Madrid, 27 marzo 1770
Novara, sabato 27 marzo 2021
Alla memoria di uno fra i più grandi pittori di tutti i tempi: Giambattista Tiepolo
Anche la cultura al tempo del Covid-19 prova a resistere all’oblio e cerca di mettere in piedi eventi online che dovrebbero essere accessibili a tutti e se vogliamo aggiungerlo, gratuitamente. Invece, puntualmente ciò non avviene. Ecco quindi che musei solitamente ad accesso gratuito predispongono visite guidate online a pagamento. Questo avviene sia per alcune collezioni permanenti, sia (e non poteva che essere così) per le mostre sfornate dai soliti colossi dell’industria culturale; basti pensare alle visite guidate a pagamento super pubblicizzate della mostra a Palazzo Reale a Milano dal titolo Le signore dell’arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600. Ma questi non sono che esempi sparsi di cattive pratiche culturali anche in tempi in cui la cultura dovrebbe essere gratuita e accessibile a tutti.
Ma non bisogna fare di ogni erba un fascio. C’è infatti un’istituzione museale virtuosa che proprio a Milano è riuscita a creare un evento gratuito di grande qualità scientifica e divulgativa. Mi sto riferendo alla mostra in scena “virtuale” alle Gallerie d’Italia dal titolo Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa, curata dagli storici dell’arte Alessandro Morandotti e Fernando Mazzocca e che vuole celebrare il significativo anniversario dei 250 anni dalla scomparsa dell’artista. Le restrizioni imposte dal governo italiano hanno infatti sancito la chiusura temporanea (si fa per dire) di teatri, musei e ogni altro istituto culturale come archivi e biblioteche. Ma in questo caso la mostra su Giambattista Tiepolo, uno tra i più eccezionali pittori del settecento italiano vive interamente e gratuitamente online a disposizione di chiunque abbia voglia di vedere un po’ di bellezza in mezzo a tante catastrofi. La piattaforma digitale messa a disposizione del pubblico permette attraverso l’immersione nelle sale delle Gallerie d’Italia di vedere le opere esposte in mostra e attraverso brevi ma esaurienti video fa conoscere aspetti critici e artistici sulle opere e sul contesto entro il quale quelle opere sono state prodotte. L’efficacia dell’operazione è talmente di valore che personalmente ho organizzato con i miei studenti delle scuole medie visite virtuali nelle sale delle Gallerie d’Italia e ho provato a far conoscere loro le opere e più in generale la vita di questo grande pittore. Credo che abbiano apprezzato. È importante infatti, direi fondamentale, per dei così giovani ragazzi iniziare fin da subito del loro percorso scolastico e di formazione, approcciarsi alla storia dell’arte e alla bellezza del loro patrimonio culturale.

Prima di far vedere la mostra ai ragazzi, ho chiesto come blog LetterArti alla casa editrice Skira di avere il catalogo della mostra per farmi io stesso un’idea più approfondita di Tiepolo. Il catalogo mi è stato inviato in pdf a metà dicembre e devo ammettere di averci messo più del previsto per leggerlo tutto, complici i numerosissimi impegni, burocratici e non, legati proprio al mio lavoro di docente. Ma c’è l’ho fatta! Oggi il mio intento è quello di provare a fornire anche a voi lettori che idea mi sono fatto della mostra (che voglio assolutamente andare a vedere dal vero) e del catalogo a essa correlato. Credo infatti che le opere d’arte debbano sempre e comunque essere viste dal vero, perfino gli studenti si sono accorti del limite invalicabile del vedere delle opere da schermi retro illuminati dei pc e dei tablet e mi hanno fatto notare che sarebbe stato completamente diverso andarle a vedere dal vero. Ecco perché gli eventi online a pagamento sono a dir poco fuorvianti e inutili. Si vuole far credere che una visita online abbia lo stesso valore e impatto della visita reale equiparando di fatto le due esperienze, cosa assolutamente falsa. La gratuità invece dell’evento permette al visitatore di farsi un’idea generale della mostra o del museo per poi andarli a vedere fisicamente e poter godere dell’esperienza reale e del contatto stretto con le opere pittoriche, in questo caso pagando volentieri un biglietto. Emerge chiaramente quando una mostra è fatta per i visitatori e quando è fatta perché ci si aspetta un ritorno economico.
