Modigliani a Genova

Quello che cerco non è né il reale né l’irreale, ma l’inconscio, il mistero istintivo della razza. Amedeo Modigliani

Nel susseguirsi inesorabile delle mostre su Amedeo Modigliani, a dire il vero non sempre brillanti, l’esposizione monografica in scena fino al prossimo 16 luglio 2017 nelle sale del piano nobile di Palazzo Ducale a Genova, curata da Rudy Chiappini, Dominique Viéville, Stefano Zuffi e da Mondo Mostre Skira, sembra celare sorprese positive e inaspettate.

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Amedeo Modigliani, Paesaggio toscano, 1898-1899, Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

 Quella genovese non è una mostra che segue il percorso artistico di Modigliani (1884-1920) in maniera cronologica, ma viceversa adotta un percorso tematico suddiviso in otto sezioni. Anche se personalmente ritengo il criterio cronologico più adatto ad una esposizione monografica, in questo caso, la scelta tematica non compromette l’obbiettivo della linearità e della chiarezza. Salendo il monumentale e bellissimo scalone di Palazzo Ducale si viene inseguito catapultati in un ambiente raccolto e dalla luce soffusa dove un video, realizzato da Rudy Chiappini, racconta la vita di Amedeo Modigliani, nato a Livorno il 12 luglio 1884 da una famiglia ebrea (Flaminio Modigliani ed Eugenia Garsin sono i suoi genitori), che al tempo della sua nascita era ormai sull’orlo della banca rotta a causa del fallimento dell’azienda di legno e carbone che Flaminio possedeva in Sardegna. Il video è sintetico ma chiaro e analizza i vari periodi della vita e della carriera artistica di Dedo fino al momento della sua prematura scomparsa, avvenuta a Parigi il 24 gennaio 1920 a soli trentasei anni.

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Amedeo Modigliani, Testa scultorea, 1910-1911, Milano, collezione Guido Guastalla

Dopo essersi fermati a vedere il filmato, si passa poi all’esposizione vera e propria che inizia con un dipinto di Modigliani appartenente alla sua primissima fase pittorica, ovvero quella livornese, dove, entrato nell’atelier del pittore Guglielmo Micheli allievo del macchiaiolo Giovanni Fattori, elabora uno stile che segue le orme del maestro. Il Paesaggio toscano di Modigliani è esemplificativo di questa sua primissima adesione agli stilemi macchiaioli e divisionisti presto abbandonati verso ricerche pittoriche decisamente più d’avanguardia. Nell’atelier di Micheli, Amedeo farà amicizie importanti, tra le quali non si può fare a meno di ricordare quella con il pittore Oscar Chiglia. Sul finire dell’Ottocento, Amedeo è un giovane curioso e appassionato e visita diverse città italiane come Siena, Firenze e Venezia dove conosce e apprende la lezione degli antichi maestri come Duccio di Boninsegna, Simone Martini, Botticelli, Giovanni Bellini e Carpaccio, fondamentali per l’elaborazione del suo nuovo ed imminente linguaggio pittorico. A Venezia, grazie al contributo economico dello zio, si iscrive alla Scuola Libera di nudo dove inizia ad elaborare un suo personale linguaggio figurativo.

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Amedeo Modigliani, Nudo femminile seduto, 1916-1917, Prato, Farsettiarte

Arriva a Parigi nel 1906, un anno cruciale: era appena morto Cezanne. Modigliani rimane folgorato della lezione cezanniana, nel 1907 infatti, a Parigi, andava in scena un’importantissima retrospettiva del maestro di Aix en Provence. Nei quartieri di Montmartre e Monparnasse conosce al Lapin Agile un nutrito gruppo di artisti e intellettuali che influenzeranno la sua visione dell’arte e della vita. Primo fra tutti è lo spagnolo Pablo Picasso, seguito da Chaim Soutine e da colui che diverrà per Modì il migliore amico di sempre: Moise Kisling. In questi luoghi della Parigi bohèmien d’inizio secolo Dedo conosce il poeta e scrittore Max Jacob, il drammaturgo e sceneggiatore Jean Cocteau, l’attrice Beatrice Hastings, in seguito divenuta sua amante, la poetessa russa Anna Achmatova e lo scultore rumeno Constantin Brâncuşi: questi ultimi saranno per Amedeo figure cardine del suo pensiero artistico e intellettuale; a Parigi ha modo di conoscere direttamente o indirettamente anche artisti come Gauguin, Van Gogh e Renoir.

