Wildt al “Monumentale”: centocinquant’anni di un artista inquieto

In occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita dello scultore milanese Adolfo Wildt, nato nel capoluogo lombardo il 1 marzo 1868, il Cimitero Monumentale di Milano torna ad essere protagonista del blog, con un articolo tutto incentrato sulle opere d’arte funeraria firmate dall’artista e lì collocate nel corso dei primi decenni del Novecento. Scultore tanto celebrato dalla critica quanto – purtroppo – poco conosciuto dal grande pubblico, Wildt è passato alla storia per l’acceso espressionismo delle figure umane, vive ed inquietanti, e per i celebri ritratti, iconici ed austeri, di alcuni dei personaggi più simbolici della storia e della cultura del Novecento, scolpiti in forma di “maschera”. Nato in una famiglia estremamente umile, il giovanissimo Adolfo compie un primo apprendistato nella bottega dello scultore scapigliato Giuseppe Grandi (Ganna, 1843 – 1894), proseguendo poi la propria formazione presso l’Accademia di Brera. Nel 1894 l’artista incontra il mecenate prussiano Franz Rose, al quale, tramite un regolare contratto, si lega per ben diciotto anni, assicurandosi così una certa sicurezza economica. Negli anni nei quali in Italia e in Europa irrompono le grandi Avanguardie storiche, dal cubismo al futurismo, Wildt elabora la propria personalissima poetica, quasi del tutto immune a tali novità formali e concettuali; la sua arte attinge piuttosto alla grande tradizione del passato, a partire dall’irrequieto espressionismo della scultura ellenica, passando per l’austerità della ritrattistica romana fino agli echi, riscontrabili nella sottile sinuosità dei corpi, del più moderno simbolismo. Materia privilegiata è il marmo, al quale l’artista dedica, nel 1921, il trattato L’arte del marmo, edito da Ulrico Hoepli (Tuttwill, 1847 – Milano, 1935); attraverso il mezzo letterario, Wildt esplica dunque i principi fondamentali della propria poetica, sottolineando l’imprescindibilità delle forme lisce ed essenziali e della linea netta.

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Fig.1. Adolfo Wildt, Monumento Ulrico Hoepli, 1924, Milano, Cimitero Monumentale.

Un rapporto, quello tra Wildt e Hoepli, che ebbe la propria riconferma anche qualche anno dopo, quando, nel 1924, l’editore incaricò lo scultore del progetto e della realizzazione del proprio monumento funebre, risolto nelle forme di un grande libro in marmo, chiara allusione all’attività del committente. Il libro poggia su un sobrio basamento ed è situato fra due lastre che recano gli stemmi della Svizzera, terra natale di Hoepli, e del comune di Milano; sulle sue pagine aperte è possibile leggere due massime scritte in caratteri dorati: “La morte è la via della vita”, di Sant’Ambrogio, e “La vita bene spesa lunga è”, di Leonardo da Vinci.

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Fig. 2. Adolfo Wildt, Monumento Cesare Sarfatti, 1924, Milano, Cimitero Monumentale.

Nel settore ebraico, speculare a quello cattolico che ospita Hoepli e i suoi famigliari, è collocato il monumento funebre dedicato alla memoria di Cesare Sarfatti (Venezia, 1866 – Milano, 1924), celebre avvocato di origine ebraica e deciso seguace di Mussolini insieme alla moglie, la nota critica d’arte Margherita Sarfatti (Venezia, 1980 – Cavallasca, 1961). In questo caso, Wildt opta per una stele in marmo ornata da una menorah, il tradizionale candelabro ebraico, in bronzo; vale la pena di ricordare, a questo proposito, anche il ritratto postumo in marmo nel quale lo stesso scultore impresse, con una rara profondità psicologica, le sembianze di Sarfatti, nel 1927.

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Fig. 3. Adolfo Wildt, Edicola Chierichetti, 1921, Milano, Cimitero Monumentale.

Di grande interesse è anche l’Edicola Chierichetti, un grande monumento progettato dallo scultore a partire da 1921 e rimasto incompiuto a causa delle difficoltà finanziarie che obbligarono l’industriale Giuseppe Chierichetti, il facoltoso committente, ad interrompere i lavori di edificazione. L’opera è composta da un massiccio basamento sopra il quale si stagliano sedici croci in marmo di Carrara, corrispondenti ad altrettante salme tumulate nella cripta, ed avrebbe dovuto essere completata da un gruppo di circa venti figure umane in marmo sostenute da esili pilastri. Il risultato finale, molto più geometrico ed astratto di quanto previsto dal progetto originale, affascina per gli involontari e precoci rimandi al razionalismo.