Ma ora basta con le riflessioni polemiche, ora voglio raccontare a grandi linee che cosa si vede in mostra, esposizione che, lo ribadisco, ho visto per il momento solo online. Si deve iniziare col dire che questa, così come dichiarato dai curatori, è la prima mostra monografica su Giambattista Tiepolo (Venezia, 5 marzo 1696 – Madrid, 27 marzo 1770) a Milano. Nella città di Milano, Tiepolo lavorò per circa un decennio anche se non consecutivamente, cioè tra gli anni Trenta e Quaranta del 1700. A buon diritto Milano viene considerata una sorta di seconda casa per Tiepolo. I committenti di Giambattista a Milano sono essenzialmente i nuovi nobili della Milano asburgica dagli Archinto ai Casati fino ai Clerici. Tiepolo non era il primo artista veneziano a essersi spostato nella grande città lombarda, prima di lui, alla fine del 1600 c’era stato Sebastiano Ricci, pittore bellunese che a Milano lavorerà per diversi committenti privati, ma che oggi si può ammirare soprattutto per la straordinaria e luminosissima cupola (anche se non in uno stato conservativo proprio eccezionale) dell’ossario della chiesa di San Bernardino detta appunto “alle ossa”.

La mostra inizia con un’infilata di tre vedute, rispettivamente la prima di Antonio Canal detto il Canaletto dal titolo L’ingresso del Canal Grande con la Basilica della Salute (1730-1731), la seconda di Bernardo Bellotto nipote di Canaletto dal titolo Il Palazzo dei Giureconsulti e il Broletto di Milano (1744 circa) e la terza di Antonio Joli dal titolo Veduta del Palazzo Reale di Madrid dalla riva del Manzanares (1752-1754 circa). Questa scelta espositiva è stata dettata dal fatto di voler mostrare come gli esiti della straordinaria pittura di fantasia di Tiepolo dai soffitti luminosissimi e abbacinanti non fosse l’unico tipo di esperienza figurativa presente a Venezia e più in generale in Italia settentrionale durante la parabola ascendente di Tiepolo. Ai cieli favolistici e alle storie mitologiche impregnate da un illusionismo magnetico e luccicante si affiancò parallelamente la pittura di veduta, un genere pittorico in cui si contrapponeva all’immaginazione tiepolesca il rigore prospettico e l’oggettività di ciò che i vedutisti vedevano nella realtà. La veduta di Joli inoltre sta a testimoniare una delle tappe fondamentali nella carriera di Giambattista, quando nel 1762 arriverà, insieme ai suoi due figli Giandomenico e Lorenzo, alla corte di Spagna a Madrid su invito di Carlo III di Borbone lo stesso committente della Reggia di Caserta, per dipingere i due magnifici affreschi con la Gloria e l’Apoteosi della monarchia spagnola.

