“Una delle mie storie preferite racconta di una donna e suo marito, un uomo […] che la terrorizzava con un carattere violento e capricci volubili. Lei riusciva a placarlo solo con la cucina […]. Un giorno l’uomo aveva comprato un bel fegato grasso e lei l’aveva cotto con erbe e brodo. Ma il profumo di quella delizia l’aveva travolta, e un assaggio era diventato parecchi bocconi e ben presto il fegato era finito. La donna non aveva soldi ed era terrorizzata dalla reazione del marito quando si fosse accorto che la cena era sparita. Così era entrata di soppiatto nella chiesa accanto alla loro casa, dove era stata composta da poco la salma di una donna e [aveva] estratto il fegato dal cadavere. La sera il marito […] aveva dichiarato che quella era stata la cena migliore della sua vita. Quando erano andati a dormire, la donna aveva sentito […] un grido sottile diffondersi nelle stanze. Dov’è il mio fegato? Dov’è il mio fegatooooo?[…]
La porta si era spalancata con un fruscio. La morta aveva ripetuto la domanda.
A quel punto la donna aveva strappato la coperta al marito.
«Ce l’ha lui!» aveva dichiarato con aria trionfale.
Poi guardando bene il viso della morta, aveva riconosciuto i propri occhi e la propria bocca. Si era guardata la pancia, e le era venuto in mente come aveva inciso l’addome della salma. Aveva cominciato a sanguinare copiosamente sul letto, e mentre moriva aveva bisbigliato qualcosa, cosa non lo sapremo mai. Vicino a lei, man mano che il sangue impregnava il centro del materasso, suo marito dormiva della grossa.
Forse non è la versione della storia con cui avete più familiarità. Ma datemi retta, è l’unica che dovete sapere”.
Perché? Perché questa vicenda è così importante?
Siamo sicuri che non sia altro che una storiella a tratti un po’ macabra?
Fra queste righe si cela qualche metafora? E se sì, quale; forse, addirittura, più di una? Ecco, cari lettori, memorizzate attentamente questo elenco di domande perché, una volta che vi sarete avviati alla scoperta de Il suo corpo e altre feste, sarete spesso e indubbiamente costretti a interrogarvi sul vero significato delle immagini e degli avvenimenti con cui l’autrice riempie la sua opera.

Di Carmen Maria Machado, fino a qualche anno fa, si conoscevano solo dei racconti e dei saggi pubblicati su grandi tesate internazionali come il «New York Times», ma, nel 2017, con Il suo corpo e altre festeci troviamo di fronte al suo esordio letterario. E che esordio! Numerose sono infatti le recensioni entusiaste e positive, come quella del «Guardian», che definisce l’autrice «una scrittrice di rara audacia». Il libro si classifica inoltre come finalista al National Book Awards e, prossimamente, ne verrà tratta una serie prodotta dall’emittente americana Fox eXtended. Nel frattempo, nel marzo 2019, questa raccolta di racconti arriva anche in Italia grazie a Codice Edizioni.
Le storie che si susseguono nelle poco più di duecento pagine sono in tutto otto e contengono forse un numero tale di temi da non poter rientrare in alcun conteggio. Per spiegare il motivo di tale incertezza dobbiamo tornare momentaneamente all’elenco di domande di cui sopra ho consigliato di munirvi e che, da solo, potrebbe essere lo strumento guida fra queste non sempre immediate righe. Gli sfondi e le ambientazioni in cui si muovono le protagoniste dei racconti sono infatti sì verosimili, ma hanno sempre al loro interno anche un qualche elemento sfuggente, che si lascia dietro, nella nostra mente, un alone di mistero.

