“Interruzione, incoerenza, sorpresa sono le normali condizioni della nostra vita. Sono diventate finanche dei bisogni reali per tante persone le cui menti non sono più nutrite (…) da nient’altro che mutamenti repentini e sempre nuovi stimoli (…). Non riusciamo più a sopportare nulla che duri. Non sappiamo più come mettere a frutto la noia. (…) L’intera questione si riduce dunque a questo: può la mente umana dominare ciò che ha creato? ” Paul Valéry
Chi mi conosce bene sa il legame profondo che mi lega a Giovanni Testori (Novate Milanese 1923- Milano 1993), una delle personalità più irrequiete e controverse del XX secolo. Testori è stato un pittore, uno scrittore, un drammaturgo e uno torico dell’arte, insomma un intellettuale a trecentosessanta gradi. Ho già speso tante parole su questa figura poliedrica che ha reso unici alcuni luoghi e innumerevoli opere d’arte delle terre in cui sono nato e dove tutt’oggi vivo. Qualche anno fa, infatti, ho pubblicato su un altro blog per il quale scrivevo, non dissimile da questo (per intenti e finalità, che ahimè per varie vicissitudini ha dovuto cessare la sua attività) una lunga trattazione sulla sua figura e l’anno scorso ho organizzato, non senza fatiche e tra tanti ostacoli, una rassegna di storia dell’arte che aveva come cuore pulsante la figura di Testori. Oggi a quasi un anno dalla fine di quella rassegna torno, un po’ amareggiato, a dire ancora qualche parola su questo personaggio straordinario del nostro bel paese, o meglio del mio bel paese.
Recentemente ho avuto modo di sfogliare, con qualche attenzione, la Letteratura italiana Einaudi, corposa opera in venti volumi, edita dal 1982 al 2000 e curata dal critico letterario Alberto Asor Rosa. Ebbene da questa monumentale opera critica, Giovanni Testori è, con mio grande rammarico, il grande assente. Una misera citazione all’interno dell’opera compare nella parte relativa al dizionario degli autori, che si limita a citare le opere dello scrittore senza analisi critica né alcun tipo di intervento storiografico. Credo che questa assenza sia un disvalore ad un’opera che porta il peso della universalità e che come tale si impone alle nuove, come alle vecchie generazioni, quale caposaldo critico e compendio di una presunta storia della letteratura italiana. E la questione si fa ancor più grave quando si viene a conoscenza che la prima opera narrativa di Testori, ossia il Dio di Roserio è stata pubblicata proprio da Einaudi nel 1954. Sovente poi non compare nemmeno nei manuali delle scuole superiori, ormai sempre più disgraziati, dove oltre a Testori, innumerevoli sono gli assenti che invece dovrebbero essere studiati e letti, quindi conosciuti. Breve, un po’ superficiale e decisamente datata (1981) è anche la voce che gli dedica il Dizionario degli Italiani Treccani, la cui redazione è curata da Alessandra Briganti.
Spesso ho sentito dire che Testori non era un vero critico d’arte perché il tratto distintivo della sua critica era prettamente drammatico e quindi teatrale, spesso ho sentito dire che non era un vero drammaturgo perché si dedicava anche alla letteratura, alla storia dell’arte e alla pittura, spesso taluni lo hanno criticato come pittore perché faceva anche teatro e così via. Ma bisogna solo dipingere per essere pittori, bisogna solo scrivere di teatro per essere drammaturghi, bisogna solo scrivere per essere degli scrittori, bisogna solo fare storia e critica dell’arte per essere degli storici e dei critici d’arte? La risposta che ogni persona di media cultura dovrebbe darsi è No. Probabilmente Testori è stato escluso dalla gara perché la sua poliedricità non gli ha permesso, né gli permette tuttora, di rientrare in quella o quell’altra “categoria” o peggio sotto qualche triste “etichettatura” ormai indispensabile in questa misera società globalizzata, dove il livello culturale di una persona tende a scemare fin anche a scomparire del tutto. Qualche riconoscimento gli è stato dato solo in anni recenti come storico e critico d’arte e come drammaturgo, ma pochi e scarsi continuano ad essere gli forzi per annoverarlo come scrittore e soprattutto come pittore. Non conosco le ragioni per cui Giovanni Testori, allievo del grande Roberto Longhi (che pure è presente all’interno dell’opera di Asor Rosa) non rientri nella Letteratura italiana Einaudi, tuttavia credo che sia una mancanza che certo bene non fa né all’opera in se, né alle persone che vorrebbero conoscere di più Giovanni Testori come scrittore e anche come drammaturgo. Escluso forse perché troppo campanilista (ha trattato spesso temi riguardanti la sua adorata città: Milano), tuttavia non credo che sia una ragione sufficiente per estrometterlo da una importante trattazione come quella in questione. Dobbiamo sforzarci di uscire dai luoghi comuni e dalle etichettature per le quali una persona o fa una bene una cosa oppure ne fa un’altra, o è questo o è quell’altro.
Per capire un fenomeno bisogna indagarlo in tutte le sue componenti e per farlo bisogna essere messi in grado di acquisire conoscenze atte alla sua comprensione. È dovuto passare molto tempo perché la critica d’arte di Testori fosse riconosciuta dal “grande pubblico” (che purtroppo è ancora per la maggior parte un pubblico di aridi addetti ai lavori) e questo a causa di un modo di vedere la storia dell’arte e più in generale l’arte non conforme con i “normali” (direi quasi banali) metodi di intendere la storia dell’arte che ancora oggi attanagliano gli storici dell’arte e che guardano a Testori con un occhio, mentre l’atro è sempre rivolto alla filologia. Come se Testori fosse un profano della disciplina a cui rifarsi ma non troppo: per carità, non era un filologo! Questo procedimento di lenta rivalutazione è poi avvenuto anche per quanto riguarda la drammaturgia: un pochino, ma non troppo mi raccomando. L’auspicio è che qualche riconoscimento avvenga al più presto anche per quanto riguarda la letteratura, ma è più un sogno utopico e non so se accadrà mai nella realtà. La speranza però, si sa, è l’ultima a morire.
Per approfondire la conoscenza di Giovanni Testori come scrittore segnalo una breve bibliografia critica a cui il lettore può rifarsi per cercare di tamponare le gravi lacune che avvolgono la moderna storiografia.
Bibliografia: G. Mariani, La giovane narrativa italiana tra documento e poesia, Firenze 1962; R. Barilli, La barriera del naturalismo, Milano 1964; A. Guglielmi, Vero e falso, ivi 1968; E. Ghidetti, G. Testori, in I Contemporanei, VI, ivi 1974; C. Bo, Interventi sulla narrativa italiana contemporanea (1972-75), Treviso 1976, pp. 32-33; G. Gramigna, Interventi, cit., pp. 57-61, 90-101. Segnalo inoltre la recente riedizione economica de I segreti di Milano, Feltrinelli 2012.
Per sapere di più su Giovanni Testori come critico e storico dell’arte, rinvio al mio passato intervento:
https://seicappelli.wordpress.com/2015/07/06/il-mio-giovanni-testori-di/
https://seicappelli.wordpress.com/2015/07/08/il-mio-giovanni-testori-parte-2/
Marco Audisio
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