Prima del suo arrivo a Milano, Tiepolo impara a dipingere a Venezia nella bottega di Gregorio Lazzarini, un pittore che nelle sue opere non solo dimostra di guardare al contesto figurativo locale ma ha anche un occhio di riguardo alle novità artistiche che giungevano in laguna da Roma. Ben presto però Tiepolo abbandona la bottega del Lazzarini per elaborare un linguaggio figurativo del tutto personale ma che all’inizio degli anni Venti del 1770 dimostra di meditare sugli esiti della cultura figurativa dei cosiddetti pittori Tenebrosi: Zanchi e Langetti in primis mediata però da Giambattista Piazzetta suo vero punto di riferimento. Questo avvicinamento di Tiepolo alla maniera di Piazzetta si può vedere bene in mostra attraverso un confronto da manuale, cioè tra due tele eseguite per la chiesa di San Stae a Venezia. Si tratta del San Giacomo condotto al martirio di Piazzetta e del Martirio di San Bartolomeo di Tiepolo. In queste due tele l’avvitamento dei corpi e l’utilizzo di un intenso chiaroscuro rendono immediatamente percepibili le analogie fra i due pittori. Le figure delle due tele sono rese con estrema plasticità e le pose dinamiche si muovono in uno spazio ristretto e in diagonale, come se i personaggi che animano le tele dovessero saltar fuori da un momento all’altro. Questo modo di dipingere di Tiepolo e di Piazzetta, era comune anche in un artista eccentrico e a mio avviso straordinario ossia il pittore lombardo Paolo Pagani (Castello Valsolda, 1655 – Milano, 1715) che a Venezia soggiornò per lungo tempo. In mostra si possono vedere due straordinarie tele raffiguranti il Ratto di Elena ed Enea e Anchise fuggono da Troia in fiamme databili, grazie ad alcuni disegni preparatori (altrettanto eccezionali), al 1695-1696 circa. Queste due tele dai colori accesi e squillanti, dipinte verosimilmente da Pagani durante un suo soggiorno in Europa centrale, risentono di un forte plasticismo delle figure, i cui corpi dagli accentuati chiaroscuri e in pose vorticose e dal ritmo irregolare, susciteranno più di qualche suggestione nelle opere del giovane Tiepolo a Venezia. La maniera di affrontare la composizione delle scene per linee diagonali e la stesura pittorica dai forti accenti chiaroscurali di Pagani lo accomuna anche ad un altro pittore veneziano presente sempre in mostra, ovverosia Antonio Pellegrini (Venezia, 1675-1741, sodale di Pagani durante il suo viaggio in Moravia e Polonia) con il suo Spartaco guida gli schiavi alla rivolta, (1701-1702 circa, Padova, Museo di arte medievale e moderna). Il confronto fra le tele di Pagani e quella di Pellegrini instaura un dialogo assolutamente convincente e se si paragonano queste tre opere con quelle del giovane Tiepolo e di Piazzetta in San Stae si potrà evincere che tutte queste opere sono accomunate da un simile linguaggio figurativo che sta proprio alla base di quello di Tiepolo.

La pratica del disegno dal vero era largamente praticata all’interno delle botteghe dei pittori e delle accademie, in mostra infatti questo aspetto è reso molto esplicito dall’esposizione di alcuni straordinari disegni di Paolo Pagani e di altri artisti come Piazzetta e lo stesso Giambattista Tiepolo, il che non fa che avvalorare quanto detto poco sopra. Di Pagani in particolare sono esposti alcuni studi di nudi maschili e femminili che fanno parte di un fondo di disegni di oltre ottanta fogli provenienti dalla Biblioteca statale delle Scienze di Olomouc antica città universitaria in Moravia in cui Pagani soggiornerà tra il 1695 e il 1696 invitato da Karl Liechtenstein-Castelcorno, principe vescovo di Olomouc nella Residenza di Kroměřìž, per affrescare le sale di rappresentanza con Allegorie delle stagioni e Scene mitologiche, conservati solo in parte. Questi disegni, eseguiti probabilmente a Venezia in qualche accademia di nudo non fanno altro che mettere in evidenza lo stesso tipo di formazione accademica che ancora una volta accomuna l’ormai maturo ed eccentrico Pagani al giovane Tiepolo. Del pittore veneziano accanto ai disegni del lombardo sono esposti due magnifici disegni a matita nera e carboncino raffiguranti rispettivamente un Nudo virile in piedi e un Nudo virile d’accademia (1722 circa) in pose plastiche concepiti su linee diagonali. La pratica del disegno dal vero accomuna numerosissimi artisti fra cui in mostra sono esposti bellissimi disegni anche di Giambattista Pittoni, Antonio Balestra e Federico Bencovich, tutti artisti contemporanei a Tiepolo.

