DOSSIER 2. Una Sacra Famiglia di Maso da San Friano?

Avvertenza al lettore: questo Dossier nasce dal lavoro di schedatura fatto dagli studenti della Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nell’ambito del laboratorio di riconoscimento dipinti sul Fondo Marcenaro del Museo Diocesano di Milano. Dunque ciò che segue non è un Dossier sotto forma di saggio ma è la scheda fatta dall’autore sulla Sacra Famiglia appartenuta a Caterina Marcenaro e oggi conservata presso l’istituzione milanese. Il lavoro non ha alcuna pretesa di universalità ne tanto meno ha l’audacia di risolvere tutte le questioni, liquidare tutti gli interrogativi attributivi sul dipinto, ma solo quello di mostrare il risultato di un lavoro scientifico e di ricerca, in cui è stata messa competenza, disciplina e passione, null’altro.

MA.

Foto 01-06-18, 11 39 35.jpg

Pittore di ambito fiorentino (Maso da San Friano?)

Sacra Famiglia
1565 circa

Olio su tavola
cm 124×104
Milano, Museo Diocesano
(N. Inv. MD 2004.117.059)

Provenienza: Collezione Marcenaro (almeno dal 1955 e fino al 1976); Milano Fondazione Cariplo, legato Caterina Marcenaro (dal 7 luglio 1976); in deposito al Museo Diocesano di Milano, Collezione Marcenaro (almeno dal 2001).

