Il Cimitero Monumentale di Milano: un museo a cielo aperto

Risale all’epoca post napoleonica l’idea di dotare la città di Milano di un nuovo, grande cimitero, che potesse sostituire i numerosi e insalubri fopponi (termine milanese che indica le fosse comuni), secondo i principi espressi dall’Editto di Saint Cloud: la normativa, emanata nel 1804 da Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 1769 – Isola di Sant’Elena, 1821), stabiliva infatti che i luoghi destinati alle sepolture fossero poste al di fuori delle mura cittadine e che ad ogni defunto fosse destinato uno spazio singolo e personale. L’Editto, inoltre, assegnava la responsabilità della gestione di tali luoghi all’autorità civile, affinché fosse garantito il rispetto delle norme igieniche e sanitarie, determinando così il decadimento del potere della Chiesa cattolica.

Solamente nel 1860 tuttavia, al raggiungimento dell’indipendenza nazionale, la proposta trovò un’attuazione concreta: il sindaco del nuovo Municipio di Milano, Antonio Beretta (Siziano, 1808 – Roma, 1891), indisse infatti un concorso il quale, dopo uno svolgimento a più riprese, vide vincitore il progetto elaborato dall’architetto Carlo Maciachini (Induno Olona 1818 – Varese 1899). Fra i motivi che indussero la commissione a decretare tale vittoria vi erano innanzitutto la disposizione planimetrica del cimitero, che prevedeva il dispiegamento in facciata di un imponente impianto architettonico – ideato come una corte d’onore – ma anche l’economicità del progetto, laddove nelle parti meno esposte la pregiata pietra Simona rossa è sostituita da comuni e meno dispendiosi mattoni.

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Fig. 1. Cimitero Monumentale di Milano, planimetria originale nel progetto di Carlo Maciachini, 1863.

Il cimitero, inaugurato ufficialmente il 2 novembre 1866, si impernia su un ampio viale centrale che lo percorre in tutta la lunghezza e che si incrocia a metà con un asse latitudinale, formando così una struttura cardo-decumano di reminiscenza romana. Ulteriori viali minori si intersecano ai principali, dando vita ad una sorta di città dalla planimetria a griglia.

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Fig. 2. Carlo Maciachini, Interno del Famedio, Cimitero Monumentale di Milano, 1866.

Il primo grande edificio che si incontra, fulcro dell’intero sito sia dal punto di vista architettonico che concettuale, è il Famedio, così denominato secondo un neologismo coniato dai termini latini fama e aedes, ovvero “tempio della fama”: tale luogo è appunto riservato alla sepoltura di quei personaggi che si sono distinti per i propri meriti e che hanno contribuito a donare lustro non solo alla città di Milano, ma all’intera nazione. Fra di essi citiamo, a titolo di esempio, Alessandro Manzoni (Milano, 1785 –1873), l’architetto Luca Beltrami (Milano, 1854 – Roma, 1933), il poeta e premio Nobel Salvatore Quasimodo (Modica, 1901 – Napoli, 1968).

Dal punto di vista architettonico, il Famedio si distingue per lo spiccato eclettismo, secondo un modus operandi diffuso nell’ambiente culturale dell’epoca; tale eterogeneità si risolve tuttavia in un’estetica armonica ed equilibrata. Fra i numerosi stili “presi in prestito” da Maciachini possiamo riconoscere nella bicromia che caratterizza le pareti, ottenuta mediante l’accostamento di marmo botticino e della già citata pietra Simona, la tradizione del romanico toscano e comasco; al gotico lombardo sono invece riconducibili le cuspidi che si dipartono dalla copertura, mentre i mosaici che sovrastano le porte di accesso sono ascrivibili all’arte bizantina. Di decisivo impatto è poi l’interno dell’edificio, la cui cupola si caratterizza per l’esteso utilizzo del blu cobalto punteggiato di elementi luminosi, così da simulare un cielo stellato.

Dai due lati del Famedio, rispettivamente verso l’area di Levante e di Ponente, si dipartono poi delle estese gallerie, situate su due livelli: quello superiore si distingue per la grande ricchezza di monumenti di pregio storico-artistico, fra i cui autori si annoverano, fra gli altri, Vincenzo Vela (Ligornetto, 1820 – Mendrisio,1891 ), Francesco Penna (Napoli, 1865 – Milano, 1927) e Lucio Fontana (Rosario, Argentina, 1899 – Comabbio, 1968).

