Le vere? storie delle Vergini delle rocce di Leonardo Da Vinci, chissà, forse, magari…

Devo dire che mi sono un po’ stancato di leggere sui manuali di storia dell’arte, su tante recenti pubblicazioni scientifiche e di vedere su altrettanti social spiattellata la storia delle due versioni della Vergine delle rocce a mio avviso sbagliata, imprecisa, superficiale e banalizzata. Così ho deciso di riprendere, dopo alcuni anni, uno scritto che avevo letto durante una delle mie lezioni di storia dell’arte presso l’Università Popolare di Vercelli. Quella lettura aveva suscitato non poco scalpore, ma alla fine aveva trovato un positivo riscontro di consensi. Si tratta di una storia delle due versioni delle opere di Leonardo Da Vinci un po’ diversa, a mio avviso forse migliore e più giusta nonostante sia certamente più complessa da seguire e con diversi punti interrogativi. Così riprende, un po’ come può, la programmazione del blog. Se in questi mesi non è uscito nulla, non è certo per mancanza di voglia o di passione o di professionalità. I motivi che stanno dietro a questo lungo silenzio sono da ricercare anzi tutto nel fatto che tutti noi della redazione abbiamo avuto molte cose a cui prestare le nostre energie, tempo, dedizione, competenze e professionalità che ci hanno assorbito completamente. Un altro importante motivo che per qualche tempo ci ha fatto dubitare e che sta continuando a farci dubitare su quanto valga la pena di continuare, risiede certo nel fatto che a fronte di articoli di alta qualità i riscontri dei lettori non sono stati certo entusiasmanti ne tanto meno incoraggianti. Ci risulta assolutamente curioso che in questi mesi di assenza di pubblicazioni le letture degli articoli meno recenti abbiano fatto registrare al blog un boom di visite.
Evidentemente moltissimi lettori (non tutti, non vogliamo fare di ogni erba un fascio) prediligono blog banali e superficiali, un po’ radical chic che preferiscono non dire nulla di interessante ne tanto meno vogliono correre il rischio di affrontare questioni complesse e a loro giudizio “pesanti” o con “qualche nozione in più”, ma solo per il fatto di avere scintillanti immagini e un linguaggio accattivante (ma nemmeno poi tanto), attirano di più l’attenzione del curioso, del lettore sbadato e che non ha molta voglia di leggere articoli di una certa lunghezza. Come potrebbe essere d’altra parte diverso nella nostra moderna società dove l’apparire è tutto e dove si ha sempre meno tempo da dedicare alla Cultura con la C maiuscola?
Senza fare ulteriore polemica, passo ora a raccontarvi come dovrebbero essere andate le cose riguardo le due versioni della Vergine delle rocce.

La Vergine delle rocce di Londra, National Gallery

Il 25 aprile 1483 Leonardo Da Vinci riceve dalla Confraternita della Immacolata Concezione di Maria la commissione di eseguire la tavola centrale di un polittico per la cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco Grande a Milano.

Fig. 1. Leonardo Da Vinci e bottega (Giovanni Antonio Boltraffio?), Vergine delle rocce, 1483-1486 circa con riprese nel 1506-1508 circa, Londra, National Gallery

L’8 aprile 1480 l’ancona lignea del polittico è già finita e viene saldata definitivamente il 7 agosto 1482. È realizzata dal legnamaro e scultore lombardo Giacomo Del Maino.

Il contratto sancisce che Il polittico dovrà essere completato entro l’8 dicembre del 1483 giorno dell’Immacolata. L’incarico di realizzarlo è affidato oltre che a Leonardo anche ai fratelli Ambrogio ed Evangelista De Predis e, come si è visto, al legnamaro Giacomo del Maino per la cornice. Gli artisti vengono pagati complessivamente 800 lire, 200 lire per ciascuno. I pagamenti si susseguono per i due anni successivi fino al gennaio-febbraio 1485. Verosimilmente le parti pittoriche del polittico sono terminate entro il 1485. Sì ma quali? Viene da chiedersi: gli angeli dei fratelli De Predis o la tavola con la Vergine delle rocce di Leonardo? Non lo sapremo mai.