Una parte della mostra è poi dedicata ai grandi cicli pittorici che Tiepolo esegue per importanti famiglie veneziane come i Sandi e Dolfin. È il caso di citare la magnifica tela con Ulisse scopre Achille tra le figlie del re Licomede affiancate da due tele più piccole ma non per questo meno straordinarie come Apollo che scortica Marsia ed Ercole che stritola il gigante Anteo. Questi dipinti eseguiti tra il 1724 e il 1725, un tempo formavano un fregio dipinto commissionato dall’avvocato Tommaso Sandi per il suo palazzo veneziano; il ciclo era costituito da altre tele eseguite da altri importanti pittori del tempo. Quello che qui preme sottolineare è come Tiepolo riesca, attraverso una pittura dai toni brillanti e una composizione teatrale e drammaturgica, a far emergere le sue eccezionali doti di pittore non solo di affreschi ma anche di quadri su tela. Va altrettanto sottolineato come lo studio attento delle opere, soprattutto delle vesti dei personaggi dipinti da Paolo Calliari detto il Veronese, fece di Tiepolo a tutti gli effetti il Veronese redivivo come fu chiamato da Pietro Metastasio, amico di Giambattista e strenuo difensore della sua arte. I personaggi di Tiepolo infatti sembrano recitare una parte ben precisa all’interno delle sue tele e dei suoi affreschi. Le figure della mitologia antica, della storia greca o romana, le allegorie e le personificazioni dei continenti così cari nella fantasia figurativa di Tiepolo, sembrano attori che stanno mettendo in scena la loro parte e noi spettatori che stiamo davanti a quella sorta di quinta parete, osserviamo con stupore e meraviglia quelle straordinarie e grandiose messe in scena. D’altra parte il teatro veneziano proprio negli anni in cui Tiepolo vive e affresca per i potenti veneziani è al suo massimo splendore. Gli abiti che indossano gli attori-personaggi di Tiepolo sono abiti straordinariamente raffinati che citano e rielaborano composizioni già messe in atto dal Veronese un secolo prima.

Questa grandiosa messa in scena si evidenzia ancora meglio nello straordinario Trionfo di Aureliano, tela dalle grandi dimensioni dipinta da Giambattista per il palazzo veneziano di Alvise Zenobio intorno al 1720 circa e che oggi si trova ai Musei Reali di Torino. L’opera faceva parte di un ciclo di tele dedicate all’imperatore Aureliano e alla Regina di Palmira Zenobia. Inoltre in mostra sono presenti altre due piccole tele che affiancano il grande dipinto torinese cioè il Cacciatore con cervo e il Cacciatore a cavallo. Qui i colori di Tiepolo si fanno più chiari e sfumati, la luce avvolge la composizione e i personaggi sfilano davanti ai nostri occhi così come avviene al cinema; nel Trionfo di Aureliano infatti è come se ci trovassimo davanti a un fotogramma cinematografico. Ciò che sbalordisce di più lo spettatore è la splendida regina Zenobia fatta schiava dall’esercito romano e costretta a sfilare per le strade di Palmira ormai sotto il controllo del vittorioso Aureliano. Noi non possiamo però che tifare per Zenobia, i cui abiti sono una chiara citazione delle vesti di Veronese.

