L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito

L’acqua del lago non è mai dolce è l’ultimo romanzo scritto da Giulia Caminito che racconta la storia di Gaia, una bambina e poi ragazza che deve fare i conti con una difficile situazione economica a livello famigliare e con tutto ciò che questo comporta soprattutto in un periodo così delicato come l’adolescenza dove ci si sente spesso insicuri e i confronti con ciò che hanno gli altri sono all’ordine del giorno. Antonia è la madre di Gaia ed è una donna che si dà costantemente da fare per la famiglia, per dare il meglio ai suoi figli, che combatte contro il sistema della nostra società che spesso si pone come obbiettivo quello di aiutare chi ne ha bisogno ma che altrettanto spesso fallisce a causa delle infinite procedure burocratiche e a volte a causa dell’incompetenza e della svogliatezza di alcuni dipendenti pubblici. Il marito di Antonia in seguito ad un incidente sul lavoro è rimasto paralizzato dalla vita in giù e per questo è costretto a vivere su una sedia a rotelle, ciò ovviamente mette in difficoltà la famiglia di Gaia che può contare solo sul lavoro di Antonia che è a tutti gli effetti il pilastro della famiglia. Gaia ha anche tre fratelli: Mariano, il maggiore, nato da una relazione precedente, e due gemelli nati da poco.

Fig. 1 Copertina del romanzo di Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce.

Antonia deve quindi prendersi cura, quasi da sola, di cinque persone e quindi avverte il peso che tutto questo comporta: fa di tutto per garantire ai figli una vita normale, a partire da una casa sicura, pulita e confortevole, cosa che però risulta difficile in un primo momento. All’inizio infatti la voce narrante, che è quella di Gaia, ci dice che viveva in uno stanzino piccolo e squallido, quasi una cantina che Antonia con grande impegno aveva ripulito accuratamente così come aveva fatto con una piccola porzione di giardino per far sì che i suoi figli potessero giocare all’aria aperta. La situazione comunque è insostenibile e perciò Gaia racconta come la madre abbia combattuto con le istituzioni per far sì che le venisse assegnata una casa dal comune. La famiglia della nostra protagonista si sposta quindi in un nuovo appartamento, in un buon quartiere di Roma, in un condominio quasi signorile che non accoglie molto bene i nuovi arrivati. In seguito ancora la famiglia di Gaia si sposterà e questa volta lascerà Roma per Anguillara, un paese sulle sponde del lago di Bracciano.

L’autrice si concentra molto sul rapporto che intercorre tra Gaia e sua madre: la protagonista del romanzo si sente schiacciata dalla figura ingombrante della madre che dovendo occuparsi del sostentamento della famiglia si mostra spesso spigolosa perché non può permettersi un attimo di debolezza perché sa che ciò si rifletterebbe sul benessere dei suoi figli e sempre per questo vuole che i figli non commettano errori, che si dedichino agli studi con diligenza per aspirare ad un futuro migliore. Gaia non capisce la madre e sente anche la mancanza di quel lato affettivo di cui più avrebbe bisogno. La nostra protagonista inoltre non si sente all’altezza delle aspettative che Antonia nutre per lei e per questo vive come un peso anche l’impegno scolastico. Per una ragazza come Gaia è difficile non paragonare la propria situazione con quella dei suoi compagni di classe o con quella dei suoi amici: Gaia non ha una televisione per poter guardare i cartoni animati e le trasmissioni che più andavano di moda in quel periodo (ci troviamo negli anni 2000) e che tutti commentavano, non può possedere giochi o oggetti che invece sono così famigliari per i suoi compagni e non può vestirsi come più le piacerebbe o seguendo la moda sempre a causa della scarsezza di denaro. Gaia quindi si sente insicura, sente delle mancanze nella sua vita che la fanno soffrire e inoltre deve fare i conti con lo sguardo dei suoi coetanei che spesso è giudicante e che si trasforma anche in bullismo.

Fig. 2 Foto che ritrae il paese di Anguillara, lungo le sponde del lago di Bracciano, dove è ambientato parte del romanzo.

Il racconto di Giulia Caminito è un racconto duro e aspro che lascia poco spazio ai buoni sentimenti e alla spensieratezza, ma proprio per queste sue caratteristiche devo dire che non ho trovato questo romanzo particolarmente originale. Ancora una volta, come vi avevo già detto qua sul blog per quanto riguarda Borgo sud di Donatella Di Pietrantonio (Borgo sud di Donatella Di Pietrantonio, il ritorno dell’arminuta), ho notato una forte assonanza con una delle saghe più conosciute in Italia ma anche all’estero, ovvero quella de L’amica geniale di Elena Ferrante.
In questa voce narrante femminile, che parla in prima persona cogliendo molto spesso solo quanto di negativo la circonda e che assume quasi un tono nichilista, io ci ho rivisto la voce narrante de L’amica geniale, senza però trovare lo stesso spessore che contraddistingue la scrittura della Ferrante.

Oltre a questa mancanza di originalità che ho riscontrato a livello della voce narrante, ma che è possibile individuare anche proprio nella trama e in quelle che sono le condizioni di vita della protagonista del libro, devo dire che la scrittura della Caminito, a mio parere, non riesce a costruire dei personaggi solidi e a tutto tondo. La figura del padre di Gaia, per esempio, rimane sullo sfondo e non sappiamo molto altro di lui, se non che sia su una sedia a rotelle; la stessa indeterminatezza l’ho trovata nella descrizione di altri personaggi, come il fratello di Gaia, Mariano, del quale si sa davvero poco, a parte che è un fratello protettivo, che ha simpatie per il fronte anarchico italiano e che il suo carattere lo porta allo scontro con la madre. Ma ancora i personaggi che rimangono piatti sono molti: le amiche di Gaia, che sono quasi intercambiabili talmente poco sono caratterizzate; i ragazzi di cui la protagonista si invaghisce, che ancora una volta sembrano solo accessori; per non parlare degli altri due fratelli di Gaia, che si sa che esistono, ma che sono delle comparse.

Fig. 3 Foto che ritrae l’autrice del romanzo L’acqua del lago non è mai dolce.

Inoltre ho trovato davvero strano che in un libro in cui tanto spazio viene dato ai sentimenti e ai pensieri della voce narrante sfuggano proprio quei sentimenti che più invece avrebbero fatto la differenza. Non si riesce a capire il legame tra Gaia e la sua amica Carlotta e nemmeno con l’altra sua amica Iris che invece per come agisce la nostra protagonista sembrano essere dei legami importanti. Lo stesso discorso vale per il rapporto tra Gaia e il suo fidanzato: la ragazza si descrive sempre con questo tono apatico e sembra davvero che non gliene freghi nulla del ragazzo con cui condivide la sua intimità, ma improvvisamente i suoi comportamenti diventano inspiegabili quando perde questa persona.
Mi è mancata insomma un po’ di profondità: tutto mi è sembrato rimanere piatto, senza particolari picchi. 

Un’ultima riflessione: L’amica geniale è una saga che è diventata un modello, questo ormai mi sembra evidente, e che ha ottenuto un meritato successo di pubblico, ma che ha anche incontrato l’apprezzamento della critica perché è un’opera anche di un certo spessore dal punto di vista letterario. Mi piacerebbe però trovare un po’ di originalità nella letteratura italiana dei nostri giorni e non solo delle fotocopie di questo modello.

Alessandro Audisio

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