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Amedeo Modigliani, Cariatide a genoux, 1913 circa, USA, collezione privata

Nella mostra di Genova queste vicende biografiche della vita di Modì sono esemplificate in due sezioni che seguono quella dedicata alla prima fase pittorica dell’artista. In quella immediatamente successiva è raccontata la passione di Modigliani per la scultura, un amore iniziato durante gli anni di formazione livornese e bruscamente interrotto a causa del ritorno della tisi che, già in fanciullezza, aveva duramente segnato la salute del giovane artista. La scultura per Modigliani (anche se non ancora dimostrato scientificamente) è in realtà la prima forma espressiva con la quale inizia a esprimersi come artista e di cui ci rimangono pochi e controversi esemplari. In mostra questa fase è raccontata attraverso i disegni di teste e cariatidi che Modì realizza come studi preparatori e che spesso non troveranno una compiuta forma tridimensionale. A causa del suo precario stato di salute, accentuato da una vita sregolata, Modì (che in quel periodo incarna la figura del dandy raffinato), troverà il modo di far approdare questo suo amore per la scultura all’interno dei dipinti della sua fase matura. Abbacinato dalla scultura greca ed egizia (ma anche da quella di Michelangelo) e soprattutto da quella africana, studiata lungamente nella sale del Louvre, Dedo, grazie anche ai preziosi consigli di Brâncuşi, giunge ad elaborare un linguaggio scultoreo prima e pittorico dopo del tutto personale e senza precedenti. Il disegno, come la scultura è pura essenzialità e tende alla bellezza ideale svuotata di ogni senso materiale e terreno. In questa sezione, oltre ai disegni, è assolutamente straordinario il Ritratto di giovane dai capelli rossi o di studente del 1919, conservato a Bruxelles, dove emerge quel senso di idealità e di mistero reso dall’allungamento delle forme e dall’assenza delle pupille; gli occhi riprendono lo sfondo del dipinto e tutt’attorno alla sagoma dell’effige si nota uno schiarimento dei toni azzurro-grigi, come se attorno alla figura ci fosse un campo di energia spirituale, una sorta di aura mistica. Modigliani conosceva bene le teorie teosofiche e antroposofiche, apprese durante le innumerevoli serate passate nei caffè parigini, luogo di raduno d’eccellenza dei più importanti intellettuali del tempo. La figura rappresentata diventa quindi idolo e non più uomo, maschera e non più individuo: la personalità si tramuta in idealità, la bellezza terrena diviene bellezza divina e quindi assoluta.

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Amedeo Modigliani, Giovane coi capelli rossi o Lo studente, 1919, Bruxelles, KAD gallery

Anche nella sezione successiva, dedicata agli amici parigini, i Ritratti di Soutine, di Monsieur Chéron (primo gallerista di Modì) e di Moricand non vogliono solo tendere all’essenzialità ma in qualche modo, pur mantenendo le fisionomie reali degli effigiati,  Modigliani riesce a trasformare la forma umana in forma ideale e quindi a tendere all’infinito.

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Amedeo Modigliani, Ritratto di Chaim Soutine, 1917, collezione privata