Proseguiamo per le sale e arriviamo finalmente davanti a due grandi affreschi strappati e riportati su tela. Si tratta delle due Storie dei Santi Vittore e Satiro, un tempo nella cappella di San Vittore all’interno della basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Gli affreschi che ornavano la cappella sono stati commissionati dal cardinale Giovanni Andrea Gambarana nobile pavese nel 1737; insieme a Tiepolo è attivo anche un quadraturista cioè un pittore di architetture prospettiche, il quale avrebbe dipinto le cornici entro le quali dovevano trovare posto le scene sopra menzionate. Gli affreschi settecenteschi della cappella di San Vittore in Sant’Ambrogio a Milano furono tragicamente strappati durante alcuni lavori di restauro avvenuti introno al 1861 con l’intento del tutto illusorio e falsificante di riportare la basilica di Sant’Ambrogio al suo antico e primigenio aspetto medievale. Le quadrature del Longoni furono le prime a essere completamente distrutte, le due storie di Tiepolo furono miracolosamente tratte in salvo e gli affreschi strappati furono depositati per molti anni in un locale attiguo alla basilica; oggi si conservano nella seconda cappella a destra del medesimo edificio. In occasione della mostra, questi straordinari affreschi strappati, veri e propri lacerti sopravvissuti all’incuria e alla stupidità umana, sono stati restaurati e noi oggi possiamo finalmente godere di questi bellissimi dipinti, anche se molto impoveriti nella loro tessitura pittorica. Raffigurano il Martirio di San Vittore e il Miracolo del naufragio di San Satiro fratello di Sant’Ambrogio. I colori utilizzati da Tiepolo così luminosi e delicati, stemperano di fatto la tensione drammatica ed emotiva delle due scene; basti guardare i due grandi e magnifici angeli nella scena del miracolo del naufragio con quegli abiti leggeri e svolazzanti, uno blu e l’altro giallo, per farci dimenticare del tragico evento che si sta verificando nella scena. La stessa cosa avviene nel martirio, dove l’elemento naturalistico dello sfondo allontana quasi per un momento dai nostri occhi il sanguinoso evento che si sta per verificare ai danni di San Vittore. In Sant’Ambrogio Tiepolo affresca anche la Gloria di San Bernardo nella sacrestia dei Monaci cistercensi, purtroppo questo affresco, oggi documentato solo attraverso foto in bianco e nero è andato distrutto in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Gli affreschi di Sant’Ambrogio a Milano non sono le prime decorazioni che Tiepolo dipinge per il capoluogo lombardo; intorno al 1730-1731 Giambattista grazie al bibliotecario di casa Archinto, Filippo Argelati, aveva ottenuto l’incarico di affrescare alcune sale di rappresentanza di Palazzo Archinto con affreschi distrutti insieme a tutto il palazzo nei bombardamenti del 1943 raffiguranti, fra gli altri, Il Trionfo delle Arti e delle Scienze oggi anche questi noti solo tramite un bozzetto con il medesimo soggetto proprio ora citato e che oggi si trova a Lisbona e che è presente in mostra, e da fotografie (si tratta di 50 tavole fototipiche in bianco e nero alcune delle quali presenti pure in mostra) eseguite nel 1897 e contenute in un volume dal titolo Gli affreschi di G. B. Tiepolo raccolti da Gerardo Molfese con uno studio di Attilio Centelli. Argelati era in contatto con il dotto Scipione Maffei il quale aveva dato incarico a Tiepolo di eseguire alcune illustrazioni per la Verona Illustrata; il tramite fra Tiepolo e Maffei dev’essere stato il nobile ed erudito Giovanni Battista Baglioni il quale fin dal 1719 aveva commissionato a Giambattista uno straordinario ciclo di affreschi per la sua villa di Massanzago con le Storie di Fetonte.

Pochi anni più tardi, fra il 1731 e il 1732 Tiepolo dipingerà le Storie di Scipione per il Palazzo milanese (attualmente davvero poco accessibile al grande pubblico e non se ne riesce a capire il motivo) del nobile Giuseppe Casati; dopo la parentesi bergamasca per la Cappella Colleoni con le Storie di San Giovanni Battista dipinte fra il 1732 e il 1733 circa, Giambattista sarà di nuovo a Milano dove in seguito ai lavori per Sant’Ambrogio poc’anzi citati, è pagato a partire dal 1739 da Giorgio Antonio Clerici affinché dipinga la galleria dell’omonimo Palazzo milanese, una costruzione lunga ben ventidue metri e larga solo cinque che completerà solo nel 1740. In mostra si può vedere un bozzetto dell’opera che oggi si conserva al Kimbell Art Museum di Forth Wortth e che raffigura Apollo fra gli Dei dell’Olimpo e altre divinità. Si tratta di un bozzetto da presentazione che Tiepolo deve avere eseguito prima di vedere dal vivo il locale che avrebbe dovuto affrescare, poiché il formato del bozzetto è molto diverso rispetto alle reali proporzioni della galleria Clerici. Nel bozzetto si possono ammirare tutta una serie di personaggi e di divinità disposti ai quattro angoli della tela e resi attraverso una pittura veloce e abbozzata per macchie di colore che progressivamente si schiariscono man mano che i personaggi si stagliano circolarmente intorno alla figura di Apollo, il Dio del sole che con la sua immensa luce abbaglia e rende i personaggi attorno a lui evanescenti, resi con pennellate corsive dai colori pastello, dal giallo all’azzurro al rosa e al grigio chiaro.