Un saggio del particolarissimo trattamento che Wildt era solito riservare alle figure umane si può tuttavia avere osservando il monumento che si erge proprio alle spalle dell’edicola Chierichetti, intitolato alla famiglia Korner. Un grande gruppo scultoreo, dal titolo Affetto nel dolore, ritrae un uomo e una donna, innestati sul portale di ingresso della struttura, progettata dall’eclettico architetto Giulio Ulisse Arata (Piacenza, 1881 – 1962). L’opera, firmata e datata 1929, è stato l’ultimo monumento funebre di Wildt ad essere collocato nel Cimitero e costituisce un chiaro esempio dell’orientamento assunto dall’artista a partire dagli anni Venti, sempre più tendente all’essenzialità delle scarne figure, a discapito del naturalismo.

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Fig. 4. Adolfo Wildt, Monumento Bistoletti, 1927, Milano, Cimitero Monumentale.

Le stesse caratteristiche vengono riproposte “nell’inquietante” monumento Bistoletti, intitolato La casa del sonno e datato 1927: due fratelli, dalle membra scheletriche, con i capi reclinati su un basamento e velati da una fascia, vengono improvvisamente sorpresi da un sonno mortale; la tragicità della scena è messa in risalto dalla quinta retrostante, in granitello di Boden.

Al 1929 appartiene anche il delicato monumento in bronzo realizzato in memoria di Benvenuta Monti Ravera, deceduta nel 1928 insieme ai due figli e al nipote, oltre che a una ventina di altri civili, a causa di un attentato terroristico volto a colpire il re Vittorio Emanuele III, rimasto tuttavia illeso. La donna diviene qui una sorta di Madonna dal capo velato e dal “volto-maschera” caratteristico della produzione matura di Wildt; nel suo grembo e a destra della figura, l’artista ritrae le altre tre piccole vittime del tragico episodio.

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Fig. 5. Adolfo Wildt, Giovanni Muzio, Monumento Wildt, 1909 – 1931.

Maschera del dolore (autoritratto) fu, fra le opere di Wildt situate all’interno del Cimitero, la prima in ordine cronologico ad essere realizzata e, quasi paradossalmente, fu anche il “segno” scelto dall’artista per ornare il proprio monumento funebre, più di vent’anni dopo la sua iniziale realizzazione. La versione originale, in marmo, vide la luce al termine di un periodo particolarmente angoscioso per l’artista, durato dal 1905 al 1908 e caratterizzato dall’inaridirsi della propria vena creativa; tale sentimento di angoscia viene impresso in modo magistrale nell’inquietante maschera di bronzo, innestata su una sobria stele in granito disegnata dall’architetto novecentista Giovanni Muzio (Milano, 1893-1982). Accanto a tale manufatto, una stele “gemella” reca il ritratto bronzeo di Dina Borghi Wildt, moglie dell’artista, iscritto in un tondo e caratterizzato da una maggiore compostezza e sobrietà. Segnaliamo che nella medesima sepoltura, insieme al resto della famiglia, giace anche l’editore d’arte Giovanni Scheiwiller (Milano, 1899 – 1965), genero dell’artista.

Numerose sono le opere pubbliche di Wildt dislocate per la città di Milano, come la monumentale statua di Sant’Ambrogio che, nella versione in bronzo, dal 1928 “sorveglia” l’ingresso del Tempio della Vittoria, di fronte alla sede dell’Università cattolica del Sacro Cuore, o il grande e surreale orecchio del 1931 che, fungendo da citofono, orna la cosiddetta “Ca’ dell’Oreggia”, in via Serbelloni. Le opere qui esposte illustrano in modo piuttosto esauriente la parabola di Adolfo Wildt, scultore capace di coniugare monumentalità ed introspezione psicologica, nonché geniale nel conferire alle proprie “maschere” un’aurea di classicità eterna, unita alla dimensione, più prettamente umana, della crisi esistenziale dell’uomo contemporaneo. Non è forse un caso se, dalla sua Scuola del Marmo, fondata nel 1923, presero le mosse due dei più grandi artisti dell’epoca contemporanea: Lucio Fontana e Fausto Melotti.

Chiara Franchi

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