Non si conoscono le vicende collezionistiche della tavola prima del suo approdo alla Fondazione Cariplo in seguito al legato di Caterina Marcenaro (1906 – 1976) avvenuto il 7 luglio 1976 e segnalato da Marco ROSSI (2011, p. 28). L’opera portava un’iniziale attribuzione a Jacopo Pontormo fatta dalla stessa Marcenaro, ben presto abbandonata per ragioni stilistiche e cronologiche, a favore di una generica assegnazione ad ambito fiorentino. Una perizia eseguita il 9 agosto 1976 da Federico Zeri (documentata da S. BRUZZESE, in Museo Diocesano 2011, pp. 89-90, n. 77 e da ROSSI 2011, p. 35), indica l’opera come copia antica da Pontormo, attribuzione a cui in seguito si accodano anche Enzo Carli e Gian Alberto dell’Acqua in una relazione del 25 settembre 1976. Zeri identifica l’opera del legato Marcenaro con un dipinto proveniente dalla Collezione Vernon Watney a Oxford segnalato da FORSTER (1966, p. 153) e in seguito battuto all’asta da Christie’s (23 giugno 1967, n. 20). Alessandro ROVETTA (in Le collezioni 1998, pp. 164-166, n. 67) mette in dubbio l’identificazione della tavola con quella della collezione Watney, in quanto le misure della versione inglese (119,4 x 100,3 cm) risultano diverse rispetto alla versione Marcenaro. Lo stesso Rovetta avvicina la Sacra Famiglia in esame con l’esemplare di medesimo soggetto già in una collezione privata berlinese con le stesse misure, datata 1571 e attribuita a Girolamo Macchietti (PITTALUGA 1933, pp. 354-366). Sempre Rovetta segnala che la Sacra Famiglia Marcenaro e quella già in collezione berlinese, sarebbero avvicinabili anche a un’altra replica conservata a Monaco di Baviera presso l’Alte Pinakothek, (inv. n. W.A.F. 776) e anch’essa attribuita al Macchietti, artista attivo, assieme a molti altri, nello studiolo di Francesco I de Medici (BALDINI 1966, pp. CLXX – CLXXI). Inoltre per lo studioso, molto simile alla versione milanese, sarebbe anche l’esemplare conservato a Londra presso Hampton Court (collezioni reali inglesi, inv. n. 77; per la storia collezionistica di questo dipinto in particolare: CLAPP 1916, p. 211, ma anche SHEARMAN 1983, pp. 201-204).
L’opera raffigura in primo piano la Madonna, che seduta e con le gambe incrociate, sostiene con il braccio destro il Bambino completamente nudo, a sua volta inginocchiato e disteso sulle gambe della madre, mentre con il braccio sinistro regge un libro poggiato a terra. La Vergine indossa un abito rosso vermiglio dalle maniche verdi e ha capo velato. A destra del dipinto, in secondo piano, si vede un paesaggio roccioso nel quale compare San Giuseppe impegnato a lavorare con gli attrezzi da falegname. Davanti a lui si trova un giovane seminudo (forse San Giovannino), coperto solo da una tunica che, scendendo dalla spalla destra, gli cinge la vita comprendo le nudità, che porge a San Giuseppe un canestro d’uva allusivo della Passione di Cristo. Appena dietro questa scena, entro una porta arcuata, compare una donna anziana già identificata con Sant’Anna (BERTI 1973, p. 109), ma più probabilmente da identificare con Santa Elisabetta intenta a leggere un libro, ma che contemporaneamente presta attenzione alla scena davanti a lei. Subito dietro la Santa si nota un’ulteriore figura femminile che sembra salire le scale di un ipotetico edificio non completamente visibile per via del taglio della composizione. Alla sinistra del dipinto si vede invece un paesaggio roccioso in fondo al quale compaiono una serie di abitazioni rese con accentuati scorci prospettici.
La tavola si trova in discreto stato di conservazione: la superficie presenta, in alcuni punti, piccoli sollevamenti della pellicola pittorica soprattutto in alto a sinistra e lungo il bordo destro del dipinto, nonché un generale incupimento dei colori dovuto alla stesura di vernici precedenti; stesure di vernici più recenti rendono l’intera superficie del dipinto molto lucida. Sul retro, la tavola è supportata da due traverse orizzontali.
Il dipinto in esame, come si è visto, è tratto dall’opera di Pontormo che vanta il maggior numero di repliche in assoluto; Luciano Berti nel 1956 arriva a identificarne dodici (BERTI 1956, pp.41-43), mentre nel 1994 Philippe Costamagna ne identifica ben venticinque (COSTAMAGNA 1994, pp. 226-229). Si può avere un’idea delle numerose versioni dell’opera, alcune delle quali con variazioni dello sfondo paesaggistico e architettonico nonché dei personaggi alla destra del dipinto, anche consultando la fototeca Zeri. Si è a lungo tentato di rintracciare la versione originale della Sacra Famiglia, ma fino ad ora non sono emersi risultati convincenti. E’ stato Luciano BERTI (1956, pp. 41-43; ma anche BERTI 1993, p. 269), il primo ad aver tentato di identificare la presunta versione originale nel dipinto conservato in una collezione privata fiorentina ma, secondo lo studioso, proveniente da Casa Salviati a Firenze (attribuita invece da PITTALUGA 1933, p. 362 a Battista Naldini). Berti associa inoltre l’opera con la descrizione che Giorgio Vasari fa del dipinto nelle Vite (ed. 1984, p. 333) citandolo come «il quadro di Nostra Donna» realizzato da Pontormo «con bella maniera, molti anni innanzi; il quale fu venduto poi dagli eredi suoi a Piero Salviati». Philippe COSTAMAGNA (1994, pp. 225-226) continua invece a ritenere l’originale perduto, proponendo di identificarlo nella Madonna che Pontormo, sempre secondo VASARI (Le Vite…, ed. 1984, p. 328), avrebbe realizzato per il muratore Rossino tra il 1534 e il 1536, quando quest’ultimo aveva eseguito dei lavori presso la casa fiorentina di via Laura di proprietà del pittore. Il dipinto sarebbe poi finito nella collezione di Ottaviano de Medici e in seguito in quella di suo figlio Alessandro. Seguendo questa ipotesi, il presunto originale perduto sarebbe inoltre databile tra il 1534 e il 1546, anno della morte di Ottaviano de Medici. Sia Rovetta che Stefano Bruzzese propendono per quest’ultima ipotesi, giustificata anche dalla presenza sullo sfondo di «architetture dal sapore metafisico in cui sono stati riconosciuti il campanile della badia fiorentina, la torre di Arnolfo al suo culmine e la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore» oltre che dalla «figura giovanile di San Giuseppe intento nel lavoro da carpentiere» che confermerebbero quanto descritto da Vasari e che secondo Antonio NATALI (2006, pp. 37-41) sarebbe «una ripresa da un canale visivo assai stretto, entro cui viene giusto a trovarsi quel tratto di via della Colonna dov’era la dimora del Pontormo a Firenze.»
