È molto probabile che al solo sentir nominare Wes Anderson vi si materializzino subito in mente inquadrature perfettamente simmetriche e fondali di vivaci tonalità pastello. Dovrebbe però risuonare nelle vostre orecchie anche una caustica e imperturbabile voce narrante fuoricampo, a cui l’attenzione di qualsiasi spettatore difficilmente si sottrae. Come è possibile che il nostro interesse venga catturato istantaneamente dalla pellicola che inizia di fronte a noi e, soprattutto, è una caratteristica propria del regista o, come ogni artista, ha subito l’influenza di qualche altro ingegno creativo?
Per quanto riguarda il come non ci sono dubbi: l’ironia che strizza l’occhio al pubblico, mostrandogli i personaggi anche nei loro aspetti più umani comuni a tutti, non smentisce mai il suo essere un’efficace carta vincente. Il tentativo di rintracciare un modello che sia stato fonte di ispirazione per il regista porta invece inevitabilmente ad aprire un discorso più ampio; discorso che, nel tardo pomeriggio del 29 marzo scorso, ci ha tenuto non poco impegnati alla Biblioteca Civica Carlo Negroni di Novara.
All’interno del ciclo Books in the USA, dedicato, come si può intuire dal titolo, alla letteratura americana, l’attenzione è caduta sulla saga familiare dei Glass, il lavoro meno noto e più eterogeneo dello scrittore del cult letterario The catcher in the Rye (Il giovane Holden), J.D. Salinger. È proprio l’insieme di romanzi e racconti che racchiudono le vicende dei sette fratelli newyorkesi a fare una grande presa sul regista americano e, andando più nello specifico, non possono sfuggire i parallelismi fra il suo The Royal Tenenbaums (2001) e Franny and Zooey (1961), dedicato ai due Glass più giovani.
Il tratto comune forse più evidente è il fatto che, in entrambi i lavori, i protagonisti, seguiti nelle loro vicende fin dalla tenera età, siano tutti dotati di un’intelligenza fuori dal comune. Chas Tenenbaum, infatti, ha spiccato fiuto per gli affari fin dall’età di sette anni, sua sorella Margot è una giovanissima commediografa e Richie Tenenbaum partecipa a sua volta ai mondiali di tennis pur non essendo ancora nemmeno adolescente. Tuttavia i Glass non sono da meno. Come infatti ci tiene a specificare Salinger in una nota a piè di pagina, tutti i fratelli creati dalla sua penna hanno partecipato, chi prima, chi dopo alla trasmissione radiofonica «Ecco un Bambino Eccezionale»:
La differenza d’età di quasi diciott’anni tra Seymour, il maggiore dei Glass, e Franny, la più piccola, aveva aiutato notevolmente la famiglia a riservarsi una specie di diritto dinastico ai microfoni del «Bambino Eccezionale», una trasmissione che durò poco più di sedici anni, dal 1927 al 1943 […]. Tra un apogeo radiofonico e l’altro passava magari qualche anno, ma si può dire che sempre tutti e sette i ragazzi erano riusciti a rispondere a un numero incredibile di domande poste dagli ascoltatori con una freschezza e un aplomb ritenute uniche nei programmi commerciali […]. Gli ascoltatori di solito erano divisi in due gruppi curiosamente ostinati: quelli per i quali i Glass erano un branco di piccoli bastardi insopportabilmente superiori […] e quelli per i quali essi erano dei piccoli genî sapienti di una specie rara anche se non invidiabile.

Non è però solamente per la genialità congenita in entrambe le famiglie che i Tenenbaums possono dirsi ricalcati, in parte, sui Glass. C’è infatti una sottile trama di rimandi, alcuni dei quali così lievi da essere etichettati come casualità, che lega fra loro il prodotto cinematografico e quello letterario. Dal cognome «Tannenbaum» che, una volta sposata, Boo Boo Glass aggiunge al suo nome da nubile si passa, grazie a un esame più attento, alla più marcata complementarietà fra, rispettivamente, il prologo della pellicola e la premessa dell’autore del romanzo. Se infatti nel primo la storia che prende vita nel film appare in realtà essere nient’altro che il contenuto di un libro, nel secondo Salinger si riferisce al proprio lavoro come a una «pellicola» che ha «girato». Coerentemente con il fotogramma iniziale, poi, per tutta la sua durata, The Royal Tenebaums appare suddiviso in capitoli, mostrando quindi di mischiare il linguaggio filmico e quello editoriale.


Soffermandosi invece sui personaggi, tralasciando la differenza numerica fra i fratelli Tenenbaums, tre, e i Glass, sette, possiamo inoltre notare come molti dei gesti che compie Margot rievochino azioni non solo di Franny, ma anche di Muriel, moglie di Seymour.
Franny fu tra le prime a scendere dal treno […]. Portava una pelliccia di orsetto rasato.
–Lane! –Franny lo salutòcontenta […]. Gli buttòle braccia al collo».
Non cambiòespressione […].
Mentre gli squilli continuavano, passòil pennellino sull’unghia del mignolo, accentuando la curva della lunetta. Poi rimise il tappo al flacone di lacca e, alzandosi, agitòavanti e indietro la mano bagnata, la sinistra. Con quella asciutta raccolse dal sedile del vano della finestra un portacenere congestionato e se lo portòfino al tavolino da notte, su cui era posato l’apparecchio. […] Andòa prendere le sigarette, ne accese una».
Ultimo ma non per importanza, Zooey, con il suo primato di bambino della cucciolata Glass più esaminato da neuropsichiatri infantili, sembra aver ispirato, molto alla lontana, la dinamica che si instaura fra Raleigh St. Clair, marito di Margot, e Dudley, suo paziente.

Come si può quindi notare i parallelismi non mancano e, anche se le due trame si diversificano fortemente nel loro svolgimento, emerge una spiccata somiglianza fra le due, quantomeno per le vicende concernenti il periodo dell’infanzia sia dei bambini prodigio di Wes Anderson sia di quelli di Salinger.
Certo, non aspettatevi, leggendo uno qualsiasi dei romanzi e dei racconti sulla saga dei Glass, di ritrovare un padre così fuori dagli schemi come Royal, o una storia d’amore tenera e profonda come quella fra Richie e Margot. Ma allo steso modo, del resto, non troverete il magnetismo e la complessità di personaggi come Seymour Glass nella pellicola del 2001. Si tratta insomma di prodotti diversi, estremamente validi separati, che, però, se collegati, accendono in spettatori e lettori la stessa curiosità che ci invade quando, davanti a un puzzle vivacemente colorato, ci troviamo a doverne mettere insieme i tasselli.
Federica Rossi
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