Viaggio a NEW YORK – Andata

A Milano, l’arte contemporanea si fa in due: fino al prossimo 17 settembre è infatti possibile visitare la mostra New York, New York. Arte italiana. La riscoperta dell’America, un’esposizione a cura di Francesco Tedeschi, con Francesca Pola e Federica Borragina, che ha luogo in ben due sedi distinte: il Museo del Novecento e le Gallerie d’Italia. Questa esposizione permette di compiere un viaggio immaginario nel tempo e nello spazio: l’epoca è quella compresa fra gli anni Venti e Sessanta, la destinazione sono gli Stati Uniti e, più precisamente, New York, la sfavillante metropoli che, all’apice di un percorso iniziato fra le due guerre, sottrae infine all’Europa – e, in particolare, a Parigi – il ruolo di polo artistico internazionale. La mostra prende in esame gli scambi culturali che hanno interessato Italia e Stati Uniti sin dai primi decenni del Novecento e le modalità attraverso le quali i sistemi culturali dei due paesi hanno interagito. Queste tematiche sembrano, per certi versi, anticipate dall’emblematico titolo dell’esposizione: New York, New York non può non richiamare alla mente il celebre brano interpretato da Liza Minnelli e, qualche anno più tardi, Frank Sinatra, colonna sonora dell’omonimo musical diretto da Martin Scorsese nel 1977; già questo breve cenno alla pellicola offre il pretesto per citare tre grandi personaggi appartenenti alla folta schiera delle star italo-americane. Il percorso visitabile al Museo del Novecento, sul quale si concentra il presente articolo, approfondisce in particolare le vicende di quegli artisti italiani che, ad un certo punto della loro carriera, hanno avvertito la necessità di recarsi a New York, per incontrare e confrontarsi con la società ed il panorama artistico statunitensi. Il risultato di questa “riscoperta” dell’America non fu una subordinazione e un mero conformismo ai suoi costumi ed alle sue tendenze, nonostante il fascino che ne derivava, ma offrì piuttosto un’occasione di riflessione per ognuno di essi, senza mai venire meno al proprio stile e al proprio iter artistico.

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Fortunato Depero, Grattacieli e tunnel, 1930, Rovereto, Museo d’arte moderna e contemporanea di Treno e Rovereto

La prima tappa del viaggio riguarda la fine degli anni Venti, quando il futurista Fortunato Depero (1892-1960) si reca a New York, città nella quale resterà per circa due anni. Senza dubbio la Grande Mela dovette apparire agli occhi dell’artista come la vera e propria realizzazione dell’universo sognato e decantato dal futurismo, dominato dalla velocità e dal dinamismo; queste caratteristiche incontrano quella che era una delle missioni di Depero, ovvero “ricostruire l’universo rallegrandolo”. Ciò si traduce in una serie di dipinti che rappresentano gli elementi caratteristici della metropoli, come la sua doppia anima, sotterranea e torreggiante allo stesso tempo, trasformati però nei consueti “complessi plastici” dell’artista, colorati e giocosi.

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Giorgio De Chirico, Il mistero di Manhattan, 1973, Roma, Fondazione Giorgio e Isa de Chirico

Il viaggio prosegue poi attraverso gli anni Trenta, con le due esperienze di Corrado Cagli (1910-1976), artista che dal 1937 viene chiamato a dirigere la sede newyorkese della Galleria della Cometa, e di Giorgio de Chirico (1888-1978); quest’ultimo, in particolare, avrà negli Stati Uniti un notevole successo, culminato nella personale del 1936 e nella partecipazione alla celebre mostra Fantastic Art, Dada e Surrealism, organizzata nello stesso anno al Museum of Modern Art di New York. L’esperienza americana dovette risultare particolarmente significativa per De Chirico, abituato a rappresentare nei propri dipinti le classicheggianti piazze italiane popolate di enigmatiche statue antiche: a distanza di decenni, essa non smetterà di suscitare nell’ultraottantenne artista una grande attrattiva e profonde considerazioni, come nel dipinto Il mistero di Manhattan.

