Per l’undicesimo Natale consecutivo il Comune di Milano offre al pubblico, meneghino e non, la possibilità di ammirare gratuitamente fino al prossimo 13 gennaio 2019 e con l’accompagnamento di guide competenti, un capolavoro della storia dell’arte, come di consueto esposto nella Sala Alessi di Palazzo Marino, prestigiosa sede centrale del Municipio. Il dipinto scelto per questo 2018 proviene dalla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia: si tratta dell’Adorazione dei Magi di Pietro di Cristoforo Vannucci detto il Perugino, artista nato intorno al 1450 a Città della Pieve, nei pressi del capoluogo umbro – da questa località egli stesso trarrà lo pseudonimo con il quale firmerà le proprie opere – e scomparso a Fontignano nel 1523.
La tavola in questione è stata datata agli anni intorno al 1475: si tratta dunque di un dipinto giovanile, con il quale l’artista firma la propria definitiva emancipazione dalla prestigiosa bottega del maestro Andrea del Verrocchio (Firenze, 1435– Venezia, 1488), personalità fondamentale per il costituirsi del Rinascimento, se si considera che lì Perugino aveva avuto fra i proprio compagni di studi Leonardo da Vinci (Anchiano, Vinci, 1452 – Amboise, 1519) e Sandro Botticelli (Firenze, 1445 – Firenze, 1510). L’Adorazione dei Magi fu senza dubbio la prima committenza prestigiosa che l’artista, a soli venticinque anni, ricevette e infatti quest’opera gli avrebbe in seguito aperto numerose porte, fra cui – e questo fu uno degli apici della sua carriera – quelle sistine. Perugino, verso il 1480 verrà infatti chiamato a Roma da papa Sisto IV, per partecipare alla decorazione pittorica delle pareti della celeberrima Cappella, fatta ricostruire dal pontefice negli anni immediatamente precedenti.
La richiesta di realizzare l’Adorazione dei Magi giunse invece, con ogni probabilità, dalla potente e facoltosa famiglia Baglioni di Perugia; fu forse Braccio Baglioni (Perugia, 1419 – Perugia, 1479) in persona, l’esponente più in vista della casata, a contattare Perugino, dal momento che qualche anno prima della realizzazione dell’opera l’influente signore aveva fatto costruire nella chiesa di Santa Maria dei Servi – oggi non più esistente – una cappella per la propria devozione privata, che fu proprio l’originaria collocazione, ormai accertata, della tavola.
![copertina[14995].jpg](https://letterarti.files.wordpress.com/2018/12/copertina14995.jpg?w=736)
Il soggetto dell’opera, assai frequente nella pittura centro-italica fin dal tardo medioevo, raffigura uno dei momenti più importanti del Vangelo, quello dell’Epifania di Cristo, il quale, ancora bambino, si manifesta agli uomini come Figlio di Dio. Perugino, nella propria interpretazione di questo episodio, si attiene agli schemi, in primo luogo visivi, che provenivano dalla precedente cultura tardo gotica: la composizione risulta quindi suddivisa in due gruppi, con a destra la Sacra Famiglia – San Giuseppe in disparte, la Vergine, assorta nella contemplazione del Figlio, il quale solleva la mano destra nel gesto della benedizione – e a sinistra i tre Magi e il corteo degli accompagnatori. A fare da raccordo visivo tra un momento e l’altro, Perugino colloca, in posizione centrale, il bue e l’asino, che si affacciano da una sorta di staccionata bianca. I due animali fungono anche da catalizzatori dell’attenzione verso lo scambio di sguardi che avviene fra Gesù e il Mago Gaspare, inginocchiato di fronte al Bambino. Anche nella raffigurazione dei Magi l’artista si attiene a quelle caratteristiche figurative che erano andate via via a consolidarsi nel corso del Medioevo; il già citato Gaspare è dunque raffigurato come il più anziano dei tre Re, come il primo che si inchina a Cristo e come colui che, in segno di devozione, toglie la corona – non visibile nella tavola – dal proprio capo, per offrirla, insieme all’oro, al Bambino. Segue dunque Baldassarre, con la carnagione più scura degli altri, a suggerire una provenienza più esotica, e recante in mano una pisside in bronzo contente l’incenso e, infine, Melchiorre, poco più che adolescente, colui che nella propria pisside argentea offre la mirra. Che quest’ultimo sia il più giovane si percepisce, oltre che dai lineamenti del volto e dalla posa sfrontata, dagli abiti che indossa, del tutto differenti rispetto alle ampie, preziosissime vesti dei compagni, più confacenti a degli uomini maturi e di rango sociale elevato.

