esposte viene offerta in realtà ad un pubblico molto più ampio, grazie alla visita guidata online – accessibile sia sul sito internet che nel canale YouTube del Kunstmuseum – condotta da Eva Reifert, che insieme a Anne Umland, Natalia Sidlina e Walburga Krupp ha curato l’esposizione. Si tratta di un’interessante esperienza, che ci offre un valido presupposto per approfondire, a nostra volta, la figura di questa artista.       
Il punto di partenza dal quale ha inizio il racconto della vita di Sophie Taeuber-Arp è la Zurigo dei primissimi anni Venti; la celebre città era stata meta, sin dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, di artisti e intellettuali provenienti da tutta Europa, desiderosi di rifugiarsi nella neutrale Svizzera e anche Sophie, nel 1914, aveva deciso di trasferirvisi. In questo periodo, la sua attività è incentrata sulle arti applicate e in particolare sulla produzione tessile: l’artista si era infatti formata presso la Scuola di Arti e Mestieri di San Gallo, località celebre proprio per la produzione e il commercio di tessuti, e aveva poi proseguito gli studi a Monaco, alla stimata scuola di Wilhelm von Debschitz, specializzandosi anche in scultura lignea.  

Fig. 1 Sophie Taeuber-Arp, Composizione ovale con motivi astratti, 1922.

Nel periodo compreso fra il 1916 e il 1922, Sophie si dedica dunque prevalentemente alla produzione di oggetti tessili, come borse, tappeti e paraventi; i suoi manufatti si distinguono per la sobrietà delle fantasie geometriche, che contrastano con il gusto ornamentale e decorativo che, in quel periodo, dominava le arti applicate e che avrebbe avuto la propria consacrazione alla Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, organizzata a Parigi nel 1925.  In questo ambito, Sophie sembra piuttosto anticipare la successiva esperienza costruttivista.
La natura commerciale, oltre che artistica, di questi oggetti, rende piuttosto difficile ricostruirne l’intero catalogo, ma sono comunque giunti sino a noi alcuni esemplari assai interessanti, come la Composizione ovale con motivi astratti del 1922; i toni prevalentemente caldi sono tipici di questo genere di manufatti, così come le sagome semicircolari alternate ad altre più squadrate, a cui l’artista perviene esercitandosi su bozzetti e disegni preparatori.

Fig. 2 Sophie Taeuber-Arp, Testa Dada, 1920, Parigi, Centre Georges Pompidou – Museo nazionale di Arte moderna.

Nel 1916, a Zurigo, Sophie aveva incontrato il futuro marito, il pittore, scultore e poeta Hans “Jean” Arp (Strasburgo, 1887 – Basilea, 1966), che l’aveva introdotta al circolo di artisti e intellettuali che, di lì a due anni, avrebbero fondato il gruppo Dada, del quale la stessa Sophie, nel 1918, firma il manifesto.         
Oltre a continuare a dedicarsi all’attività artigianale e a intraprendere la docenza presso la Scuola di Arti e mestieri di Zurigo, l’artista inizia quindi a collaborare, anche in veste di interprete e ballerina, agli spettacoli e alle iniziative che hanno luogo presso il Cabaret Voltaire, il quartier generale del movimento, inaugurato nel 1916. Appartiene a questo periodo la serie di Teste Dada, piccole sculture lignee di forma ovoidale e dipinte con i medesimi elementi stilizzati già utilizzati nelle opere tessili. In alcune delle Teste, tali elementi sembrano configurarsi in modo da individuare i tratti somatici di un volto: in una di esse, la critica ha individuato il ritratto di Hans Arp.        
Fra i prodotti più significativi di questa fase vi è anche la serie di marionette, anch’esse in legno e con inserti in tessuto, fabbricate nel 1918 per l’adattamento della favola teatrale di Carlo Gozzi (Venezia, 1720 – 1806) Il re cervo: tali manufatti si distinguono per la modernità con cui sono pensati ed assemblati i corpi, dai tratti essenziali, geometrici meccanizzati; alcuni personaggi, come quello della Guardia appaiono quasi fantascientifici.

Fig. 3 Restituzione del foyer-bar del Palazzo dell’Aubette, 1928, Strasburgo.

Verso il 1925, Hans e Sophie si spostano a Strasburgo e acquisiscono la cittadinanza francese. Nella località alsaziana lei continua a dedicarsi alle arti applicate riceve prestigiose committenze come progettista di mobili e interior designer: proprio in questa veste, nel 1926 viene coinvolta dai fratelli Paul e André Horn nel grandioso progetto del rifacimento dell’ala destra del Palazzo dell’Aubette, un edificio storico risalente alla seconda metà del diciottesimo secolo. Per portare a termine la committenza, Sophie si avvale della collaborazione di Hans Arp e dell’olandese Theo van Doesburg (Utrecht, 1883 – Davos, 1931), fra i fondatori del Neoplasticismo.
La ristrutturazione, conclusa nel 1928, e gli apparati decorativi, in seguito parzialmente distrutti, si configurano come una sorta di grande applicazione dei canoni che lo stesso Doesburg aveva avvalorato sin dal 1917 attraverso la rivista “De Stijl” e che trovavano rispondenza in quanto, contemporaneamente, veniva teorizzato e insegnato al Bauhaus di Weimar, inaugurato da pochi anni. La compenetrazione di arte e architettura, l’utilizzo di colori primari disposti in armonia fra loro e le decorazioni geometriche ed essenziali, ancora oggi ben visibili grazie al recupero delle decorazioni condotto a partire dagli anni Ottanta, sono fra i capisaldi della ricerca estetica condotta in questa sede dai tre artisti, che si inserisce nel più ampio dibattito internazionale sull’astrattismo.        