Fig. 2. Leonardo Da Vinci e bottega, Vergine delle rocce, particolare Londra, National Gallery

L’ancona lignea per la Confraternita prevedeva basso rilievi intagliati con Storie della Vita della Vergine e varie sculture in legno con un grande spazio vuoto al centro (forse una nicchia) e due spazi minori rettangolari ai lati per accogliere i dipinti dei De Predis. Questi dipinti dovevano essere quattro angeli musicanti che sarebbero stati sistemati accanto al pannello centrale, due per ciascun lato.

Al Del Maino viene pagata anche l’esecuzione di una “nostra donna con al collo un ciondolo” da situarsi nella zona centrale del polittico. La collana era costituita da 14 fiori d’oro e altrettante perle inframezzate con lettere dorate che componevano il nome di Maria Immacolata. La tavola di Leonardo sarebbe stata quindi una sorta di anta di protezione per la statua in legno di Del Maino? Impossibile da dire in quanto la Vergine delle rocce di Londra è stata modificata in seguito ad un intervento di restauro sul retro della tavola e la Vergine delle rocce del Louvre è stata trasportata su tela, ammesso che quest’ultima sia mai stata in San Francesco Grande. Nel contratto del 1483 si dice esplicitamente che Leonardo deve eseguire una tavola di una Nostra Donna tra i profeti.

Fig. 3. Leonardo Da Vinci e bottega, Vergine delle rocce, particolare Londra, National Gallery

Fino ad oggi si sono messi in relazione questi documenti con la versione della Vergine delle rocce oggi al Louvre eseguita da Leonardo verosimilmente tra il 1483 e il 1486. In realtà, come spiega Alessandro Ballarin, tutti i documenti che si conoscono sulla Vergine delle rocce appartengono solo ed esclusivamente alla versione di Londra.

Fig. 4. Leonardo Da Vinci, Testa di fanciulla detta la Scapigliata, 1492-1501 circa, Parma, Galleria Nazionale, Complesso Monumentale della Pilotta

Il supervisore dei lavori per il polittico di San Francesco Grande è lo scultore e architetto Giovanni Antonio Amadeo protagonista della cultura artistica lombarda di fine quattrocento e inizio cinquecento.

Fig. 5. Stampa della metà del XVII secolo. Vista della chiesa di San Francesco Grande a Milano

Tra il 1490 e il 1491 Leonardo e Ambrogio De Predis (che morirà proprio nel 1491) sottopongono una supplica a Ludovico il Moro affinché costringa i confratelli dell’Immacolata Concezione a pagare più soldi per i loro lavori al polittico non ancora completato ma verosimilmente già posto in essere nella cappella dell’Immacolata in San Francesco Grande. Dalla lettura dei documenti sembrerebbe che per la Vergine delle rocce di Leonardo ci sia, all’altezza del 1491, un compratore privato che avrebbe costretto il pittore a dedicarsi ad una presunta seconda versione dell’opera e a chiedere la supplica al Moro per posticipare i tempi di consegna per avere il tempo di eseguire una nuova versione. Tuttavia i soldi non vengono stanziati e i periti richiesti per valutare la tavola non vengono riuniti. Ma la questione non sembra finita lì, la controversia sorta tra i pittori e i confratelli si protrae fino al 1506 e giunge a termine solo nel 1508; il che spiegherebbe perché Leonardo ci abbia messo così tanto a completare la Vergine delle rocce da identificare sempre, è bene ricordarlo, con la versione oggi a Londra, complice anche la sua assenza da Milano dal 1499 al 1506 circa per via dell’assedio della città meneghina da parte dei Francesi di Luigi XII.

