La biblioteca, una storia mondiale di James W. P. Campbell e Will Pryce

La biblioteca è un luogo che immancabilmente viene collegato alla lettura, alla letteratura e più in generale alla cultura e al suo sviluppo nel corso della storia. La biblioteca è un luogo di trasmissione del sapere che permette ai suoi visitatori di entrare in contatto con le opere più importanti della storia dell’umanità ed è anche un luogo di condivisione per quell’atmosfera intima e silenziosa che si viene a creare nelle sue sale di lettura.
James W. P. Campbell nel tracciare la storia mondiale della biblioteca prende in considerazione in modo particolare lo sviluppo architettonico e artistico di questi edifici, ma per farlo non può che descrivere allo stesso tempo anche lo sviluppo della nostra cultura che passa attraverso tutte quelle innovazioni che hanno al centro i libri come oggetti. Campbell, utilizzando una prosa chiara ed estremamente scorrevole, descrive lo sviluppo degli edifici adibiti a biblioteche partendo dall’antichità, dalla Mesopotamia, fino ad arrivare ai giorni nostri ed è aiutato in questo dalle bellissime fotografie di Will Pryce che non sono solamente un complemento di questo volume ma coprotagoniste insieme ai testi che illustrano e descrivono lo stile architettonico delle diverse biblioteche.

Fig. 1 Immagine che ritrae il libro di James W.P. Campbell e Will Pryce, La biblioteca una storia mondiale.

L’autore fa iniziare il suo viaggio dalla biblioteca di Ebla, in Mesopotamia appunto, forse la più antica al mondo, un piccolo locale, quasi uno sgabuzzino, in cui venivano conservate le tavolette d’argilla che costituivano all’epoca il supporto per la scrittura. Come sottolinea Campbell è interessante notare come già in un’epoca così antica esistesse quella separazione degli spazi che oggi ci è così famigliare: la stanza in cui erano custodite le tavolette era infatti separata da un’altra stanza attigua che era quella dove gli scribi potevano leggere e consultare i manufatti.
E da questo primo esempio veniamo in contatto anche con lo sviluppo stesso del libro come oggetto materiale e con il cambiamento del supporto alla scrittura: si parte infatti con delle tavolette d’argilla che in molti casi sono giunte fino a noi perché anche gli incendi in realtà le hanno fortificate facendo sì che l’argilla si asciugasse ancora di più rendendole più durature, si passa attraverso i rotoli di papiro che costituivano un patrimonio tanto vasto ma anche tanto fragile da essere conservato, si arriva poi ai rotoli di pergamena che venivano realizzati dalle pelli degli animali e che quindi avevano un costo molto elevato. Una delle rivoluzioni del mondo della scrittura e quindi della cultura fu il passaggio dai rotoli al volume, quindi alla forma del libro a cui ancora oggi siamo abituati; l’altra invenzione che cambiò per sempre il mondo della scrittura e della lettura fu quella della stampa, che anche grazie all’impiego sempre più massiccio della carta, permise di mettere sul mercato e quindi a disposizione dei lettori sempre più libri che necessitarono di spazi sempre più grandi per essere conservati.

Fig. 2 Incisione che rappresenta l’attività di una stamperia.