Fig. 4 Sophie Taeuber-Arp, Quatre espaces à croix brisée, 1932, Centre Georges Pompidou – Museo nazionale di Arte moderna.

A partire dagli anni Trenta Sophie Taeuber-Arp inizia ad affiancare alle sue numerose attività la pratica della pittura, anche grazie al trasferimento a Meudon, alle porte di Parigi, e all’incontro con gli artisti che gravitano intorno alla rivista “Cercle et Carré” e che confluiranno poi nel movimento astrattista internazionale Abstraction – création, a cui aderiscono anche, fra gli altri, Piet Mondrian (Amersfoort, 1872 – New York, 1944), Vasilij Kandinskij (Mosca, 1866 – Neuilly-sur-Seine, 1944), Alexander Calder (Lawnton, 1898 – New York, 1976) e lo stesso Hans Arp. In questo contesto, nel 1930 l’artista espone per la prima volta ad una mostra di pittura e, nel corso degli anni Trenta, diviene esponente di punta del Costruttivismo e dell’Astrattismo geometrico. Numerosi dipinti testimoniano l’evoluzione del suo personale linguaggio, che si contraddistingue per la ricerca di una simmetria imperfetta, per l’utilizzo di contrasti cromatici, su fondi prevalentemente chiari, e per la contrapposizione fra sagome essenziali spesso disposte in modo speculare. In ciò, si contrappone all’opera del marito Hans, che sarà sempre ispirata prevalentemente al mondo organico.          

Fig. 5 Sophie Taeuber-Arp, Sorgissant, tombant, adhérant, volant¸ 1934, Basilea, Kunstmuseum.

Un elemento ricorrente nei dipinti di questo periodo è il cerchio, utilizzato per scandire le tele e conferire movimento e ritmo alle composizioni, nelle quali persiste la ricerca di equilibrio, sia formale che cromatico. In una serie di rilievi del 1936, inoltre, l’artista, anche in questo caso con lungimiranza, esplora il tema della tridimensionalità, sovvertendo il tradizionale concetto di tela. Da queste sperimentazioni derivano opere dinamiche, nelle quali gli stessi elementi geometrici si distaccano dalla superficie e creano differenti effetti ottici, a seconda del punto di vista dal quale li si osserva.
Questa ulteriore fase della carriera dell’artista viene consacrata nel 1937, in occasione di una grande mostra di arte contemporanea alla quale espone più di venti opere e che vede, fra gli altri, anche la presenza di Kandinskij e Mondrian.     
Tuttavia, se il panorama culturale parigino continua ad essere animato da una considerevole vivacità, la situazione sociale e politica è diversa: è ormai scoppiata la Seconda Guerra Mondiale e nel 1940 l’esercito nazista invade la Francia. Quello stesso anno, Sophie e Hans fuggono a sud del paese, per scampare all’occupazione di Parigi.           
Nei mesi trascorsi nella cittadina di Grasse, Sophie, a causa della scarsità di mezzi a propria disposizione, si dedica prevalentemente alla realizzazione di bozzetti e disegni e illustra alcune raccolte di poesie scritte dal marito. Nel 1943, i due riescono a fare ritorno a Zurigo, ma di lì a poco Sophie morirà prematuramente, a causa di un’accidentale intossicazione da monossido di carbonio; l’ultima sala della mostra è dedicata proprio ad una panoramica sui suoi numerosi progetti all’epoca in corso di elaborazione e alle opere grafiche.   
L’esposizione in scena al Kunstmuseum si inserisce in quel processo di riscoperta di Sophie Taueber-Arp che ha interessato gli ultimi decenni; la carriera e la vita dell’artista svizzera, spesso accostate a quelle del marito Hans, sono state infatti trattate in occasione di diversi eventi, sia italiani che internazionali. L’esposizione di Basilea è quindi un’ulteriore occasione per conoscere più a fondo la produzione di questa artista e i numerosi modi attraverso i quali ebbe modo di contribuire ai dibattiti artistici della sua epoca, sia ricoprendo ruoli di primo piano, sia, ed è questo uno degli aspetti più interessanti, traducendo l’Avanguardia anche in oggetti di uso quotidiano, dagli accessori ai mobili, in un’epoca in cui il design moderno era ancora agli albori.  

Chiara Franchi



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