Fig. 6. Francesco Napoletano (attribuito a) e Giovanni Ambrogio De Predis, Angeli Musicanti, 1490 circa?, Londra, National Gallery

D’altra parte nei documenti non si fa mai menzione di una “Seconda Versione” più consona ai canoni iconografici della confraternita come ci hanno abituato a studiare numerosi insegnanti di storia dell’arte e di manuali mal fatti. Come si suol dire è sempre una questione di soldi! È quindi ipotizzabile che gli ultimi pagamenti avvenuti tra il 26 agosto 1507 e il 23 ottobre 1508 siano da riferire sempre alla medesima versione del dipinto ossia la Vergine delle rocce di Londra, i cui pagamenti sono attestati, è bene ricordalo a partire dal 1483, poco dopo l’arrivo a Milano di Leonardo.

La storia della Vergine delle rocce di Londra si segue anche più facilmente dopo che l’opera trova finalmente posto all’interno della cappella dell’Immacolata Concezione in San Francesco Grande a Milano nel 1508.

Fig. 7. Pianta di San Francesco Grande a Milano

Nel 1576 la cappella della Confraternita viene demolita e il polittico viene trasferito nella cappella a destra del coro nella chiesa. In questa circostanza l’ancona subisce verosimilmente delle modifiche. Nel 1781 la Confraternita viene sciolta e i suoi beni vengono incorporati dalla Confraternita della Sacra Ruota che nel 1785 vende la tavola centrale del polittico al mercante Gavin Hamilton il quale a sua volta la vende alla raccolta Suffolk e da questa la tavola passa a Lord Lansdowe per giungere alla National Gallery di Londra nel 1880 dove si trova tutt’oggi.

Gli angeli, attribuiti ai De Predis, dopo la soppressione della chiesa nel 1798, passano dal 1809 nella raccolta di Giacomo Melzi a Milano (forse uno degli eredi di Francesco Melzi, l’allievo di Leonardo che si porta in Italia dopo la morte del maestro i fogli del Codice Atlantico). Dalla raccolta di Giacomo Melzi gli angeli, già in arte dispersi, passano nelle mani di Giovanni Melzi erede testamentario di Giacomo, il quale li vende tragicamente nel 1835 alla National Gallery di Londra.

La Vergine delle rocce di Parigi, Louvre

Ma in tutta questa storia che fine fa la Vergine delle rocce del Louvre? La presunta prima versione che Leonardo avrebbe dipinto per i confratelli della Confraternita dell’Immacolata Concezione non rispettando le volontà contrattuali?

Fig. 8. Leonardo Da Vinci, Vergine delle rocce, 1482-1483 circa, Parigi, Museo del Louvre

Nessuno fino a questo momento, almeno tra la critica più accreditata, sembra si sia mai preso la briga (e chissà perché?) di andarsi a leggere le circa 200 fittissime pagine che lo storico dell’arte Alessandro Ballarin ha scritto riguardo a queste due opere Leonardesche. Tralasciando per un momento il tema delle versioni della Vergine delle rocce di Leonardo, il lavoro di Ballarin consta infatti di 4 poderosi volumi di cui il primo supera le 947 pagine e gli altri sono costituiti da oltre cinquecento pagine ciascuno. In questi poderosi volumi lo storico dell’arte affronta con una lucidità e una logica assolutamente stringenti e convincenti alcuni tra i più complicati problemi di leonardismo nella Milano sforzesca. Tra questi c’è anche il problema relativo alla questione della paternità della Madonna Litta di Boltraffio. Tuttavia nonostante alcuni di questi problemi (vedi il caso della Madonna Litta di Boltraffio) siano stati completamente risolti, molti dubbi attanagliano ancora oggi (e non si riesce a capire il perché) molti studiosi di pittura leonardesca e non solo di pittura leonardesca. Ma andiamo con ordine e riprendiamo il discorso dalla nostra Vergine delle rocce di Leonardo, quella oggi al Louvre.

