Kandinskij e il Crepuscolo delle Mostre

Questa recensione vuole, oltre che commentare la mostra su Kandinskij che si sta svolgendo al MUDEC di Milano, anche provare a riflettere su un “meccanismo” un poco osceno nel modo di concepire le mostre in Italia, che lentamente si sta facendo prassi. Mi sto riferendo al “meccanismo della ripetizione seriale”, o se preferite, del “copia incolla”.

Questa pratica, che sempre più spesso viene utilizzata nella grande “industria delle mostre”, consiste nel ripetere praticamente la stessa identica mostra, a cadenza quasi annuale, in diverse città italiane cambiandone il nome, i curatori, e là dove possibile anche alcune opere; tuttavia chi sta dietro alla loro organizzazione sono sempre le medesime grandi case editrici che creano un pacchetto, ripetibile potenzialmente all’infinito, con minime varianti con lo scopo unico di produrre indotto.

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Locandina della mostra su Frida Kahlo in mostra a Genova nel 2014.

Così facendo i nomi che sentiamo continuamente sono sempre gli stessi, così come le mostre che andiamo a vedere. Facciamo qualche esempio: le mostre sull’incisore Escher si sono svolte dal 2014 al 2017 praticamente a cadenza annuale; nel 2014 si è partiti dalla mostra di Reggio Emilia, passando nel 2015 a Bologna, nel 2016 a Milano e oggi una mostra su Escher è visitabile a Catania presso il Palazzo della Cultura. Un altro nome che fa sbigliettare è quello della pittrice messicana Frida Khalo, ancora una volta le mostre su quest’artista si susseguono a cadenza annuale: nel 2014 è andata in scena alle Scuderie del Quirinale a Roma, nel 2015 a Palazzo Ducale a Genova, e quasi contemporaneamente una mostra fotografica era presente a Milano; una mostra sull’artista si è da poco conclusa a Bologna e già se ne pensa un’altra al MUDEC di Milano nel 2018. Incredibile! Tira quasi quanto la Khalo anche Amedeo Modigliani: una mostra sull’artista “maledetto” di Livorno c’è stata nel 2013 a Milano a Palazzo Reale, un’altra si è svolta nel 2015 alla GAM di Torino e attualmente una mostra su Modì si può andare a vedere a Genova al Palazzo Ducale (di cui certamente non mancherò di darvene conto). E se per quanto riguarda l’arte contemporanea la rosa dei nomi si restringe sempre più ai soliti noti, anche per l’arte antica il meccanismo è il medesimo. Proliferano in Italia moltissime mostre che hanno nel loro titolo la parola Caravaggio, spesso accompagnato dalle preposizioni da, a al fine di giustificare e pubblicizzare l’evento caravaggesco spesso poi confinato ad una sola opera del maestro lombardo.

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Locandina della mostra su Modigliani e gli artisti maledetti andata in scena a Palazzo Reale a Milano nel 2013

 Ci si concentra sempre sugli stessi nomi al fine di sbigliettare e quindi di ammortizzare le spese per la “produzione” della mostra e del catalogo da parte delle grandi industrie delle mostre e questo a discapito della ricerca e dell’intraprendenza. Quante poche volte si è sentito parlare di una mostra su Mario Sironi, Filippo De Pisis, Mario Schifano, Alberto Burri, Duchamp e quanto invece abbiamo sentito parlare di Degas, Monet, Cezanne, Modigliani, Frida Khalo, e Kandinskij? Quante volte si è sentita una mostra su Domenico Veneziano, Andrea del Castagno, Bernardo Zenale e quante invece su Caravaggio e i Caravaggeschi? Perché?

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Locandina della mostra su Kandinskij in scena a Palazzo Reale nel 2013

 Spesso poi queste esposizioni sono prive di qualsiasi contenuto culturale e contributo veramente scientifico e questo fa sì che i cataloghi (molto costosi) non siano altro che dei vanesi album fotografici molto ben curati dal punto di vista dell’estetica ma che presto finiranno, per la loro inconsistenza scientifica e culturale, nel dimenticatoio, specie se chi li compra sono storici dell’arte. Non si fraintenda, va benissimo fare delle mostre di intrattenimento puntando anche su grandi nomi, anzi, credo che oggi siano orami più che importanti, ma bisogna sforzarsi di allargare l’orizzonte culturale sia di chi le produce sia di chi le va effettivamente a vedere rischiando certamente un po’ di più piuttosto che adagiarsi nella bambagia e riproporre fino alla nausea le stesse mostre sugli stessi artisti. Bisognerebbe anche sforzarsi di curare meglio i cataloghi, dotandoli, oltre che dei solti saggi introduttivi (i più scientifici possibili), anche di adeguate schede relative alle opere presenti alle esposizioni (le più scientifiche possibili, anche se sintetiche), aggiungendo in fondo una bibliografia approfondita e l’indice dei nomi.