Da un punto di vista stilistico, per ciò che concerne la versione in esame, sia Rovetta che Bruzzese ritengono l’esemplare di buona fattura e collocabile nell’ambito della pittura fiorentina della seconda metà del Cinquecento. Rovetta pone l’accento sui riscontri michelangioleschi delle figure tratte dal Tondo Doni e dalle figure della volta della cappella Sistina; in particolare evidenza similitudini tra le opere appena citate e il braccio destro della Vergine o il suo modo assai scorciato di piegare le gambe o ancora la torsione del Bambino lungo il corpo della madre. Inoltre sottolinea come il corpo del ragazzo seminudo che porge la canestra di frutta a San Giuseppe, che lo studioso identifica come San Giovannino, riprenda le fattezze degli ignudi della Sistina nonché, in aggiunta, di quelli del Tondo Doni.
Volendo provare a fare qualche piccolo passo avanti in senso attributivo, ritengo utile considerare alcuni pittori che hanno gravitato intorno allo studiolo di Francesco I; (sullo studiolo BERTI 2002; FEINDBERG 2002, pp. 57, 75; ROSSI 2017, pp. 189-199), che, come nel dipinto in esame, propongono un linguaggio figurativo che discende dai grandi pittori fiorentini del primo Cinquecento come Andrea del Sarto, Pontormo e Bronzino arrivando poi fino a Vasari stesso. Tutti questi riferimenti stilistici si possono cogliere in maniera lampante anche nel dipinto della collezione Marcenaro. Tra questi artisti ritengo però di dover scartare Battista Naldini, Girolamo Macchietti (seppur gli siano state attribuite ben due versioni del medesimo soggetto qui analizzato) e Mirabello Cavalori per l’incompatibilità stilistica delle loro opere con il dipinto in esame, data dal loro diverso modo di concepire le fisionomie dei volti dei personaggi, dalla diversa resa del chiaroscuro nei panneggi, nonché per l’uso di una tavolozza decisamente troppo brillante e allo stesso tempo algida. Alcuni interrogativi rimangono invece su Domenico Buti (FANTOZZI 1850, p. 524; COLNAGHI 1928, p. 60; VENTURI 1933, pp. 438-440), infatti tra l’Apollo e Chirone (1570-1573 circa), realizzato da Buti per lo studiolo (FEINBERG 2002, p. 71), e l’opera in esame, non è da escludere un’analogia evidente nella figura del Bambino della Sacra Famiglia Marcenaro e la figura di Esculapio ai piedi di Chirone. Tra tutti i pittori presi in considerazione, quello che ritengo abbia, allo stato attuale delle nostre conoscenze, più elementi in comune con la nostra opera, è Maso da San Friano (Firenze 1531-1571; sul pittore: BERTI 1963, pp. 77-88; PACE 1976, pp. 74-99; VOSS 2007, pp. 135-136, 219-239; DE LUCA, RESTAINO 2007, p. 391). Stilisticamente infatti, i riferimenti ravvisati da Rovetta nel dipinto della collezione Marcenaro, ben si adattano agli esiti pittorici di Maso da San Friano. Se si confronta il dipinto in analisi con quello dell’Ashmolean Museum di Oxford (inv. n. 391, 102 x 84 cm; FREEDBERG 1988, p. 321, fig. 199; Pace 1976, pp. 77, 84), e di cui esiste un’altra versione conservata all’Ermitage di San Pietroburgo (inv. n. 9868, 115 x 96 cm; PACE 1976, pp. 78, 84), si nota come la costruzione fisionomica dei volti del Bambino e della Vergine, nonché delle corporature dei due personaggi, trovano dei riscontri anche nella tavola in esame. Un’altra opera a cui si può far riferimento è la Sacra Famiglia con San Giovannino (78 x 76 cm; PACE 1976, p. 84), segnalata da Giuliano Briganti e attribuita da SHEARMAN (1965, p. 56) a Maso da San Friano, che si conserva a New York in collezione privata; anche in questo caso si sottolinea come il profilo allungato del volto della Vergine sia molto vicino a quello dell’opera milanese. Anche la figura di San Giuseppe del dipinto di New York arriva fin quasi a coincidere con quella della Sacra Famiglia Marcenaro. Per chiudere questa carrellata di confronti c’è ancora da citare la Madonna col Bambino, San Giovannino e due angeli (77 x 61 cm; PACE 1976, pp. 77, 82) che si conserva al City Museum and Art Gallery di Birmingham (e di cui esiste una versione molto simile presso il Museo Diocesano di Prato, 87 x 67 cm). La tavola ha in comune con la nostra la concezione plastica del corpo del Bambino, reso attraverso una massiccia e a volte impacciata muscolatura di ascendenza michelangiolesca, nonché i tratti fisionomici dei volti dei vari personaggi che ben si allineano a quelli della Sacra Famiglia Marcenaro. La maniera in cui il pittore concepisce i volti, ma soprattutto i corpi dei personaggi sembrano inoltre derivare dagli esiti più alti della pittura di Rosso Fiorentino come il Cristo sorretto dagli angeli di Boston. Tuttavia un’altra caratteristica in comune, tra il dipinto in analisi e le opere confrontate, è anche un’incertezza stilistico-compositiva nei tratti fisionomici dei volti dei Bambini. Cronologicamente l’opera non dovrebbe distare molto dalla metà del settimo decennio del Cinquecento; a questa altezza cronologica infatti dovrebbero stare anche le opere appena analizzate (PACE 1976, pp. 77-78). Tra le diverse perplessità che lasciano aperta la questione, una è sicuramente dovuta alla tavolozza di colori usata, diversa tra i dipinti appena citati e quello Marcenaro. Se infatti, la maggior parte delle opere attribuite a Maso da San Friano hanno una gamma cromatica dai toni vivaci e brillanti spesso pastellati e freddi (memori della lezione di Pontormo e Bronzino), la nostra Sacra Famiglia risulta decisamente più cupa e spenta. Le vernici che si sono sovrapposte nel tempo non ne permettono tuttavia una chiara lettura. Un restauro potrebbe dunque redimere la questione e far aprire nuove ipotesi di ricerca.