In macchine, scuole, supermercati, motel, boschi, anonimi appartamenti, ospedali i personaggi conducono le loro esistenze di madri, mariti, commesse, compagni, modelle e via dicendo, ma, senza che apparentemente nulla e nessuno ne sia turbato, scopriamo che in mezzo a tutto ciò si muovono donne trasparenti come aliti di vento, epidemie avanzano, decimando la popolazione mondiale e nastri, semplicissimi nastri di seta si rivelano essere gli ultimi baluardi dell’individualità.
“Le prime notizie erano arrivate al culmine delle recessione. Le prime vittime, le prime donne, non si facevano vedere in pubblico da settimane […].
Qualche anno fa girava un video che era diventato virale: una ripresa amatoriale, un padrone di casa di Cincinnati che si era portato una videocamera per pararsi il culo mentre sfrattava una donna che era in ritardo con l’affitto […]. La videocamera aveva ruotato di scatto ed eccola, nell’angolo più assolato della stanza, nascosta dalla luce. Era nuda e cercava di coprirsi. Le vedevi i seni attraverso il braccio, il muro attraverso il torace. Stava piangendo.
Nessuno sa cosa lo provochi […]. Gli scienziati non sono mai riusciti a scoprirlo […], [il] fatto che le donne sbiadiscano”.

Possiamo parlare quindi a tutti gli effetti di realismo magico e, immersi in queste atmosfere rarefatte e sfumate, molto spesso non è facile trovare un senso a ciò che leggiamo. Ecco quindi da dove nasce una certa esigenza di scavare più a fondo, che si avverte ancora più prepotentemente quando, nel tempo e nello spazio lineari di una singola vicenda, vengono inserite storie differenti, che potrebbero o non potrebbero apportare nuove sfaccettature alla trama principale. La struttura a incastro di questa opera genera spesso interrogativi che non sembrano avere una soluzione univoca. La citazione stessa che costituisce l’incipit di questo articolo, ad esempio, altro non è che uno dei quattro racconti inseriti all’interno di un racconto, il primo della raccolta, Il nastro. La protagonista infatti si ritaglia spesso degli spazi in cui riporta quelle che, all’apparenza, sembrano pillole di saggezza popolare, impregnate anche di un certo misticismo. Noi lettori affrontiamo questo continuo cambio di prospettive chiedendoci quali e quante sfumature si debbano attribuire a queste brevi parentesi: la cornice in cui sono inserite deve per caso farci capire come in realtà si tratti di scenari in cui la narratrice stessa di identifica? Rivestono quindi una grande importanza all’interno del racconto principale? Slegate invece dal contesto, queste storielle assumono un significato universale? Nella vicenda del fegato si parla di una relazione violenta, sì, ma anche di sorellanza? C’è forse anche lo spunto per approfondire la psicologia delle vittime di abusi? Dove sono e quali sono le metafore che favoriscono queste interpretazioni? Quali elementi abbiamo?
Ci troviamo qui ovviamente su un livello di lettura molto più approfondito che esula dalla semplice lettura di piacere, eppure, spesso, nel corso di questo libro ho sentito l’insufficienza di una lettura svagata, magari superficiale. Ancora adesso, confesso, l’interpretazione di alcuni passaggi, sempre ammesso che ce ne debba essere una, mi risulta oscura.
Di minore problematicità è invece l’individuazione dei generi letterari che sfilano in questa raccolta: compaiono in sequenza l’horror, la commedia romantica, il racconto distopico e quello erotico, senza particolari legami fra l’uno e l’altro. Scorrevole e diretto è inoltre lo stile, che non costituisce perciò un ulteriore ostacolo alla comprensione dell’opera.

Tirando infine le somme, cari lettori, ci teniamo quindi a mettervi in guardia: Il suo corpo e altre festeha infatti all’apparenza le caratteristiche di una lettura immediata e neppure le prime pagine sono particolarmente d’aiuto nello sventare questo inganno. Si tratta tuttavia di una facciata, perché, come ogni libro stimolante e interessante, anche la raccolta di Carmen Maria Machado non può che essere complessa e richiedere perciò una certa dose di concentrazione per essere capita.
Se vi sentite pronti non vi resta perciò che armarvi di buone abilità di comprensione del testo e iniziare dal racconto che più preferite, cogliendo il maggior numero di spunti possibile e, se avete voglia, integrando le nostre prospettive con quelle che invece sapete di aver scorto voi.
Federica Rossi
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