Poco più avanti si può ammirare una grande fotografia degli affreschi della galleria di Palazzo Clerici, dipinti che da soli meritano una visita a Milano. Qui Tiepolo mette a punto tutta una serie di invenzioni figurative di divinità marine, divinità fluviali e le sue allegorie dei continenti, nonché un gruppo di figure eccezionali fra cui spicca la Nuda Veritas svelata da Crono cioè dal Tempo, una figura anziana dalle grandi ali grigio nere. Attraverso numerosissimi disegni (alcuni dei quali presenti in mostra) raccolti in alcuni album come quello del Museo Horne di Firenze, Tiepolo mette in scena una sorta di “compagnia di giro” fatta di anziani maghi coi turbanti, di mori, di divinità marine e fluviali, anziani dotti con le ali, donne dai seni scoperti che poi riproporrà come una sorta di lite motive sia nei miracolosi affreschi del Palazzo del Principe Vescovo di Wurzburg del principio degli anni Cinquanta del 1700, sia negli straordinari affreschi del Palazzo Reale di Madrid degli anni Sessanta dello stesso secolo.
Il cielo luminosissimo del soffitto della Galleria di Palazzo Clerici è animato, al centro, da Apollo con il suo carro trainato da cavalli. Giambattista Tiepolo riesce ad orchestrare perfettamente le poche figure all’interno dell’ariosa volta celeste. Le divinità, inserite tra finte architetture, si poggiano su vaporose nuvole e si uniscono ad animali, allegorie, composizioni fantasiose che descrivono i quattro continenti. Affresco, Milano, soffitto della Galleria di Palazzo Clerici.

Prima di soffermarci sul soggiorno di Giambattista in Spagna (dove la mostra si conclude), occorre ancora dire due parole su un lavoro milanese di Tiepolo passato fino a questo momento un po’ in sordina soprattutto fra gli studi specialistici dedicati al pittore della luce e riscoperto grazie agli studi condotti da una collega e amica, la storica dell’arte Elisabetta Silvello. Si tratta del grande affresco oggi in collezione privata proveniente dal Palazzo milanese di Giovanni Battista Gallarti Scotti, committente dell’opera, strappato e trasportato su tela fra il 1942 e il 1943 per metterlo in salvo da possibili danni bellici, rappresentante il Trionfo della Nobiltà e della Virtù che Giambattista dipinge intorno al 1740 forse poco dopo aver concluso la decorazione di Palazzo Clerici. Lo strappo ha causato un drastico impoverimento della pellicola pittorica nonché un significativo abbassamento del chiaroscuro. La composizione del dipinto è tratta e liberamente interpretata da Tiepolo dall’Iconologia di Cesare Ripa. Il tema del Trionfo della Nobiltà e della Virtù affrontato da Giambattista per la prima volta proprio a Milano sarà nuovamente riutilizzato in altre decorazioni del pittore tra cui quella della Villa Cordellina a Montecchio Maggiore dipinta introno al quinto decennio del Settecento e di cui esiste un bozzetto preparatorio esposto in mostra che oggi si conserva alla Dulwich Picture Gallery di Londra databile intorno al 1743 circa. Un ulteriore testimonianza della fortuna di questa invenzione tiepolesca è il bel bozzetto con lo stesso soggetto, databile fra il 1740 e il 1750, che oggi si conserva al Museo Poldi Pezzoli a Milano, presente pure lui alla mostra di cui ci stiamo occupando.