Alle spalle dei Magi riusciamo quindi ad individuare qualche volto dell’affollato corteo; fra questi personaggi, catturano immediatamente l’attenzione i due uomini più anziani che contemplano la scena, dai volti espressivi e ben caratterizzati: questa loro particolarità deriva probabilmente dal fatto che essi ritraggono i committenti della tavola, quei già citati – ma dalla precisa identità ancora incerta – Baglioni di Perugia.
![Figura 2[14997]](https://letterarti.files.wordpress.com/2018/12/Figura-214997.png?w=675&h=359)
Dal limitare sinistro della tavola, emerge invece proprio il venticinquenne Perugino: il suo sguardo, rivolto dritto verso l’osservatore, appare consapevole della propria impresa, i sobri abiti che indossa, come il copricapo rosso e la lunga tunica nera, costituiscono una sorta di divisa portata dai pittori della sua generazione. L’arista inserisce sé stesso nel corteo dei Magi, quasi a voler firmare la propria opera; il suo volto è stato però identificato solo nel corso dell’Ottocento, confrontandolo con l’autoritratto realizzato, venticinque anni dopo, nella Sala dell’Udienza del Collegio del Cambio di Perugia, a sugellare il meraviglioso ciclo di affreschi che costituisce uno dei vertici della sua produzione.
Alle spalle delle figure si dipana dunque il paesaggio, sospeso a metà fra l’atmosfera fiabesca derivante dalla pittura tardo gotica e l’attenzione al naturalismo tipica della scuola fiorentina di questi anni. Si tratta, in ogni caso, di scenari centro-italici, come suggeriscono le specie arboree presenti sulle colline – tutte realmente esistenti, autoctone di quest’area geografica – o lo specchio d’acqua sul fondo, ispirato al Lago Trasimeno.
![Figura 3[14998].jpg](https://letterarti.files.wordpress.com/2018/12/Figura-314998.jpg?w=736)
Non mancano i riferimenti a maestri e colleghi; innanzitutto, la decisa impronta fiorentina che caratterizza la tavola nel suo assetto generale, percepibile nelle fisionomie dei volti, nelle pose dei personaggi, nell’abbondanza di dettagli realistici, nell’insistenza sul disegno che costituisce la base dei soggetti; lezioni, queste, apprese nella bottega di Verrocchio, a Firenze, contestualmente all’utilizzo della recente tecnica ad olio. Il grande sorbo che svetta alle spalle del corteo dei Magi potrebbe costituire invece un omaggio a Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, 1416/1417 circa –1492); esso richiamerebbe, infatti, il medesimo albero che compare nel Battesimo di Cristo dell’artista di Borgo Sansepolcro, datato intorno al 1445 e oggi conservato alla National Gallery di Londra. La resa del paesaggio all’orizzonte, verso le rocce, dove l’aria si fa più palpabile e cerulea, parrebbe invece una precocissima rielaborazione delle meditazioni sulla prospettiva area, che Leonardo stava conducendo proprio in quegli stessi anni.
Per concludere, una notazione sull’importante restauro effettuato sull’opera pochi mesi fa, prima che il dipinto giungesse a Milano: grazie ad esso, sono state stabilizzate le assi della tavola, danneggiate a causa dell’umidità. Tale operazione, insieme al fondamentale intervento del 1994, ha contribuito inoltre a riportare alla luce i meravigliosi colori dell’opera, offuscati da una patina scura e opaca. Questa iniziativa costituisce dunque un’occasione unica di arricchimento culturale ed offre la possibilità di ammirare un capolavoro del nostro Rinascimento nel suo splendore quasi originale.
Chiara Franchi
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