Della maggior parte delle biblioteche dell’antichità greca e romana sono giunti fino a noi solamente dei resti e quindi possiamo solo immaginarci come fossero questi edifici. Dovevano sicuramente essere degli ambienti grandiosi e dall’aspetto monumentale, anche se molto probabilmente non contenevano moltissimi libri perché all’epoca non se ne producevano in quantità, essendo la scrittura e la lettura attività accessibili ad una cerchia molto ristretta di persone. Nel libro si parla della biblioteca della città di Pergamo risalente al 197-160 a.C. circa; della famigerata biblioteca di Alessandria d’Egitto, la più famosa biblioteca dell’antichità che secondo alcune testimonianze arrivava a contenere fino a 700000 opere (secondo una stima recente si suppone che in realtà dovesse contenere circa 15000 rotoli di papiro) e di cui però non sappiamo praticamente nulla del suo edificio perché lo scorrere del tempo non ne lasciò traccia; ma anche delle biblioteche pubbliche romane come quella delle Terme di Caracalla e del Foro traianeo a Roma.
Una delle biblioteche dell’antichità che si è conservata meglio è sicuramente la biblioteca di Celso a Efeso e proprio da questo edificio Campbell inizia a descrivere l’evoluzione dell’architettura di questi edifici. Le biblioteche romane molto probabilmente erano sdoppiate, cioè avevano ambienti separati ma speculari per le opere in lingua latina e quelle in greco, anche se alcuni studiosi non concordano su questa regola generale. Inoltre tutte le biblioteche pubbliche romane erano accomunate da alcune caratteristiche: erano delle grandi stanze, dalle dimensioni importanti; lungo tutte le pareti correva una piattaforma rialzata, dove si spostavano i bibliotecari per andare a reperire i libri e nelle pareti si aprivano delle nicchie che, chiuse da ante di legno, dovevano contenere i rotoli di papiro sui quali venivano stese le opere.

Fig. 3 Biblioteca di Celso, Efeso, Turchia, 135 d.C.

Campbell poi passa a descrivere lo sviluppo delle biblioteche nel medioevo e lo fa prendendo in considerazione anche l’oriente: infatti molte delle innovazioni che interessarono la produzione libraria occidentale erano già presenti nei paesi asiatici (si usavano già da prima dell’anno mille delle matrici in legno per poter stampare sui tessuti con un procedimento molto simile a quello che verrà introdotto in occidente da Gutenberg e la carta era impiegata nell’amministrazione cinese molto prima che venisse utilizzata in Europa) e se in occidente nel medioevo la produzione di manoscritti era limitata e non prevedeva l’occupazione di molto spazio, in Oriente si iniziavano a costruire interi edifici per conservare i testi sacri come il tempio di Haeinsa in Corea del Sud che conserva le matrici in legno per la stampa dei Tripitaka Koreana, ovvero la serie completa delle sacre scritture buddiste.
Campbell quindi citando Il nome della rosa afferma che in realtà nel medioevo e soprattutto in Europa non esistevano delle biblioteche così grandi come quella ricostruita da Umberto Eco nel suo famosissimo romanzo e poi resa scenicamente dalla sua trasposizione cinematografica. Campbell sottolinea come i libri fossero dei beni di lusso perché le materie prime che venivano utilizzate per la loro realizzazione erano costose (basti pensare che per la realizzazione di una Bibbia di 1000 pagine venivano usate 250 pelli per realizzare la pergamena, ovvero 250 pecore) e allo stesso modo richiedevano grande attenzione da parte del copista che si occupava della trascrizione del testo. L’autore quindi sostiene che le maggiori collezioni monastiche del XII secolo comprendevano meno di 1000 libri, poche raggiungevano le 500 copie e la maggior parte arrivava a 100 libri. Proprio per questo lo spazio occupato da queste collezioni non era molto e all’inizio questi volumi erano conservati in apposite cassapanche, nicchie e armadi. Nei monasteri quindi inizialmente non c’era una stanza dedicata appositamente alla conservazione dei libri e alla loro consultazione, quindi i monaci prendevano i libri a cui erano interessati e li andavano a leggere nella parte dell’abbazia in cui c’era più luce, ovvero nei chiostri. Solo in un secondo momento si sentì l’esigenza di adibire una stanza alla conservazione e alla consultazione dei libri: questa stanza doveva essere luminosa e priva di umidità e spesso veniva costruita sopra uno dei lati del chiostro, al primo piano dell’edificio quindi, come nella cattedrale di Wells nel Regno Unito o nella biblioteca capitolare di Noyon in Francia.

