Giovedì 13 ottobre è uscito in tutti i cinema un nuovo episodio delle avventure del simbolista Robert Langdon: Inferno, terza trasposizione cinematografica di un romanzo di Dan Brown.
Come era prevedibile il film ha riscosso un immediato successo al botteghino, aggiudicandosi la prima posizione della classifica dei film più visti del finesettimana e guadagnando ben 4.5 milioni di euro in quattro giorni. Una partenza davvero notevole anche se sicuramente questo nuovo capitolo non ha la stessa eco dei film precedenti (Il codice Da Vinci e Angeli e demoni), cosa dimostrata soprattutto dalla tiepida accoglienza nei cinema americani. Ad oggi, dopo quattro settimane di programmazione, ha guadagnato quasi 12 milioni di euro solo in Italia.
Il film mostra parecchie differenze rispetto al romanzo e questo potrebbe non piacere ai fedeli lettori di Dan Brown, che magari si erano affezionati a determinati particolari della trama del libro, ad esempio LA FINE.

Le due versioni hanno in comune un carattere fondamentale per la trama, ovvero la crisi del personaggio di Robert Langdon, che per la prima volta perde la sua lucidità, risvegliandosi tramortito in un letto d’ospedale a Firenze senza nemmeno sapere come ci sia arrivato. Da questo deriva un inizio del film molto confuso in modo da far immedesimare lo spettatore con il protagonista che inoltre continua ad avere strane visioni apocalittiche. Fin qui il film rispecchia il libro che inizia nello stesso modo, con questo effetto di straniamento e con la descrizione di uno stato di confusione mentale. La pellicola però nella sua prosecuzione introduce personaggi, filoni narrativi romantici e flashback inesistenti nel romanzo e questo devo dire che non mi piace, la presunta relaziona giovanile tra Langdon e la dottoressa a capo dell’OMS posso anche accettarla, ma l’introduzione di personaggi che modificano in parte lo svolgimento della trama no. Inoltre il libro presenta sicuramente una maggiore attenzione per il dettaglio, nella descrizione dei luoghi e in alcuni passaggi fisici e geografici tra un punto e l’altro della città di Firenze si nota una certa imprecisione, per sveltire la trama certo ma a scapito di una linearità che nel romanzo è molto piacevole e un punto di forza. Questa imprecisione nei passaggi tra luoghi simbolo della città di Firenze può non essere colta da coloro che non hanno mai visitato la città ma dai fiorentini e dai tanti amanti della città di Dante sicuramente questi elementi fanno la differenza. La conclusione del romanzo è molto particolare e costituisce un elemento di diversità rispetto a tutti gli altri romanzi di Dan Brown ed è sicuramente qualcosa che rimane impresso nella mente del lettore e che lo colpisce positivamente. Purtroppo la conclusione nel film è stata totalmente cambiata per farlo ricadere nel modello standard dei film d’azione/thriller senza un minimo di novità. Inferno di Ron Howard insomma mantiene quella tensione e quel coinvolgimento del film d’azione che sicuramente regala ore piacevoli (le immagini di Firenze sono davvero belle, il regista ne ha saputo cogliere i suoi lati migliori) senza però introdurre quell’elemento di novità che il romanzo offre.
Alessandro Audisio
Sono completamente d’accordo, la storia tra Langdon e la Sinskey potevo anche farla passare, ma i personaggi inventati e la fine: assolutamente No.
Inferno è uno dei film (degli ultimi anni) che più mi ha delusa! Ho letto il libro poco prima di vederlo al cinema e in quell’arco di tempo sono anche stata a Firenze. Non ti dico il livello delle mie aspettative per la trasposizione cinematografica, nè tanto meno la delusione dopo averla vista.
Che peccato, mi aspettavo qualcosa di completamente diverso.
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Esatto, anche io sono rimasto deluso, mi aspettavo molto di più. Le riprese di Firenze però rendono giustizia alla sua bellezza.
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Assolutamente si! Firenze, Venezia e Istanbul: Wow! L’unica cosa che salverei sono le locations. Se ti può interessare ho scritto un post sui luoghi di Firenze in cui si svolge la storia d’Inferno 🙂
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