Prima di partire per Wurzburg in Germania, Tiepolo negli anni Quaranta del 1700 è attivo nuovamente a Venezia. C’è una commissione che più di ogni altra consacra l’artista sull’altare della pittura italiana ovvero il ciclo ad affresco di Palazzo Labia a Venezia, dove Giambattista dipinge due straordinarie storie raffiguranti L’incontro di Antonio e Cleopatra e il Banchetto di Antonio e Cleopatra, dipinti intorno al 1746-1747 circa. In mostra questa fase così frizzante dell’attività di Tiepolo è testimoniata da un piccolo bozzetto che rappresenta proprio il banchetto tra l’imperatore romano e la regina meretrice egiziana oggi conservato alla National Gallery di Londra e databile al 1746 circa.

Il viaggio di Tiepolo del principio degli anni Cinquanta del Settecento a Wurzburg presso la residenza del Principe Vescovo Karl Philipp von Greiffenclau zu Vollrads invece è testimoniato in mostra da un altro straordinario bozzetto preparatorio che raffigura una della più grandiose e magnifiche scene che Giambattista con l’aiuto del figlio Giandomenico affresca sul soffitto della Kaisersaal del Palazzo progettato e costruito dall’architetto militare Balthasar Neumann e cioè la scena con Apollo che conduce Beatrice di Borgogna al Genio dell’Impero proveniente dal Museo di Stoccarda e realizzato intorno al 1751 ossia durante gli anni di piena attività di Tiepolo e della sua bottega in Germania.

Esattamente dieci anni dopo Tiepolo compirà contro voglia e un poco forzato dal doge di Venezia in persona l’ultimo viaggio della sua vita e nel 1762 giungerà in Spagna a Madrid, alla corte di Carlo III di Borbone dove con l’aiuto della sua bottega a cui capo c’era suo figlio Giandomenico eseguirà due grandiosi affreschi cioè quelli raffiguranti la Gloria e l’Apoteosi della Monarchia Spagnola. Ma questi affreschi non sono l’ultima opera di Tiepolo a Madrid. La sua ultima opera infatti è un ciclo di tele dedicate a Santi francescani che gli viene commissionato da Carlo III in persona per la chiesa di San Pasquale Baylon tra cui spicca lo straordinario San Francesco che riceve le stigmate oggi conservato al Museo del Prado. Di questa tela parleremo fra un momento. Le opere commissionate a Giambattista, il quale è ormai grandemente aiutato dalla bottega e in particolare da Giandomenico, non hanno una vita lunga. Il ciclo pittorico sistemato sugli altari della chiesa di San Pasquale Baylon nel maggio del 1770 a due mesi dalla morte di Tiepolo rimane in chiesa per pochissimo tempo. Un acerrimo rivale di Tiepolo in Spagna, il pittore Anton Raphael Mengs riesce a persuadere Carlo III a far rimuovere le tele di Tiepolo dagli altari e a far sistemare in quegli stessi spazi un ciclo interamente dipinto da Mengs, portatore di un nuovo linguaggio figurativo più aggiornato e alla moda: il Neoclassicismo. Le tele di Tiepolo vengono ricoverate in un locale attiguo alla chiesa e ben presto vengono disperse in varie parti delle Spagna. Oggi di alcune di quelle tele si sono perse le tracce, altre giacciono in depositi museali, com’è il caso del San Francesco stigmatizzato, il quale fra l’altro è giunto fino a noi in uno stato conservativo per niente buono e ha dovuto affrontare un lungo intervento di restauro per poter essere esposto in mostra. La zona dell’ala del magnifico angelo che sorregge e consola San Francesco è quasi interamente frutto di un restauro conservativo-integrativo poiché quasi del tutto mancante. Nonostante queste vicissitudini conservative e di fortuna critica del dipinto, l’opera è a mio modo di vedere assolutamente uno dei vertici più alti della pittura di Giambattista Tiepolo. Si tratta di una tela di eccezionale qualità pittorica, basti osservare il gioco degli sguardi fra i due personaggi, il modo con il quale sono resi i panneggi delle vesti soprattutto lo straordinario manto giallo-aranciato dell’angelo, il cui