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Vasilij Kandinskij, Destino, 1909, Astrakan State Picture Gallery

Ma veniamo a Kandinskij… La mostra al MUDEC (museo delle culture di Milano) in scena fino al prossimo 9 luglio dal titolo Kandinskij il Cavaliere errante in viaggio verso l’astrazione è curata da Silvia Burini e Ada Masoero ed è prodotta da 24ore cultura. Quella in scena nella sale dell’ex Ansaldo è la terza mostra su Kandinskij a distanza di otto mesi dall’ultima tenutasi a Palazzo Strozzi a Firenze e a distanza di circa tre anni da quella andata in scena nelle sale di Palazzo Reale a Milano e curata tra l’altro dai medesimi curatori.

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Vasilij Kandinskij, San Giorgio e la Principessa

La mostra al MUDEC vuole raccontare la vicenda artistica di Kandinskij, in particolar modo vuole mettere in luce il momento di passaggio stilistico dell’artista dalla figurazione all’astrazione raggruppando circa una trentina di opere, tra dipinti e disegni, del pittore russo. Per farlo affianca alle opere del maestro oggetti e dipinti legati all’immaginario quotidiano da cui Kandinskij attinge fin dal suo esordio come pittore cercando di spiegare come forme, oggetti e opere vengano rielaborati da Kandinskij attraverso l’uso di un linguaggio del tutto peculiare ed eterogeneo. Seguendo la vocazione propria del MUDEC, la mostra prova a raccontare non solo il passaggio dalla figurazione all’astrazione nelle opere del maestro russo, ma intende analizzare anche geograficamente il contesto entro il quale è avvenuto questo passaggio fondamentale, ancora di difficile identificazione cronologica, ma che oscilla tra il 1907 e il 1911.

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Vasilij Kandinskij, Acquerello astratto, 1911 circa, Milano, Museo del Novecento

L’attenzione della mostra, tutta raccolta in poche sale, si focalizza anzitutto sulla parabola di San Giorgio e la Principessa per progredire lentamente ma inesorabilmente verso l’astrazione che in mostra è ben esemplificata dall’acquerello del Museo del Novecento di Milano. Attraverso una formulazione teorica, analizzata dall’opera cardine della produzione letteraria dell’artista come Lo Spirituale dell’arte (1911 intriso di Teosofia e Antroposofia), Kandinskij arriva alla disgregazione della figurazione per creare composizioni armoniche di colori puri affidando la forma artistica a semplici elementi compositivi quali il punto, la linea e la superficie. Queste teorizzazioni confluiranno nell’altra opera fondamentale dell’artista, cioè Punto, Linea, Superficie (1926) scritta dopo che il maestro tenne diverse lezioni, a partire dal 1922, presso il Bauhaus di Walter Gropius. Se da una parte la mostra cerca di analizzare il passaggio fondamentale da uno stile figurativo a uno astratto mettendo in evidenza i fattori geografici e culturali che hanno contribuito alla formazione di questo linguaggio, dall’altra l’esposizione non tiene adeguatamente conto di quanto l’incontro di Kandinskij con Gropius e Paul Klee e degli altri esponenti del Bauhaus siano stati fondamentali per l’evoluzione del suo linguaggio artistico.

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Vasilij Kandinskij, Improvvisazione di forme fredde, 1914, Mosca, Gallery Tret’Jakov

Ho trovato le istallazioni multimediali molto infantili e forse inutili, tuttavia l’esposizione delle opere è ben congeniata, buona l’illuminazione, belle le opere (alcune delle quali per la prima volta esposte in Italia), anche se non sempre accompagnate da didascalie esaustive. Il catalogo è povero nella parte di schedatura delle opere, ma conta un buon numero di saggi introduttivi e ha, almeno alla fine, la bibliografia essenziale. Se non avete mai visto una mostra su Kandinskij ve la consiglio.

Marco Audisio

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