Marco Audisio

Bibliografia: A. ROVETTA, in Le collezioni 1998, pp. 164-166, n. 67; S. BRUZZESE, in Museo Diocesano 2011, pp. 89-90, n. 77.

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Maso da San Friano, Sacra Famiglia, Oxford, Ashmolean Museum.

Bibliografia estesa:

ROVETTA, in Le collezioni 1998
A. Rovetta, in Le collezioni d’Arte. Dal Classico al Neoclassico, a cura di M. L. Gatti Perer, Milano 1998, pp. 164-166, n. 67.

BRUZZESE, in Museo Diocesano 2011
S. Bruzzese, in Museo Diocesano, a cura di P. Biscottini, Milano 2011, pp. 89-90, n. 77.

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Maso da San Friano, Sacra Famiglia con San Giovannino, New York, Collezione privata.

Altra Bibliografia citata nella scheda:

FANTOZZI 1850
F. Fantozzi, Nuova guida ovvero descrizione storico-artisticocritica della città e contorni di Firenze, Firenze 1850.

CLAPP 1916
F. M. Clapp, Jacopo Carucci da Pontormo, his Life and Work, New Haven 1916.

COLNAGHI 1928
D. E. Colnaghi, A Dictionary of Florentine painters, Londra 1928.

PITTALUGA 1933
M. Pittaluga, Per un quadro smarrito del Pontormo, in «L’Arte», XXXVI, 1933, pp. 354-366.

VENTURI 1933
A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, 6, Milano 1933, pp. 438-440.