Fig. 4 Biblioteca Malatestiana, Cesena, 1452 (foto di Will Pryce).

Tra la fine del XV e il XVI secolo la diffusione della tecnica della stampa e l’uso della carta fecero sì che la produzione dei libri diventasse più semplice e con costi più contenuti. Le collezioni dei libri dei nobili e dei monasteri europei iniziano quindi ad ingrandirsi e ad avere bisogno di nuovi spazi dove essere conservate. Si possono citare allora le bellissime biblioteche del Rinascimento italiano: la Biblioteca Malatestiana di Cesena (1452), la Biblioteca Marciana di Venezia su disegno di Sansovino (1564) e la Biblioteca Laurenziana di Firenze (1571) progettata da Michelangelo. La progettazione architettonica qui raggiunge la sua perfezione e crea degli ambienti unici che affascinano i lettori di ogni paese e di ogni epoca.
Il numero dei libri conservati era ancora modesto quindi erano praticamente tutti esposti sui leggii che occupavano nella loro interezza queste sale e data la loro preziosità i libri erano anche incatenati a questi leggii in modo tale da prevenire i furti.

Fig. 5 Biblioteca Laurenziana, Firenze, 1571.

Dagli anni Ottanta del XVI secolo si affaccia una nuova tipologia di biblioteca, ovvero la biblioteca a stalli che è attestata per la prima volta al Merton College di Oxford: sopra al banco su cui si potevano sfogliare i libri fanno la loro comparsa le prime scaffalature in legno che dovevano ospitare il sempre crescente numero di libri. Con questi nuovi arredi la sala della biblioteca era divisa in tanti piccoli settori, in tanti spazi, da qui quindi la denominazione di biblioteca a stalli.
Questa disposizione ebbe notevole successo e non passò molto prima che venisse introdotta anche in altri edifici come nella Duke Humfrey’s Library di Oxford (1595), nella Biblioteca della cattedrale di Wells e nella Biblioteca del Queen’s College di Cambridge (metà del XVII secolo).

Fig. 6 Biblioteca del Merton College, Oxford, Regno Unito, 1589.

Arrivano poi i due capitoli dedicati alle biblioteche del XVII e XVIII secolo che sono un trionfo di ricchezza sia per quanto riguarda le collezioni di libri che ospitano sia per quanto riguarda la loro progettazione architettonica e la loro decorazione. Le immagini di Will Pryce lasciano il lettore a bocca aperta e lo fanno immergere in dei luoghi davvero spettacolari che suscitano sicuro interesse negli appassionati di letteratura e del libro in tutte le sue forme.
Si afferma in questi due secoli il modello della biblioteca a muro: le sale diventano sempre più grandi e arrivano anche a 100 metri di lunghezza e lungo queste pareti si trovano gli scaffali che contengono i libri. La prima biblioteca a muro è quella dell’Escorial in Spagna, realizzata nel 1585, che incanta per la sua grandiosità e tra le prime costruzioni che adottano questo sistema troviamo anche la Biblioteca Ambrosiana di Milano del 1609.

Fig. 7 Biblioteca dell’Abbazia di Admont, Austria, 1776.

In seguito i capitoli dedicati al Seicento e al Settecento non devono illustrare particolari cambiamenti che coinvolgono la disposizione delle biblioteche ma si dedicano a descrivere molti di questi ambienti dall’aspetto sontuoso e finemente decorati da affreschi allegorici o da statue che rappresentano le varie branche del sapere umano, ambienti che nella mente dei lettori diventano i prototipi della biblioteca per eccellenza.
Gli edifici approfonditi da Campbell sono moltissimi e giusto a titolo d’esempio ve ne cito qualcuno: la Bodleian Library di Oxford (1612), La sala Teleologica del monastero di Strahov a Praga (1679), la Biblioteca Joanina a Coimbra (1728), la Biblioteca del palazzo di Mafra (1771), per non parlare delle straordinarie biblioteche austriche e tedesche come la Hofbibliothek di Vienna, la Biblioteca dell’Abbazia di Wiblingen e la Biblioteca dell’Abbazia di Admont.

