«Questo è il mio romanzo preferito dell’anno: un’epopea americana straordinaria, a volte violenta, a volte tenera, che racconta con grande lirismo il destino di due giovani uomini».
Così Kazuo Ishiguro descrive il romanzo di Sebastian Barry nella quarta di copertina dell’edizione Einaudi e non potevano esserci altre parole più vicine alla realtà, Ishiguro infatti coglie la vera essenza di questo romanzo e la riassume in poche frasi.
Protagonisti di Giorni senza fine sono due giovani ragazzi, Thomas McNulty e John Cole, i quali si incontrano per caso e da quel momento non si separeranno più affrontando insieme i momenti drammatici e lieti della vita. Il romanzo è ambientato nella metà dell’ottocento in America, una giovane nazione che continua a perseguire le sue mire espansionistiche ad ovest a scapito dei nativi americani e che presto affronterà una durissima guerra civile che vedrà schierati gli stati del nord contro gli stati del sud, per porre fine alla schiavitù certo, ma anche per ragioni politiche ed economiche di primaria importanza.

Thomas è irlandese, ha appena quindici anni, ma decide di abbandonare la sua casa per fuggire dalla fame e dalla carestia che si è portata via la sua famiglia e affronta un lungo viaggio in nave dove si vede ancora una volta circondato dalla morte che si prende molti passeggeri imbarcati insieme a lui. Thomas, una volta in America, incontra John, un ragazzo vagabondo più o meno della sua stessa età, e con lui riuscirà ad ottenere un lavoro presso un saloon. I due ragazzi infatti sono molto giovani e grazie alla loro fisicità minuta sono perfetti per interpretare delle donne, esibirsi e così regalare momenti di leggerezza ai minatori che lavorano in quella zona. Thomas e John si vestono da donne tutte le sere e riescono a far sognare, almeno per qualche ora, quegli uomini che fanno un lavoro così duro e privo di gratificazioni, che li guardano con rispetto e non osano sfiorarli. Il periodo passato al saloon è il primo momento di felicità dei due protagonisti che si innamorano anche l’uno dell’altro, ma quando iniziano a crescere e a mostrare evidenti tratti maschili devono cercarsi un altro lavoro e per non cadere nuovamente nell’indigenza Thomas e John decidono di arruolarsi nell’esercito, che offre vitto e alloggio, per combattere contro i nativi americani. Sul campo da battaglia i nostri protagonisti vedono il lato più crudele e insensato della vita, sperimentano cosa vuol dire sentirsi spaventati e in pericolo, ma allo stesso tempo scoprono cosa vuol dire uccidere e usare la violenza contro altri uomini che così poco sono diversi da loro. John e Thomas combattono perché far parte dell’esercito è il loro unico modo per avere da mangiare e uno stipendio minimo, non credono quindi nella causa della lotta contro i nativi americani, ma devono difendersi quando vengono attaccati ed eseguire gli ordini per evitare di finire fucilati. Ci sono scene di violenza, caratterizzate da quella atmosfera di confusione e di paura tipica del campo di battaglia, che però molte volte avvengono sullo sfondo di un paesaggio naturale bellissimo e sublime, quel sublime che è una bellezza talmente grande che fa rimanere impauriti.
La natura assume quindi a volte una connotazione positiva e fa risaltare la crudeltà insensata degli uomini, ma altre volte è proprio a causa della natura che questi soldati soffrono, attanagliati ad esempio dal freddo pungente che può arrivare a far perdere loro le mani o i piedi.

La guerra sparge vittime da entrambe le parti, ma le conseguenze più gravi riguardano soprattutto i nativi americani che perdono i loro villaggi e territori; nelle violente rappresaglie i soldati americani non risparmiano nemmeno donne e bambini e coloro che sopravvivono devono fare i conti con le conseguenze di questo scontri. Thomas e John giungono al termine del loro servizio militare e prima di andarsene decidono di portare con loro una bambina sioux, Winona, che era stata portata al reggimento e frequentava la scuola per gli indiani. La giovane si affeziona ai nostri due protagonisti e così loro decidono di proteggerla come se fosse figlia loro e di garantirle un futuro migliore.
“Winona è senz’altro la figlioletta più graziosa che ci poteva capitare. Capelli neri stupendi. Occhi blu come il dorso d’un maccarello. O le piume d’un’ala d’anatra. Visino fresco come un melone quando lo prendi tra le mani e la baci in fronte. Dio solo lo sa che tragedie ha visto e vissuto. Omicidi selvaggi di sicuro, perché li abbiamo commessi noi. Ha assistito allo sterminio e al massacro dei suoi. Una bambina che ha visto tutto questo, t’aspetti che si sveglia di notte in un bagno di sudore, e infatti. Allora John Cole gli tocca stringersi addosso il suo corpicino tremante e calmarla con le ninnenanne. Be’, ne sa solo una e canta sempre quella. L’abbraccia con dolcezza e gli canta a ninnananna. Dove l’avrà imparata, mah, non lo sa nemmeno lui. Da un uccello sperduto d’un paese lontano. Poi si sdraia nel letto e gli si rannicchia addosso come t’immagini che fanno gli orsetti d’inverno nella tana, o forse anche i lupi. Stretta stretta, come se John Cole fosse la salvezza che cerca. Un’ancora. Poi il respiro diventa più lento e comincia a russare un pochino. Ora di tornare a letto, e al buio o nella preziosa ombra della candela lui mi guarda e annuisce. L’ho fatta addormentare, dice. Bravo, dico io. Altro non ci voleva, per farci felici.”
Thomas, John e Winona vivono insieme come una famiglia e passano insieme momenti di felicità e pace, ma quando si avvicina la guerra civile i due uomini rispondono al richiamo di Lincoln e si arruolano nell’esercito, questa volta per combattere contro i sudisti e porre fine alla schiavitù. Questa guerra è ancora più drammatica perché ad affrontarsi sono uomini che fanno parte della stessa nazione e la sensazione che si stia combattendo un inutile massacro è sempre presente. Sono ancora molti i pericoli a cui vanno incontro i nostri protagonisti, ma come al solito non voglio rovinarvi il piacere di leggere questo bel romanzo.

Barry riesce a dosare sapientemente i momenti più crudi della sua storia, che sono in modo particolare legati al servizio nell’esercito, e i momenti invece più intimi, dolci e felici dove si raggiunge, come afferma Ishiguro, una descrizione quasi lirica. Lo scrittore rende in modo abbastanza accurato gli alti e i bassi della vita, in 220 pagine riesce a descrivere cos’è la vita in modo intenso, completo e veritiero, ovvero un susseguirsi di momenti difficili intervallati da quei piccoli sprazzi di gioia che sono ciò che davvero può dare un senso all’esistenza:
“È stato solo un piccolo momento senza importanza. Però vederlo m’ha fatto bene al cuore. Le cose che ti fanno bene al cuore sono rare, meglio stamparsele in testa quando capitano, per non scordarle.”
È impossibile non affezionarsi ai protagonisti di questa storia, che incappano in violenza e disumanità, anche se tutto ciò che cercano di fare è sopravvivere e avere di che sostentarsi.
Il racconto poi è fatto in prima persona da Thomas e l’autore sceglie di imitare quello che doveva essere il modo di parlare di un uomo, non particolarmente istruito di metà ottocento, e riesce a farlo con abilità senza che il ritmo del racconto ne risenta.
Giorni senza fine è stata una delle letture migliori di questo anno e la consiglio a tutti per immergersi in una storia coinvolgente, cruda e dolce insieme.
Alessandro Audisio
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