Equilibrio Instabile. Gillo Dorfles attraverso il Novecento

Dell’arte del Ventesimo Secolo non è stato solamente uno studioso, ma un autentico testimone e fautore. Angelo Eugenio Dorfles, soprannominato Gillo, è nato a Trieste il 12 aprile 1910. Ha 107 anni. Laureato in medicina con specializzazione in psichiatria, oggi è un autorevole critico d’arte, studioso dell’estetica e anche pittore. Una mostra allestita presso la biblioteca didattica dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove tra l’altro è stato insignito del titolo di Socio Onorario, ripercorre attraverso sedici opere un frammento della sua esperienza grafica collocabile tra il 1948 e il 2015.

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Fig. 1. In alto: locandina della mostra. In basso: la mostra allestita presso la biblioteca didattica dell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.

Equilibrio instabile è il titolo dato a questa mostra, inaugurata lo scorso mercoledì 17 gennaio e curata da Livia Pomodoro, giurista, ex presidente del Tribunale di Milano e, dal 2016, presidente dell’Accademia di Brera, e dal professor Franco Marrocco che ne è il direttore. Chiuderà il prossimo 28 febbraio. Equilibrio instabile, però, è anche il titolo di una delle opere in esposizione – contando che tutte le altre sono Senza titolo. Datato 1991, si tratta di una serigrafia che misura 52,7×46 cm. Rappresenta (verosimilmente) una figura antropomorfa dalle gambe in movimento e lunghe braccia che innalzano oggetti; forse è un giocoliere che maneggia una maschera e un manubrio di bicicletta. È un’impronta a metà tra astrattismo lirico e surrealismo segnico che pervade il disegno; è poi certo che il tema del mondo circense ha affascinato molti pittori del secolo scorso da Picasso e Mirò. Ciò detto, ricordiamo che Gillo Dorfles è stato fondatore nel 1948 del Movimento per l’Arte Concreta, insieme a una personalità del calibro intellettuale di Bruno Munari e ad altri artisti come Atanasio Soldati e Gianni Monnet. Del movimento il nostro è stato un teorico prolifico, spiegando ragioni e indirizzi di voler prendere le distanze «sia dai dogmi della figurazione sia da quelli dell’astrazione post-cubista».

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Fig. 2. Equilibrio instabile, Serigrafia, 52,7×46 cm, 1991

Nel contempo lascia detto lo stesso Dorfles: «Io ho sempre cercato di realizzare opere nelle quali affiorasse qualcosa di spontaneo, se vogliamo anche qualcosa di automatico», e parecchio di automatico sembra emergere dai Senza titolo del 1955 nei quali il tratto spigoloso e la riproposizione di forme simili tra di loro, quasi dei geroglifici, suggeriscono l’intervento di un processo meccanico di composizione (del quale per esempio è stato maestro il pittore Giuseppe Capogrossi). Nonostante l’intenzione di rifuggire la figurazione, non è difficile riconoscere in alcune forme una matrice che rimandi al mondo dell’anatomia, della flora e della fauna. Sembra quasi di distinguere i tratti di un volto e il profilo di una mano nel Senza titolo del 1957, olio su carta eseguito su un foglio 50×70. E nell’opera del ’55 sopraccitata si può a tratti scorgere una prefigurazione di quelle che saranno le festevoli successioni di omini stilizzati del pittore americano Keith Haring (il quale sarebbe nato nel 1958).

Fig.3
Fig. 3. In alto, a sinistra: Senza titolo, Litografia, 35,5×22 cm, 1955. A destra: Senza titolo, Litografia, 23×35 cm, 1955. In basso: Senza titolo, Olio su carta (monotipo), 50×70 cm, 1957.

Ci sono invece un paio di opere nelle quali prevale il gusto per l’indagine sul dettaglio, trattato o con maggiore nitidezza nell’utilizzo del chiaroscuro o per mezzo di intense campiture bianche e nere a contrasto. Anche qui si parla di Senza titolo, due litografie datate anch’esse 1955 e che misurano 35×23 cm. E anche qui i soggetti sembrano rimandare a un mondo per niente astratto, ossia quello delle forme di vita marina (pesci e conchiglie) trattate come allegorie secondo l’uso che si fa nelle nature morte di ciò che si rappresenta. Viene quasi da supporre che il tempo abbia molta rilevanza nella riflessione pittorica di Gillo Dorfles. Di fronte a queste produzioni, infatti, sembra di assistere all’esposizione di fossili: quando la presenza nella sabbia di oggetti che forse un giorno lontano avevano vita lascia una traccia visibile in sezione. Altrove, poi, come già visto nel Senza titolo, olio su carta del ’57, si assiste ad un uso più materico della tecnica e l’abbandono della monocromatismo. Un connubio tra le vite silenziose della pittura metafisica (sospese in un tempo serenissimo e cogitabondo) e gli impasti pittorici di certa arte informale.

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Fig. 4. A sinistra: Senza titolo, Litografia, 35×23 cm, 1955. A destra: Senza titolo, Litografia, 35×23 cm, 1955.

Non a caso, un opuscolo in apertura della mostra recita: «Al di fuori di ogni possibile collocazione nel panorama delle correnti artistiche, l’originale unicità del linguaggio di Dorfles sta nella compresenza di elementi metafisici, surrealisti, espressionisti, astratto-concreti». Ci troviamo quindi di fronte ad un artista che di ogni cosa si è alimentato, sperimentato a modo proprio tutti i linguaggi con i quali è venuto a contatto durante la sua carriera di studioso.

Di sicuro non a tutti potrebbe piacere questo genere di pittura. Ma è innegabile, al di là di ogni opinione personale, che ci siano in queste opere la testimonianza di una ricerca e, soprattutto, di un’intenzione di contribuire allo sviluppo dell’arte nel suo periodo più complesso e più recente. Gillo Dorfles ha studiato l’arte producendola perché, in qualche maniera, anche facendo si impara.

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Fig. 5. In alto, a sinistra: Senza titolo, Litografia, 33×22,8 cm, 1955. A destra: Senza titolo, Litografia, 34,8×22,7 cm, 1950. In basso, a sinistra: Senza titolo, Olio su carta (monotipo), 45,5×64 cm, 1958. A destra: Senza titolo, Olio su carta (monotipo), 49×64 cm, 1956.

Niccolò Iacometti

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