A Parigi, Modì si iscrive all’Accademia Colarossi, una scuola di nudo, dove affina le sue doti di disegnatore e realizza alcuni dei nudi più belli della sua carriera artistica. In mostra sono esposti diversi di questi superbi disegni come Nudo accovacciato del 1910-1911, l’Ermafrodito (1913 circa), e Nudo femminile seduto (1916-17). In questa sezione sono presenti anche disegni di cariatidi come Cariatide a genoux (1913) e la grande Cariatide rossa (1914). L’intensità di queste statue disegnate, dove grande attenzione era stata prestata al capolavoro delle Demoiselles d’Avignon di Picasso del 1907, sono esemplificative del modus operandi adottato da Modì, un modo di procedere per sottrazione fino a giungere all’essenza stessa della forma. Magnetico è anche il Nudo disteso (1918 circa) presente in mostra, un’opera dall’esibito quanto erotico nudo integrale (sconcertante per il tempo a causa dell’esibizione dei peli pubici), che cela nelle morbide linee curve tutte le ricerche messe in pratica da Modigliani negli ultimi anni parigini. Una sezione è poi dedicata all’amico polacco Moise Kisling, anch’egli pittore ed uno dei massimi esponenti di quella che sarà chiamata l’Ecole de Paris, il quale strinse con Dedo un rapporto che andò oltre l’amicizia, sfociando quasi in un amore fraterno.

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Amedeo Modigliani, Nudo disteso (Ritratto di Céline Howard), 1918, Svizzera, collezione privata

Le ultime sezioni della mostra sono dedicate alle donne e alle amanti di Modigliani da Hanka Zborowska (moglie dell’amico e grande mecenate di Amedeo, Leopold Zborowski), all’attrice Beatrice Hastings fino al grande amore della vita di Dedo: Jeanne Hebuterne, conosciuta all’Accademia Colarossi. Jeanne, donna di bellezza e intelligenza imparagonabili, è stata per Dedo un’amante fedele, una modella leale, un’amica e finanche una confidente che, straziata dal dolore per la morte di Dedo, si gettò, il giorno dopo l’aver appreso della scomparsa del compagno, dal nono piano della casa dei genitori, facendo perdere la vita anche al figlio che aspettava da Amedeo stesso. Le opere di questa sezione sottolineano sempre di più il profondo legame di Modì con la scultura; alcuni ritratti infatti sono realizzati con le tonalità della terracotta, come il rosso, l’ocra e il marrone, a sottolineare la vicinanza con la scultura e il modellato plastico. La mostra si chiude con il Grande nudo proveniente dal museo di Anversa; ancora una volta un nudo esibito, erotico ed emblematico dello stile inconfondibile di un italiano, di Amedeo Modigliani, il toscano dai colli lunghi.

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Amedeo Modigliani, Ritratto di Hanka Zborowska, 1917, Milano, collezione privata

Come già accennato, la mostra è concepita con giudizio, utilizzando quel buon senso che oggi sempre più spesso viene meno nell’organizzazione di questo tipo di eventi espositivi. Le opere sono bene illuminate, l’audioguida è sintetica ma completa e non si interrompe bruscamente come mi è capitato in numerose mostre visitate. Il catalogo, edito da Skira, non esageratamente caro (35 euro) sa raccontare abbastanza bene chi è stato Modigliani e com’è organizzata la mostra; ha alla fine del volume delle sintetiche schede delle opere e una buona bibliografia generale. Unica pecca: non ho capito perché nella didascalia che segnala il numero da digitare sull’audioguida, quest’ultimo è stato sistemato lateralmente e non in corrispondenza del dipinto stesso; questa scelta risulta un po’ infelice. L’allestimento è costituito da espositori monolitici a forma di parallelepipedo a cui sono appese le opere e danno al percorso una sensazione di ordine, linearità e anche di consistenza: un modo intelligente di creare degli spazi e dare a quegli stessi spazi un senso compiuto legandoli alle opere.

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Amedeo Modigliani, Ritratto di Moise Kisling, 1915, Milano, Pinacoteca di Brera

Avrei voluto aggiungere molto di più su uno degli artisti a me più cari e che considero tra i più straordinari artisti del XX secolo, ma lo spazio non me lo consente. Ho volutamente omesso quella parte di leggenda che vede l’artista al centro di scandali legati al sesso, all’alcool e alle droghe, ho cercato invece di mettere a fuoco ciò che conta di più per uno storico dell’arte: raccontarvi Modigliani l’artista attraverso le opere e non Modigliani il genio, o peggio il mito: quello è compito della letteratura e dei romanzi. Se volete sapere chi era il Modigliani artista, andate nell’affascinante Genova e scopritelo.

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Amedeo Modigliani, Nudo accovacciato, 1917, Anversa, Koninklijk Museum

 Marco Audisio

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