Fig. 8 Biblioteca dell’Abbazia di Wiblingen, Germania, 1744.

L’Ottocento e il Novecento poi sono i secoli in cui sorgono sempre nuove biblioteche pubbliche che non si limitano più ad occupare una sola sala, per quanto grande e capiente, ma interi edifici che vengono costruiti proprio per conservare i libri e per accogliere i lettori che li vogliono consultare. Vengono utilizzati nuovi materiali come il ferro prima e l’acciaio poi per la costruzione delle biblioteche in modo tale da arginare i pericoli degli incedi che sempre di più preoccupavano da quando venne introdotta l’illuminazione a gas. Grazie all’illuminazione artificiale cambia l’impostazione generale degli edifici e gli architetti possono ridurre le dimensioni delle finestre presenti nelle sale di lettura che in passato da sole garantivano la giusta quantità di luce. Nel XIX e XX secolo diventa netta la separazione degli spazi e diventa necessario quindi dividere la sala di consultazione dai depositi che devono contenere un numero sempre in costante aumento di libri, sempre più importanti diventano anche gli schedari che permettono di catalogare la collezione della biblioteca e permettono ai lettori di trovare con più facilità i testi di cui sono alla ricerca.
La Bibliothèque Saint-Geneviève di Parigi, progettata da Henri Labrouste e terminata nel 1850, è una delle prime biblioteche ad essere costruita con elementi in ferro come il tetto che è sostenuto da 16 colonne anch’esse in ferro. La New York Public Library, realizzata sul progetto di Carrère e Hastings, venne costruita in 16 anni (dal 1895 al 1911) e rappresenta a pieno la nuova disposizione che le biblioteche stavano assumendo: l’imponente sala di lettura è posta all’ultimo piano dell’edificio, mentre sotto di essa c’è spazio per ben otto piani di scaffalature che contengono i libri della sua collezione.

Fig. 9 Bibliothèque Sainte-Geneviève, Parigi, Francia, 1850.

Nel Novecento poi si passa da edifici che riprendono le forme classiche del passato a edifici modernisti che adottano nuove forme di costruzione e nuove disposizioni degli interni come la Beinecke Library, biblioteca dell’Università di Yale progettata da Gordon Bunshaft: qui l’architetto decise di realizzare una struttura a scatole cinesi, all’esterno troviamo un edificio rettangolare dalle pareti in marmo traslucido, in modo che la luce riesca a filtrare, e all’interno un’altra enorme scatola in vetro climatizzata per contenere i libri. Il risultato è estremamente d’impatto e dall’aspetto molto moderno.
Per concludere vorrei citare l’edificio della Bibliothèque Nationale di Parigi progettato da Dominique Perrault e inaugurato nel 1996: ci troviamo di fronte ad una biblioteca che rende evidente la tanta strada che si è compiuta a livello architettonico partendo dalle antiche biblioteche greche e romane e passando per le grandi sale di lettura roccocò; ci troviamo di fronte ad un edificio che è costituito da quattro grandi torri a L che delimitano una superficie rettangolare al centro, le torri custodiscono l’immenso patrimonio librario della biblioteca, mentre al centro c’è spazio per ampie sale di lettura e anche per un giardino.

Fig. 10 Biblioteca nazionale francese, Parigi, 1996.

Ho cercato in questo articolo di farvi capire il meraviglioso viaggio che James Campbell e Will Pryce fanno intraprendere ai lettori de La biblioteca, una storia mondiale e spero di avervi incuriosito abbastanza. Il volume è davvero un gioiello che ogni appassionato di libri dovrebbe leggere e possedere.

Alessandro Audisio

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