Fig. 9. Leonardo Da Vinci, Vergine delle rocce, particolare, Parigi, Louvre

Leonardo arriva a Milano nel 1482 con il memoriale indirizzato al Moro. Dalla famosa lettera, prima citata si ricava che per il Moro Leonardo dovrà realizzare due opere: la prima è il monumento equestre in memoria del nonno Francesco Sforza, la seconda è presumibilmente (potrebbe essere) la Vergine delle rocce del Louvre. La cappella ducale della chiesa di San Gottardo sarebbe il luogo più convincente e logico per questo dipinto. Era infatti la Cappella palatina di corte particolarmente venerata già dai Visconti. Azzone Visconti la fa costruire nel primo ‘300 e la rende uno dei più preziosi gioielli gotici di Milano. Sull’ingresso della chiesa inoltre era stato ucciso Giovanni Maria Visconti. Paolo Morigia un gesuato milanese che scrive alla fine del 1500, ci dice che all’interno di San Gottardo si trovava una cappella dedicata alla Immacolata Concezione di Gesù. Siamo nel 1336 quando Azzone fa costruire la cappella. Caterina Visconti moglie di Azzone sposta le celebrazioni della festa dell’Immacolata dalla chiesa di San Gottardo alla cappella della Vergine in San Francesco Grande fatta costruire dallo stesso Azzone. Lo spostamento delle celebrazioni avviene nel 1403. Tuttavia tali celebrazioni vengono celebrate ancora in San Gottardo almeno fino alla fine del 1483.

Fig. 10. Leonardo Da Vinci, Vergine delle rocce, particolare, Parigi, Louvre

L’erudito e scrittore Carlo Torre riferisce che la cappella in San Gottardo in Corte dedicata all’Immacolata Concezione di Maria portava anche una antica dedicazione a San Giovanni alle fonti luogo deputato per battezzare i figli maschi della casata Sforza, un battistero dunque. Inoltre sempre Torre riferisce che al tempo di Ludovico il Moro è avvenuto l’esodo dei francescani che officiavano le celebrazioni all’interno della cappella dell’Immacolata da San Gottardo a San Francesco Grande.

Fig. 11. Leonardo Da Vinci (?), Studio per la mano dell’angelo della Vergine delle rocce, 1483 o 1517-20 circa, Castello di Windsor, Royal Library

L’antica dedicazione della cappella dell’Immacolata a San Giovanni alle fonti richiama l’antichissimo luogo sul quale sorgeva l’aula battesimale paleocristiana fatta costruire da Sant’Ambrogio e officiata fin da tempi antichissimi dai Frati Francescani. Su quel luogo sacro, Azzone fece costruire la sua cappella palatina, ossia San Gottardo. Era di competenza del Moro la facoltà di commissionare una pala ad un pittore per quell’ambiente. Ludovico, arrivato Leonardo a Milano, gli avrebbe commissionato il Cavallo e la Vergine delle rocce (la versione oggi al Louvre). Il fatto eccezionale che l’artista fiorentino abbia realizzato subito e per intero la tavola, richiedeva una committenza a sua volta eccezionale: in questo caso quella del Moro. A quella richiesta Leonardo rispose con grande sollecitudine e quella committenza trovò una risposta anche nella speciale iconografia che quella tavola propone. Infatti era destinata ad una cappella costruita sull’Ecclesia Fontis e teneva conto del culto della Vergine e del fatto che essa era stata costruita sul vecchio battistero ambrosiano. La Vergine e il Battista ne erano i principali protagonisti. Leonardo per eseguire la tavola attinse alla storia dell’infanzia del Battista tratta dai vangeli apocrifi. La tradizione apocrifa che Leonardo conosceva bene venendo da Firenze, prevedeva l’incontro tra Sant’Elisabetta, la Vergine, San Giuseppe e i due bambini al ritorno dalla fuga in Egitto. Leonardo diede rilievo alla caverna con la fonte, sempre ricorrente nelle leggende orientali relative all’infanzia del Battista, e all’incontro dei due bambini. Egli diede inoltre importanza al tema dell’adorazione del Battista da parte della Vergine. Solo questa ubicazione e nessun’altra sostiene Ballarin, può spiegare l’iconografia del dipinto. Il tema formale della piramide è quello che visualizza l’atto di adorazione da parte della Vergine, mentre una linea diretta è tra San Giovannino e Gesù. La tavola doveva già essere terminata all’inizio del 1483 e posta in essere.