BERTI 1956
L. Berti, Mostra del Pontormo e del manierismo fiorentino, catalogo della mostra, Firenze 1956.

BERTI 1963
L. Berti, Nota a Maso da S. Friano, in Scritti di storia dell’arte in onore di Mario Salmi, III, a cura di F. M. Aliberti, Roma 1963, pp. 77-88.

SHEARMAN 1965
J. Shearman, Andrea del Sarto, Oxford 1965.

BALDINI 1966
U. Baldini, Umanesimo e Rinascimento, Firenze 1966.

FORSTER 1966
K. W. Forster, Pontormo: Monographie mit kritischen Katalog, Munchen 1966.

BERTI 1973
L. Berti, L’opera completa del Pontormo, Milano 1973.

PACE 1976
V. Pace, Maso da San Friano, in «Bollettino d’Arte», LXI (1976), I-II, pp. 74-99.

SHEARMAN 1983
J. Shearman, The Early Italian Pictures in the Collection of Her Majesty the Queen, Cambridge 1983.

VASARI, Le Vite… 1984
G. Vasari, Le Vite… ed. a cura di R. Bettarini, P. Barocchi, Firenze-Verona 1984.

FREEDBERG 1988
S. J. Freedberg, La pittura in Italia dal 1500 al 1600, Bologna 1988.

BERTI 1993
L. Berti, Pontormo e il suo tempo, Firenze 1993.

COSTAMAGNA 1994
P. Costamagna, Pontormo, Milano 1994.

BERTI [1967] 2002
L. Berti, Il principe dello studiolo. Francesco I dei Medici e la fine del Rinascimento fiorentino, [1967] Pistoia 2002.

FEINBERG 2002
L. J. Feinberg, Nuove riflessioni sullo studiolo di Francesco I, in L’ombra del genio. Michelangelo e l’arte a Firenze, 1537-1631, catalogo della mostra, a cura di M. Chiarini, Milano 2002, pp. 57-75.

NATALI 2006
A. Natali, La casa del Pontormo. Primo viatico, Firenze 2006.

DE LUCA, RESTAINO 2007
F. De Luca, C. Restaino, Note filologiche, in La pittura del tardo Rinascimento a Roma e a Firenze, a cura di H. Voss, Firenze 2007, pp. 377-425.

VOSS 2007
H. Voss, La pittura del tardo Rinascimento a Roma e a Firenze, Firenze 2007.

ROSSI 2011
M. Rossi, Il lascito di Caterina Marcenaro alla Cariplo, in Le collezioni d’Arte. Dal Classico al Neoclassico, a cura di M. L. Gatti Perer, Milano 1998, pp. 28-41.

ROSSI 2017
M. Rossi, Arte mentale: Vasari, Borghini e il Principe, in Il Cinquecento a Firenze. Maniera moderna e controriforma, catalogo della mostra, a cura di C. Falciani, A. Natali, Firenze 2017, pp. 189-199.

Maso
Maso da San Friano, Madonna con il Bambino, San Giovannino e due angeli, Birmingham, City Museum and Art Gallery.

2 risposte a "DOSSIER 2. Una Sacra Famiglia di Maso da San Friano?"

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  1. L’ultima immagine riportata nel saggio non è quella della Madonna di Birmingham, bensì quella del Museo dell’Opera del Duomo di Prato, che è probabilmente la prima versione del dipinto di Birmingham. Per correttezza, tralasciando il fatto che avreste dovuto richiedere l’autorizzazione per pubblicare un’immagine del Museo pratese, vi chiedo almeno di modificare la didascalia o sostituire la foto inserendo il dipinto di Birmingham, e di inviarci copia dell’articolo definitivo. Grazie. Claudio Cerretelli, direttore dei Musei Diocesani di Prato

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    1. Buongiorno, la ringraziamo della segnalazione, provvederemo a sostituire l’immagine e a mettere l’opera di Birmingham. L’immagine dell’opera di Prato è inserita su Wikipedia e quindi liberamente utilizzabile. L’articolo definitivo è quello che si trova sul sito in quanto non è stato pubblicato da nessun’altra parte. Buona giornata

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