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A sinistra: Lucio Fontana, Concetto spaziale: New York Grattacielo, 1962, collezione privata; a destra: Pietro Consagra, New York City, Milano, collezione privata

Gli anni Sessanta sono anticipati all’ingresso della mostra da due opere “coetanee”, entrambe risalenti al 1962, rispettivamente di Lucio Fontana (1899-1968) e Pietro Consagra (1920-2005) e dedicate alla città di New York. Il discorso su questo fondamentale decennio prosegue poi, all’interno dell’esposizione, con una riflessione sulle nuove “mitologie” americane, legate allo stile di vita, alle influenze del cinema e soprattutto, della politica, complice anche la rete di alleanze e di scambi che si consolida, fra Stati Uniti ed Europa, nel clima della Guerra Fredda. A proposito della situazione politica e sociale, due sono le figure che emergono e che sono destinate a divenire, complice lo stesso, tragico destino, simboli universali di uguaglianza e democrazia: Martin Luther King e John Fitzgerald Kennedy.

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Arnaldo Pomodoro, In memory of John F. Kennedy, 1963-64, Rovereto, Museo d’arte moderna e contemporanea di Treno e Rovereto

L’assassinio di quest’ultimo, in particolare, causa un vero e proprio shock non solo nell’opinione pubblica, ma nello stesso ambiente culturale e diviene fonte di ispirazione per numerosi artisti italiani. Alcuni si soffermano sul trauma prodotto da un fatto così tragico e di tale risonanza, come lo scultore Arnaldo Pomodoro (1926), che dedica all’episodio l’opera In memory of John F. Kennedy. Egli stesso spiega:

“Mentre preparavo le sculture da esporre nella mia sala personale alla Biennale di Venezia del 1964, fui tanto colpito dalla notizia dell’assassinio di Kennedy che decisi di realizzare un’opera a lui dedicata. Si tratta di un blocco squadrato di bronzo, dove la forma geometrica è animata da una serie di segni indecifrabili ed emblematici che visualizzano il carattere drammatico degli eventi. Come dice Argan: ho ascoltato il ritmo silenzioso del tempo e l’ho espresso in termini di spazio”.

Altri, invece, si lasciano guidare dalla fascinazione suscitata dallo stesso Kennedy, non più solo come figura politica e leader, ma nel suo divenire – nonostante le controversie a lui legate – una sorta di “mito” e di simbolo; è il caso Mimmo Rotella (1918-2006) e il suo Viva America (immagine di copertina).

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Marcel Duchamp fotografato da Ugo Mulas in una sala a lui dedicata al Museum of Modern Art di New York

Una delle sezioni più interessanti dell’esposizione è l’ultima, ospitata nella Sala Archivi del Museo e interamente dedicata al grande fotografo Ugo Mulas (1928-1973) e alla sua opera New York: The New Art Scene, una raccolta di fotografie che ritraggono i più grandi artisti dello scorso secolo, sia compresi nel loro ruolo, sia alle prese con la vita quotidiana. Il libro di Mulas, da lui personalmente composto e impaginato a mano, come si può vedere dal menabò esposto in mostra, ha un grande valore di testimonianza: storico – artistica, innanzitutto, poiché ci permette di osservare i maggiori esponenti dell’arte del Ventesimo secolo nei loro studi, alle prese con le opere che tutti conosciamo, ma anche di una nuova visione della fotografia come mezzo per indagare l’arte.

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Andy Wharol fotografato da Ugo Mulas nella Factory di New York

Questa sala conclude la prima parte di una mostra coerente con le aspettative che suscita: essa costituisce senza dubbio un’utile occasione per fare luce su alcune dinamiche solitamente poco trattate, a livello soprattutto scolastico, come la fortuna di cui hanno goduto alcuni importanti personaggi della cultura italiana ed europea oltreoceano. Un altro punto a suo favore è la collocazione all’interno del Museo del Novecento, che offre ai visitatori la possibilità di approfondire la conoscenza dei movimenti e degli artisti protagonisti dell’esposizione. Risulta invece un poco difficoltoso trovare, oltre all’argomento principale della mostra, altri fili conduttori che leghino una sala all’altra in un percorso unitario, sebbene ciò sia dovuto a cause di forza maggiore, come la vastità dell’arco cronologico preso in considerazione e l’eterogeneità delle correnti; per questo motivo, il modo migliore per accostarsi all’esposizione consiste, a mio personale parere, nel soffermarsi sulle sezioni singolarmente, come si fa con la lettura di racconti differenti appartenenti alla stessa raccolta.

Chiara Franchi

 

 

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