Fig. 12. San Gottardo a Milano

Leonardo, arrivato a Milano, si mette subito al lavoro per dipingere la Vergine delle rocce del Louvre ossia quella in San Gottardo a Milano, terminata come abbiamo visto entro il principio del 1483; intanto viene convocato dalla Confraternita dell’Immacolata Concezione in San Francesco Grande che gli commissiona l’ancona per la propria cappella ma per quanto riguarda l’esecuzione di quest’ultima opera Leonardo indugia a lungo. Infatti ancora nel 1506-1507 come abbiamo visto era in pieno svolgimento l’arbitrato con i confratelli. Leonardo era inoltre impegnato per altri lavori commissionati dal Moro.

Fig. 13. da sinistra: Leonardo Da Vinci, Studio per la testa dell’angelo della Vergine delle rocce, 1483 circa, Torino, Bilbioteca Reale; Leonardo Da Vinci, Vergine delle rocce, particolare, Parigi, Louvre

La Confraternita dell’Immacolata Concezione in San Francesco Grande a Milano commissiona a Leonardo una versione della Vergine delle rocce poiché dal 1482 i francescani che officiavano nella cappella palatina dedicata appunto all’Immacolata Concezione vengono allontanati e decidono di chiedere al pittore un’opera che adorni la loro nuova cappella, e chi meglio poteva farlo se non Leonardo? Si è anche pensato solo per pochi istanti che i confratelli scacciati malamente da San Gottardo, si fossero portati con se la Vergine delle rocce del Louvre ma questo non avrebbe senso, poiché se l’opera centrale del polittico in San Francesco Grande ci fosse già stata (all’altezza del 1483) non avrebbe avuto senso la stipula del contratto a Leonardo per una nostra donna tra i profeti. Inoltre sarebbe stato impossibile per i confratelli portarsi via una tavola di proprietà ducale senza l’esplicito permesso del Moro che comunque non arrivò mai non essendo testimoniata da alcun documento. L’iniziativa del Moro di trasformare completamente San Gottardo nella propria cappella di famiglia a suo uso esclusivo e quindi di allontanare interferenze clericali ed ecclesiastiche sarebbe la miccia che ha acceso anni e anni di dibattiti sulle sorti delle due opere. Inoltre il Moro non voleva sbarazzarsi degli arredi degli altari in San Gottardo ma solo, come abbiamo appena detto, di fastidiose ingerenze religiose all’interno di quella che di fatto era casa sua.

Fig. 14. Leonardo Da Vinci, Vergine delle rocce, particolare, Parigi, Louvre

L’equivoco delle fonti potrebbe essere stato quello di ritenere il trasferimento dei confratelli dell’Immacolata da San Gottardo a San Francesco Grande come un trasferimento non solo delle persone fisiche da un luogo a un altro ma anche del trasferimento degli arredi (compresa la Vergine delle rocce del Louvre) dalla cappella in San Gottardo a quella in San Francesco Grande, cosa che in realtà sembra non essere mai avvenuta.

L’opera di Leonardo in San Gottardo è nata per essere un’opera privata e non accessibile, che potevano conoscere solo i più stretti collaboratori di Leonardo e questo spiega il fatto per cui della versione del Louvre esistono solo tre copie, mentre di quella in San Francesco Grande, che va detto, era una chiesa aperta al pubblico e quindi visitabile liberamente, esistono numerosissime versioni.

È poi chiaro che dal momento che l’ubicazione per la “replica” cambia, anche l’iconografia venga modificata e resa un po’ più accessibile e comprensibile come appunto avviene nella versione un tempo in San Francesco Grande e oggi a Londra.

Fig. 15. Leonardo Da Vinci, Vergine delle rocce, particolare, Parigi, Louvre

Leonardo dipinse la versione di Londra, stando sempre alle parole di Ballarin dopo il 1490 e prima del 1496 ma non la consegnò in uno stato di completa finitezza ma nemmeno nei termini di un abbozzo perché non avrebbe potuto chiedere la supplica al suo mecenate, il Moro con una nuova stima e l’aumento del prezzo alla confraternita, inventandosi molto probabilmente un compratore pronto ad acquistare l’opera in caso i confratelli non avessero sborsato una cifra più alta.