volto sembra veramente frutto di una mano che non è di questo mondo tanto è bello, aggraziato, dolce e raffinato nella fisionomia androgina. E poi che dire di quella natura morta in primo piano? E del teschio, memento mori, che ricorda a tutti che il dolore e la fine non sono possibilità ma una certezza? E ancora come descrivere il paesaggio naturalistico dello sfondo con quegli alberi inclinati e quelle nubi grigie che si stagliano dietro l’angelo? Sembra proprio che qui Tiepolo fosse consapevole dell’arrivo della sua fine e che nonostante ciò fosse pronto ancora una volta, come sempre e con le sue eccezionali capacità, a dare sfoggio del suo altissimo livello artistico. Tiepolo muore a Madrid il 27 marzo 1770 e viene sepolto nella chiesa di San Martin (oggi non più esistente). La notizia della sua morte arriva a Venezia circa un mese dopo, il 21 aprile del 1770. La lunga e brillante parabola di Tiepolo sembrò non importare a nessuno quando scomparve. Solo Antonio Canova in epoca neoclassica sembrò essersi accorto del talento e della straordinarietà della pittura di Tiepolo collezionando i suoi disegni. Nemmeno il più grande storico dell’arte del Novecento, Roberto Longhi, gli tributò mai gli onori che si meritava, ci vorrà la critica della seconda metà del Novecento per riportare alla luce la parabola fulminante di Giambattista Tiepolo, pittore silenzioso, al servizio delle famiglie e delle monarchie più potenti del mondo, pittore della luce.

Vorrei congedare il lettore con un sonetto che Pietro Metastasio ha molto verosimilmente dedicato alla pittura di Tiepolo e che meglio non potrebbe riassumere la quinta essenza della pittura di questo genio straordinario:
Sogni, e favole io fingo; e pure in carte
Mentre favole, e sogni orno, e disegno,
in lor, folle ch’io son, prendo tal parte,
che del mal che inventai piango, e mi sdegno.
Ma forse, allor che non m’inganna l’arte,
più saggio io sono? E’ l’agitato ingegno
forse allor più tranquillo? O forse parte
da più salda cagion l’amor, lo sdegno?
Ah che non son quelle, ch’io canto, o scrivo,
favole son; ma quanto temo, o spero,
tutto è menzogna, e delirando io vivo!
Sogno della mia vita è il corso intero.
Deh tu, Signor, quando a destarmi arrivo,
fa’ che trovi riposo in sen del vero.
Concludo definitivamente aggiungendo solo che questa recensione non sarebbe potuta essere scritta se non a seguito della lettura del bel catalogo che accompagna la visita della mostra (per il momento solo virtuale), edito da Skira in vendita al pubblico al costo di 39 euro. Il volume curato dagli stessi autori della mostra è composto da 328 pagine, da quattro saggi scientifici introduttivi estremamente interessanti (soprattutto i primi due), e dalle schede altrettanto scientifiche e precise delle opere presenti all’esposizione scritte da studiosi di comprovata esperienza fra cui spicca su tutti la Professoressa Simonetta Coppa con cui chi scrive si è specializzato all’Università Cattolica di Milano. In particolare la Professoressa Coppa ha schedato le opere di Tiepolo per la basilica di Sant’Ambrogio. Massima esperta di pittura del Settecento Lombardo rimane sicuramente insieme ai due curatori Alessandro Morandotti e Fernando Mazzocca uno dei motivi dell’ottima riuscita di questo evento espositivo anche se al momento fruibile solo a distanza. Una volta che ci si potrà muovere fra regioni, cosa che auspico avvenga quanto prima, andrò assolutamente a vedere dal vivo questa bella mostra. Sperando che l’esposizione non termini (al momento è stata prorogata fino al 2 maggio 2021) prima della riapertura e della possibilità di spostarsi fra regioni. Sarebbe certamente un’occasione persa.
Marco Audisio
Per chi volesse vedere la mostra online lascio qui di seguito il link, buona visita:
https://www.gallerieditalia.com/virtual-tour/tiepolo/
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