Al termine delle gallerie è possibile accedere ai reparti “acattolico” – dedicato ai defunti di religione cristiana ma non cattolica – e israelita, che ospita le sepolture delle persone di religione ebraica; fra i monumenti di quest’area, il più imponente è l’edicola della famiglia Segre, progettata nel 1900 da Luigi Conconi (Milano, 1852 – 1917), probabilmente più noto per la sia attività pittorica nell’ambito della Scapigliatura lombarda, ma anche architetto di grande talento.

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Fig. 3. Gruppo BBPR, Monumento ai caduti nei campi di sterminio, 1945, Cimitero Monumentale di Milano.

Proseguendo oltre il Famedio, si accede al cimitero vero e proprio: all’inizio della vastissima superficie è situato un monumento progettato dal gruppo di architetti milanesi BBPR – acronimo derivante dalle iniziali dei cognomi dei suoi componenti: Gian Luigi Banfi (Milano, 1910 – Gusen, 1945), Lodovico Barbiano di Belgiojoso (Milano, 1909 – 2004), Enrico Peressutti (Pinzano al Tagliamento, 1908 – Milano, 1976), Ernesto Nathan Rogers (Trieste, 1909 – Gardone Riviera, 1969) – progettisti della celebre Torre Velasca, inaugurata nel 1958 a Milano, ed esponenti di punta del razionalismo italiano sin agli anni Trenta. Il monumento è dedicato ai Caduti nei campi di sterminio nazisti e la scelta dello studio BBPR, in tale senso, non fu casuale: gli architetti avevano infatti aderito ai movimenti di Resistenza antifascisti e per tale motivo Banfi e Belgiojoso erano stati deportati nel lager di Mauthausen, dove Banfi, peraltro, nel 1945 aveva trovato la morte. La struttura è costituita da un’intelaiatura cubica, sobria ed essenziale, modulata sulle proporzioni della sezione aurea e costruita con materiali di recupero. La teca di cristallo visibile al centro custodisce una gavetta cinta di fila spinato e contenente della terra proveniente dal suolo di Mauthausen, emblema della tragica esperienza vissuta da milioni di persone nei lager nazisti.

 

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Fig. 4. Cimitero Monumentale di Milano, area di Levante: veduta dell’Emiciclo e del Civico Mausoleo Palanti.

Per quanto riguarda la zona cosiddetta Emiciclo, immediatamente successiva, segnaliamo il Civico Mausoleo Palanti: un grandiosa ed austera edicola progettata dall’architetto Mario Palanti (Milano, 1885 – 1978) per sé e la propria famiglia ma acquisita dal Comune di Milano nel 1973, per essere destinata ad accogliere, come il Famedio, le spoglie di personaggi illustri; fra di essi ricordiamo due grandi direttori della Pinacoteca di Brera, Fernanda WIttgens (Milano, 1903 -1957) e Franco Russoli (Firenze, 1923 – Milano, 1977).

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Fig. 5. Carlo Maciachini, Ossario, Cimitero Monumentale di Milano, 1874.

La zona centrale del cimitero è contraddistinta dalla Necropoli, un’area a pianta ottagonale caratterizzata dalla numerosa presenza di edicole e cappelle di famiglia, dei più svariati stili. La Necropoli si sviluppa alle spalle di un altro edificio cardinale della planimetria del cimitero, ovvero l’Ossario centrale, costituito da un corpo rialzato su una terrazza e a copertura ottagonale, contenente l’antica chiesa, oggi sconsacrata, e che ripropone la bicromia bianco-rosso già menzionata nel caso del Famedio.

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Fig. 6. Carlo Maciachini, Tempio Crematori, 1876, Cimitero Monumentale di Milano.

L’ultimo grande edificio, posto esattamente a conclusione del viale centrale, è il Tempio Crematorio, aperto nel 1876: si tratta di una costruzione a foggia di tempio dorico, di estrema importanza poiché rese il capoluogo lombardo la prima città in Italia – e probabilmente in Europa – ad inaugurare la pratica della cremazione.

Rendere conto della vastità e della ricchezza artistica, storica e sociale del Cimitero Monumentale di Milano in un solo articolo è impresa pressoché impossibile; gli oltre quindicimila monumenti, le circa 900 edicole e cappelle e i numerosissimi personaggi illustri qui tumulati rendono questo luogo, come da titolo, un vero e proprio museo a cielo aperto, in grado di soddisfare una vastissima gamma di interessi, dall’arte all’architettura, dallo spettacolo alla scienza. Si è cercato in questa sede di fornire una prima, generale idea dell’entità di questo luogo, con l’intenzione di proseguire in futuro con brani più specifici, che permettano di approfondire alcune delle sfaccettature di questo complesso ed interessante ambito.

Chiara Franchi

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