Come abbiamo visto la Vergine delle rocce di Londra rimane a Milano fino al 1785 visibile, mentre della Vergine delle rocce del Louvre, fino al 1625 si perdono completamente le tracce. Ricompare infatti a Fontainebleau già di proprietà delle collezioni reali. È verisimile che durante la politica filo imperiale del Moro resa manifesta dalle celebrazioni del matrimonio tra sua figlia Bianca Maria Sforza con l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo nel 1493, il Moro abbia voluto fare un regalo di nozze a Massimiliano donandogli la Vergine delle rocce di Leonardo che si trovava nella cappella di famiglia in San Gottardo. Anche se Ballarin trova suggestiva tale ipotesi, ritiene più logicamente e con un pizzico di cinismo, che quando i francesi guidati da Luigi XII assediano Milano nel 1499, e il Moro e tutta la sua famiglia sono costretti all’esilio, i soldati francesi razzino e saccheggino i tesori ducali tra cui appunto gli arredi delle cappelle in San Gottardo dove stava, guarda un po’ uno dei più bei capolavori della storia dell’arte: la Vergine delle rocce di Leonardo Da Vinci che i francesi razziarono da Milano e dall’Italia proprio come fece Napoleone, un altro francese, più di 300 anni dopo con centinaia di migliaia di opere d’arte italiane, ma non la Gioconda, quella stava già in Francia!

Fig. 16. Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna con il Bambino, 1480 -1485 circa, Milano, Poldi Pezzoli

Tutta questa faccenda è destinata a rimanere una bella ipotesi, certo tra le più accreditate, valide e aggiornate ma pur sempre un’ipotesi. Certo, ancora, non si spiegherebbe il motivo per il quale Leonardo debba aver riproposto la stessa identica opera a distanza di pochi mesi l’una dall’altra per due diversi committenti anche se accomunati, diciamo così, dallo stesso intento celebrativo legato all’Immacolata Concezione. È noto infatti che Leonardo non è un’artista che replica le sue opere. L’unico caso di replica conosciuta è, appunto, la Vergine delle rocce di Londra. La questione tra le due versioni che Ballarin spiega con così tanta cura troverebbe un altrettanto stringente logica se si iniziasse a considerare l’opera della National Gallery di Londra una replica non completamente autografa, seppur di eccezionale bellezza, tratta dai disegni del maestro e direttamente dipendente dalla Versione del Louvre. Già Pietro Cesare Marani ha avanzato in tempi non sospetti il dubbio che la Vergine delle rocce di Londra possa essere il frutto della collaborazione tra Leonardo e la sua più stretta cerchia di allievi. Il maestro la inizia come abbiamo visto entro il 1483, ma i lavori successivi protrattisi fino al 1507-08 devono aver richiesto un consistente aiuto della bottega, tra i cui validi assistenti c’era Giovanni Antonio Boltraffio. Trovo infatti che alcune delle opere di Boltraffio possano essere messe a confronto con alcune parti della Vergine delle rocce di Londra. Basta osservare attentamente la Madonna con il Bambino del Museo Poldi Pezzoli di Milano o la Madonna di Budapest per convincersi che alcune parti dell’opera londinese spettino al migliore degli allievi leonardeschi.

Fig. 17. Giovanni Antonio Boltraffio, Madonna con il Bambino, 1490-1495 circa, Budapest, Museum of Fine Arts

Questa intricata questione è destinata a non trovare una chiusa, in quanto pensate se una delle opere più eccezionali della National Gallery di Londra che si è da sempre creduta del Maestro di Vinci dovesse a un tratto cambiare attribuzione mettendo in didascalia un testo che suoni così: Leonardo Da Vinci e Bottega: Giovanni Antonio Boltraffio? Sarebbe per il museo londinese una vera catastrofe visto che la National Gallery vanta quell’unico capolavoro presunto di mano del solo Leonardo.

Ma visto che siamo giunti nel pericolosissimo campo delle attribuzioni e un poco della semantica, sarà meglio cambiare argomento e volgere la nostra attenzione verso altri orizzonti.

Marco Audisio

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